La moglie dell'ucciso insieme agli assassini di Claudio Giacchino

La moglie dell'ucciso insieme agli assassini La moglie dell'ucciso insieme agli assassini Neri i capelli, lunghi e lisci; neri l'abito di taglio monacale, le calze, le scarpe. Innocenza Napoli è una macchia scura, immobile, in fondo all'aula, nel settóre riservato agli imputati a piede libero. Questa donna di 40 anni è finita nel maxiprocesso perché, stando alle carte istruttorie, nell'autunno 1979 si diede da fare per aiutare il marito Angelo Pavone ad evadere dal carcere. L'evasione riuscì. Nel modo più sanguinoso. Pavone fu liberato da killers del clan del catanesi mentre, su un taxi, veniva trasferito alla prigione di Bologna. Al casello autostradale di 8. Gregorio, alla periferia di Catania, i sicari tesero l'agguato al taxi: uccisero a raffiche di mitra i tre carabinieri della scorta, si portarono via l'amico illeso. Pavone visse ancora poche ore. Ore atroci. I suoi liberatori lo torturarono bestialmente, per punirlo di uno sgarro: aver fatto la cresta sul riscatto di un rapimento. Il giorno dopo il massacro sull'autostrada, 11 cadavere di Angelo Pavone fu fatto ritrovare, orrendamente sfigurato, in mezzo alla spazzatura. Cosi, se l'accusa si rivelerà vera, Innocenza Napoli, involontariamente ha fatto 11 gioco dei killers: credendo di aiutare il marito ad evadere, gli spianò la strada verso la morte. Adesso, la donna si ritrova imputata di favoreggiamento nello stesso processo in cui sono giudicati coloro che, secondo gli inquirenti, l'hanno resa vedova. Non degna d'un'occhiata l'infilata di sbarre dietro cui ci sono i presunti assassini, se ne sta sempre seduta, taciturna, lo sguardo fisso sul giudici togati e popolari, lontani quasi cento metri. Disinteresse anche da parte del 73 uomini rinchiusi nelle gabbie. Alcuni rispondono, agitando un braccio tra le sbarre, all'appello del presidente Elvio Fassone: i più urlano «presente» solo alla terza, quarta volta che il loro cognome viene diffuso dall'altoparlante: poi, scrollando le spalle, tornano a ciondolare su e giù nelle piccole celle. Sono pochi quelli che avvicinano la bocca al microfoni per dialogare con i giudici. Tra questi Lorenzo Catania, pentito in procinto di ritrattare. Urla: «Sono incompatìbile con i pentiti». Francesco Finocchiaro, accusato di numerosi omicidi, dalla gabbia accanto, lo schernisce: 'Perché dici questo? Non ti hanno pagato abbastanza per confessare invenzioni?». Catania gli risponde: «Ho fatto l'esame di coscienza e ho deciso di raccontare la verità. Prima ho detto solo fantasie». Un anno fa, la mafia ha «punito» Catania ammazzandogli un fratello. Una richiesta singolare viene da Lorenzo Spampinato: •Signor presidente, non volevo comparire, mi hanno portato a forza. Il processo non m'interessa, voglio tornare al carcere di provenienza. Ha capito? Mi rimandi alla casa-madre». Claudio Giacchino

Persone citate: Angelo Pavone, Elvio Fassone, Francesco Finocchiaro, Lorenzo Catania, Lorenzo Spampinato

Luoghi citati: Bologna, Catania, Napoli, Pavone