Di letteratura si può campare? di Valeria Sacchi

Di letteratura si può campare Di letteratura si può campare uttolibri Settimanale di attualità culturale letteratura scienza arte spettacolo di lire ogni centomila copie. Prendendo come base approssimativa questo calcolo, e andando a vedere le tirature, si capisce quali, tra gli scrittori, possono mantenersi solo con 1 libri. Non sono certo molti e ancor più esiguo risulta 11 drappello se si guarda ai romanzieri. Elsa Morante riuscì faticosamente a vivere di diritti solo negli ultimi anni, e dovette poi ricorrere ad altri quando si ammalò. L'aspirazione massima di Calvino, prima di morire, era di poter soltanto scrìvere libri. Sciascia certamente potrebbe vivere del lavoro di romanziere, anche perché tutti 1 suol titoli continuano a vendere con regolarità (l'ultimo, pubblicato da Adelphl, ha raggiunto le 60 mila copie in cinque mesi). Ma certamente non possono scialare scrittori di prima qualità come Michele Prisco, la cui tiratura è intorno alle 50 mila copie, o Vincenzo Consolo che, dal 1963, ha pubblicato appena tre romanzi. Ammette Consolo: .Sono pochissimi quelli che riescono a vivere di letteratura, vera, ma è 'sempre stato cosi. Oggi poi siamo assediati da troppe altre lingue: E dlfattl Consolo Ìntegra con le collaborazioni Anche Gina Lagorio è categorica: «17 {fòro, quello che io intendo, nasce da una necessita, non può essere prodotto a comando. Richiede tempo*. Di parere differente è Mario Andreose, direttore editoriale del gruppo Fabbri-Bompiani: -Oggi il fenomeno interessante sono i giovani scrittori, come De Carlo o Tondelli. De Carlo vende sulle SO mila copie a titolo e altrettante nei Club, senza contare l'estero. Tondelli, con Rimini, ha superato le 30 mila. I MILANO — Dieci, venti miliardi a Pippo Baudo per cinque anni di ingaggio, sette alla Carrà per tre anni. Senza contare le inevitabili aggiunte. Tra 1 calciatori, Maradona vale quattordici miliardi, Gullit tredici. E lo scrittore, quanto vale? Poco, pochissimo, niente, Come ingaggio, si intende. E ancora: riesce uno scrittore italiano a campare di soli diritti? Quasi mai, salvo pochi eletti compresi nelle dita di due mani, e anche tra questi bisogna fare molti distinguo, soprattutto sulla parola scrittore: se va intesa con la lettera maiuscola, minuscola o media. Una campagna acquisti esiste nell'editoria, ma le cifre sono povere. In questi giorni Natalia Ginzburg starebbe per traslocare a Mondadori: si sussurra di un anticipo di 70 milioni. Recentemente Sciascia è andato da Adelphi, non si conosce la cifra ma si afferma: «Più che ragionevole*. Del resto, quasi sempre 1 passaggi da un editore a un altro non .. avvengono per motivi di 'danaro ma per cause contingenti: i casi Glnzburg e Sciascia si riallacciano alla prolungata crisi dell'Einaudi. Eppure, nel passato, si favoleggiò di qualche •colpo grosso», come quando Rizzoli cercò di strappare Moravia a Bompiani con un'offerta che, nel tam-tam del corridoi, crebbe fino a mezzo miliardo. O quando Bassani passò vent'anni fa a Mondadori e aleggiò una cifra per quell'epoca favolosa, 200 milioni. Cifra che oggi ogni addetto ai lavori reputa di fantasia. «L'autore italiano è una scoperta privata dell'editore e, se lo abbandona, lo fa per motivi personali. All'estero il sistema delle aste per aggiudicarsi autori e titoli nasce dalla competizione tra agenti letterari» dice Marco Vlgevani dell'ufficio estero di Longanesi. «Le grandi cifre d'asta sono praticamente circoscritte agli autori di lingua inglese che hanno un mercato potenziale di milioni di copie — conferma Piero Celli, direttore editoriale della Garzanti — Sia in Francia che in Germania, il mercato è praticamente simile al nostro: Con eccezioni, si Intende: come Profumo del tedesco Suskind, che è stato acquistato due anni fa da Longanesi per 100 milioni. In Italia, l'editoria per anni è stata dominata da Eric Linder, un agente letterario che non faceva aste ma preferiva ottenere buoni contratti per 1 suoi autori. Oggi, però, qualcosa sta cambiando, soprattutto per la forza d'urto di Mondadori (Garzanti ha dovuto difendere Crichton comperando il suo nuovo romanzo per 200 mila dollari) e per la necessità della Rizzoli di ricostituire un catalogo di autori italiani. Ma, a paragone di certi stranieri,. 11 nostro resta un «mercato di spiccioli» come osserva Domenico Porzio, 11 quale aggiunge: •La lingua italiana è letta solo dalle Alpi fino a Napoli, con un'isola: Palermo. Oggi, un autore scientifico italiano deve scrivere in inglese, altrimenti in certo senso non esiste* Se spiccioli restano i buoni di ingaggio, comincia Invece a essere possibile per alcuni scrittori vivere di diritti. Sono gli autori da 100/150 mila copie a titolo come De Crescenzo che con la Storia della filosofia greca, parte prima, ha superato le 330 mila copie (senza contare 11 Club degli editori), o Biagi che, con regolarità, sfonda le Illustrazioni di Grandville (da «Un antri- monde», ed. Mazzotta) -li-Mi centomila (17 boss è solo è gU a quota 140 mila). Lo stesso vale per Luca Goldoni che in cinque mesi con La tua Africa ha venduto 72 mila copie, per Piero Ottone, attestato sulle 120/130 mila, o Cesare Marchi che in due anni con Impariamo l'italiano e Siamo tutti latinisti ha raggiunto le 330 mila. Dice Cesare Marchi, 64 anni: «Ho sempre fatto il professore di scuola media e lo scrittore nella settimana corta. Ho scritto biografie su Dante, Boccaccio, l'Aretino. Il massimo, con Dante, erano state 35 mila copie. E quello che è andato peggio è il mio preferito. si può naturalmente ignorare il fenomeno Moravia: ali indifferenti, uscito nel 1928, continua a portargli qualche decina di milioni l'anno, che si aggiungono alle altre centinaia di milioni di diritti per i mercati italiani e esteri. Un gettito costante e cospicuo. E ora qualche conto. Su un prezzo medio di copertina intorno alle 20.000 lire, e una percentuale media del 10 per cento (un buon autore spunta dal 10 al 15), si può calcolare che, al netto delle tasse (si mangiano praticamente la meta dei profitti) entrino nelle tasche dell'autore più o meno cento milioni l'Aretino. Poi due anni fa è scoppiata questa bomba con Impariamo l'Italiano e sembra si ripeta con Slamo tutti latinisti Meglio tardi che mai*. La bomba più grossa dell'editoria italiana è pero scoppiata con il nome della rosa, oltre un milione di copie in Italia e altri quattro nelle varie edizioni estere (nel 1986, solo in Germania, 11 libro ne ha venduto un altro milione dopo l'uscita del film). A ridosso di Eco c'è 11 successo di Alberoni che, con 1 saggi, ha superato In Italia il milione (mezzo milione ha fatto da solo Innamoramento e amore). Non Il singolare caso di Sylvana de Riva: ha mandato un pacco per posta, viene lanciata dalla Bompiani come un avvenimento letterario loro romanzi poi vanno nei tascabili, e il gettito si prolunga nel tempo. Sono nati come scrittori, e il loro esempio sfata alcuni vecchi pregiudizi. Certo devono incontrare un loro pubblico ma, se riescono, possono farcela». A ben vedere, sono però pochissimi gli scrittori puri. Quasi tutti hanno una seconda attività: giornalisti, professori o insegnanti, consulenti editoriali, funzionari di case editrici, della Rai, a volte perfino di ministeri. Lo stesso Moravia è rimasto redattore del Corriere della Sera. Spesso, è da queste professioni che si inizia per approdare poi al libro, e alcune alutano il successo. Viceversa, il libro apre altre porte: collaborazioni, stesure di programmi televisivi, consulenze, nel casi fortunati la riduzione cinematografica. La categoria senza speranza è invece quella del poeti: la poesia non può essere che un secondo mestiere: «Un buon libro di poesia ha una tiratura di duemila copte, un best-seller arriva alle settemila —<lic«'Mare»'Jrt>rti. editoredello «Specchio» Mondadori —. Se poi il poeta rompe il muro del suono, diventa Montale, Ungaretti, Zanzotto, Luzi o Pasolini, allora si apre un piccolo rubinetto continuo*. Montale era redattore del Corriere, Quasimodo professore di lettere al Conservatorio, Saba libralo antiquario. Quando Quasimodo ricevette 11 Nobel, felice si comperò la 600 e potè permettersi di allargare la librerìa di casa. I grandissimi poeti, solo dopo morti lasciano agli eredi qualche rendita. Ma non esistono eredi di poeti che possano vivere di queste rendite. Valeria Sacchi