Per dieci pianisti i Mozart sono dieci di Giorgio Pestelli

Per dieci pianisti i Mozart sono dieci Per dieci pianisti i Mozart sono dieci turale, da esperienze di gusto affini. Cosi, ad esempio, il confronto tra Fischer e Gieseking (Concer-, gW^comune, il^hcW colorisce in riodo diverso: Fischer è più estemporaneo, imprevedibile, Gieseking più impassibile, ma non per questo pieno poetico; il suono di Fischer si smaglia talvolta dalla catena, allude, scompare, ritorna, avvampa, cameraUzza con l'orchestra; Qieseking è il cristallo immobile e trasparente. Ma ben altre sono le differenze (radicali, non solo di tocco) di altri casi; massime, il confronto sul Concerto K 488 fra Benedetti Michelangeli (1953) e Rubinstein (1930), confronto incuti due divergono fino agli antipodi di apollineo e dionisiaco, il mondo sonòro del pianista italiano é un universo conclùso e risolto, in cui ogni particolare, ogni accento, ogni indugio (ce ne sono molti, liberissimi) si assesta spon¬ taneamente nell'armonia del tutto. Rubinstein è drammatico: l'incantevole Siciliana centrale si accende-ài tAà/ìè^^Sop ' stessa pagina, guarda le cose dall'altra parte, delle- ' sistema; sulla prima nota del finale Michelangeli si appoggia in modo trionfale, con una vera ebbrezza di uscire allo scoperto dopo i cunicoli notturni dell'Adagio; il «grazioso, mozartiano non gli dice nulla. Il dionisiaco Rubinstein si getta invece in un tempo infuocato. Insomma, modi di sentire diversissimi, e testimonianze vivissime di genialità interpretativa; fra le quali, bisogna ancora ricordare il Concerto in mi bemolle J£ 482 inciso nel 1935 da Edwtn Fischer e John Barbirolli, registrazione famosa, vera pietra miliare nella storia dell'interpretazione mozartiana, richiamata a nuova vita in questo Parnaso pianistico. Giorgio Pestelli