Zoran Music: dipingo a occhi chiusi tra Austria e Oriente

Zoran Music: dipingo i ii Zoran Music: dipingo i ii a occhi chiusi tra Austria e Oriente a quei tempi, quando non si hanno le idee chiareAncora non c'erano responsabilità. Sono maturato tardi e... Non si può spiegare, non so spiegare». Ci sono molti trai*' orientali, cinesi addir *tu" ra, nella sua pittura, so~ prattutto nel primo periodo. I suol cavalli,, spesso, sembrano rimandare a calligrafismi decisamente orientali. -Mah, forse la cosa più importante è da dove uno viene, le origini, voglio dire. Sono vissuto molto Un inchiostro di Zoran Music: «Ida», 1948 tempo fuori d'Italia, da giovane, vedendo opere che da noi erano di difficile accesso e non soltanto i secessionisti austriaci, anche i grandi impressionisti. Adesso... adesso torno agli antichi, Piero, Antonello. L'Oriente, ha detto? Sono nato in un luogo che stava su tre frontiere, e ad Oriente il retroterra si estende fino alle steppe, proprio sotto al mio paese erano passati i longobardi. Perà, cercare le proprie origini non è facile. Oggi, sono pochi in Occidente i pittori che ne sono coscienti, tutti guardano all'Occidente, New York, Parigi, non sono mai se stessi. Anche nei musei non si vedono ormai che gli stessi quadri, lo credo che ogni paese dovrebbe avere invece musei nazionali: E questa apparenza cinese, di certe sue forme? •Dopo appena vent'anni, ho cominciato la pittura che considero mia personale. Le cose scordate a un certo punto lievitano nella memoria, ritornano purificate. Mi occorsero decenni perché cose viste in Dalmazia si ripresentassero nella loro purezza, anche nel loro mistero. I miei cavalli? Si, potrebbero essere cinesi perché non sono cavalli, potrebbero anche essere pecore, quelle mandrie di animali che in Dalmazia si vedevano in libertà. Le immagini si sono sedimentate, con il tempo tutto si fa più semplice, più bello». Come vede il suo progresso di pittore, la sua crescita in questi anni? •Io parlerei di tre momenti, credo: i ricordi dalmati, cioè paesaggi, cavallini, anche i paesaggi senesi che dipingevo alla stessa epoca: poi il vuoto, quando negli Anni Cinquanta andai a Parigi; poi dal 1970 ad oggi. A Parigi fui sopraffatto dai grandi nomi degli astrattisti della mìa generazione e per un po' mi allontanarono dai miei temi, certe mie forme diventarono un poco decorative. Dopo il 1970, sono risaliti dalla mia memoria i ricordi di Dachau, quelle immagini terribili ma, pittoricamente, bellissime pur nell'orrore». E* sempre dalla memoria che nasce la sua pittura? •La mia pittura non nasce mai da un progetto, salta fuori a occhi chiusi. E' un fatto psichico? Forse. Ad occhi aperti tutto è chiaro, tutto è "normale", con gli occhi chiusi cambiano anche i colori. Succede lo stesso quando si entra in una cattedrale, dapprima tutto è buio ma a poco a poco le forme si delineano, escono dall'oscurità. In questi ultimi quadri vorrei arrivare a usare del grigi che dessero un senso di luce: In questi suoi ultimi quadri c'è un'aura decisamente bizantina. •Sono bizantini perché le forme sono chiuse in un arabesco. Anni fa, in Bosnia acquistai una scatola di legno, la valigetta di una recluta, fatta in casa e dipinta sulla faccia esterna. Quella... quella scatola II, vede? (Si alza, da uno scaffale toglie la scatola. me la mostra, la apre). Vede questi arabeschi, questi disegni fatti in colori opachi? Ciò che tento di fare nasce anche da qui». •Bisanzio io l'ho scoperto a Venezia. E siamo tutti la stessa razza, sloveni, croati, veneti, chissà che altro, sui due lati dell'Adriatico. In Istria, quando ascolto le voci dei pescatori che vengono dalla Jugoslavia, mi accorgo che qualunque lingua parlino, veneziano o sloveno, i ritmi sono gli stessi. Credo che in Veneto siamo nafX tetri in una stessa atmosfera, nella stessa luce». E improvvisamente, negli Anni Settanta, quando certe memorie della guerra parevano scordate, ecco che lei le ripropone, con I quadri delle vittime di Dachau, la serie «Non siamo gli ultimi». «Le immagini salirono dentro di me allora, maturarono allora, e capii che dovevo esprimere questo terribile tesoro che avevo dentro di me. Non sono forme costrette, non c'è nulla di voluto. Certo, nascono da ciò che ho visto: ma sono trasformate, si sono depurate, affinate con gli anni: Quando', dipinge segue qualche metodo, un orario? •Ho l'impressione di non dipingere mai. E mi domando se non sarebbe meglio lavorare. Io ammiro quei pittori che si alzano alle sette e cominciano alle otto e... Io, la mattina, mi aggiro nello studio a piedi nudi e guardo. I quadri come si fanno? Un poco alla volta. Giro nello studio e non si fa nulla per tutto il giorno e la luce cade e allora, accidenti?, non si vede quasi più e alle volte, in un'ora, si riesce a fare ciò che tutto il giorno non si è riusciti. Vede, un pittore non è fatto per lavorare, la pittura... non so, poi l'ho già detto, è respirare. Non so spiegare in nessun altro modo. Ho certi quadri per tre quarti finiti e se viene il mercante e li sceglie per una mostra, io quei quadri non li finirò mal. Non so lavorare su ordinazione». Piero Sanavio a*

Persone citate: Piero Sanavio, Zoran Music