Pubblicità al galoppo nel cielo dei mass-media
Pubblicità al galoppo nel cielo dei mass-media Pubblicità al galoppo nel cielo dei mass-media to delle multinazionali». Ma Guglielmi non si lascia prendere da una rete a maglie cosi larghe. Il suo scalpello tocca e scava con qualche brutalità e però con sottigliezza e uno sguardo nitido (nonostante l'esplorazione di un territorio per lui totalmente nuovo) non tanto sul prima e sul dopo della pubblicità, dove avrebbe avuto una vita più facile e avrebbe potuto disporre dell'ampio scorrimento del discorso ideologico. Guglielmi sceglie di fermarsi al centro, .pubblicità come messaggio* e .pubblicità come industria*. Di nuovo, avrebbe potuto recriminare, lamentare e denunciare. 17 /ascino del libretto sta in questo: sarà anche duro ma è una macchinetta logica che trita ed espelle i luoghi comuni. Identifica punti che sfuggivano nell'ovvio o nel non notato, e si dedica a esaminarli come tanti oggettini in un'ala non molto frequentata del museo dei reperti contemporanei. Il fatto che si tratti di cose familiari e di eventi di tutti i giorni non lo spaventa. Il talento di Guglielmi in questo libro sta proprio in questo: osserva il dato pubblicitario come se fosse un vasetto etrusco, se lo pone non come un dato noto ma come un mistero e si dedica a decifrarlo. 17 dato è questo. C'è molta pubblicità e noi dipendiamo quasi completamente da essa. Ovvio? Certo. A meno di non aggiungere fetto di una serie di fenomeni in causa di essi. L'invenzione, in luogo dell'assecondamento e dello sviluppo di ciò che si consuma (in forma di abitudini, comportamenti e azioni prima ancora che in forma di oggetti), è certamente il -target* più praticato dalla pubblicità americana, che siede al centro del paesaggio, regola e fa regia, non mediazione. Come Guglielmi bisogna stare attenti a non premere troppo sul pedale, e infatti l'efficacia di •corsari e nobiluomini* sta nel senso della misura e in un innato fastidio per il luogo comune. Niente processo al consumo e al consumismo, ma solo analisi di una ipertrofia che ha certo un'altra domanda, semplice ma sempre evitata. Perché? La personale estraneità al raccordo industria-pubblicità permette a Guglielmi certe risposte limpide che sarebbero difficili ad altri. La pubblicità — dice — produce se stessa, nutre se stessa e serve se stessa. E' una industria di messaggi che tende a farsi iniziatrice non solo dei bisogni ma anche dei prodotti. Non è un complotto, è un espediente. Ma un fior di espediente. Infatti il gioco si allarga. Se Guglielmi avesse avuto fra le mani certi aspetti della vita americana avrebbe visto alcune conferme «a futura memoria* di una tesi che a prima vista sembra audace, perché trasforma l'ef¬ V.VoV.V.V.'.•••••••••••SD molti aspetti curiosi. Guglielmi sembra suggerire che la pubblicità sta assumendosi un compito simile alle avventure della finanza e della borsa. Appare come il cavaliere bianco della produzione e poi si lancia in galoppate libere, ir. avventure in proprio che non sono più così legate alla ragione •industriale* della propria esistenza. Il terreno del libretto di Guglielmi è rigorosamente delimitato. Italia, televisione (sia pubblica, che privata). E, nella televisione, si parla solo della frequentazione •nobile*, dalla Rai a Berlusconi. Manca l'esplorazione del mondo .Ardizzone* in cui il prodotto è quasi inesistente e l'atto di raccomandazione pubbli¬
Persone citate: Ardizzone, Berlusconi, Guglielmi
Luoghi citati: Italia
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