Era più fantasioso quel Vasari prima maniera

Era più fantasioso quel Vasari prima maniera Era più fantasioso quel Vasari prima maniera Opera d'arte e letteratura, le celebri «Vite, del Vasari sono state pubblicate da Flnami! seguendo il testo della prima edizione, stampata a Firenze nel ISSO dall'editore ducale Lorenzo Torrentino: il volume è uscito nei Millenni a cura di Aldo Bossi e Luciano Bollosi, con una presentazione di Giovanni Previ tali (pp. Lxy^u^»**M»o»,. Abbiamo chiesto un commento a questo avvenimento editoriale, a Neri Pozza, editore, scrittore e raffinato incisore che da sempre ha fuso nelle sue opere l'Interesse per arte e letteratura, dalle rievocazioni del grandi pittori e scultori veneti del '500 In «Processo per eresia» alla biografia •Tiziano». GLI storici del Vasari sembrano tutti d'accordo: malgrado le lacune, le invenzioni relative a molti personaggi e le divagazioni novellistiche che contrassegnano alcune biografie, la prima edizione delle Vite (chiamata 'Torrentininna* dal nome dell'editore, che le pubblicò a Firenze nel 1550) si presenta più pura e artistica che non la seconda, .giuntina- del 1568. Scriverà infatti lo Schlosser che nella .giuntino, il «Vasari molto aggiunse, integrò, corresse, normalizzò, ma anche spense e banalizzò'. (Basterebbe riferire il giudizio del 1566 attribuito a Michelangelo sul disegno delle pitture di Tiziano vecchio a scoprire la retorica della sua vocazione manieristica). Messa a fronte la situazione editoriale delle due edizioni — scrive Previtali che introduce alla Torrentiniana edita adesso da Einaudi — -è paradossale: 18 edizioni Italiane e 8 traduzioni straniere della seconda edizione, di fronte a una edizione diplomatica della princeps. Sarebbe come se la gloria del Tasso fosse affidata alla Gerusalemme conquistata del 1593, lasciando nell'oblio la Liberafa del 1581». 17 pubblico che decretò il successo della seconda edizione delle Vite era guelfo che voleva sapere vita, morte e miracoli degli artisti, a partire da Giotto, scoperto da CiTnabue nella Villa di Vespignano mentre su una pietra intaglia le pecore; o ancora si esalta all'aneddoto del cortigiano che desiderava avere un disegno perché Papa Benedetto XII giudicasse del suo valore; e il Giotto «preso un foglio di carta et in quello, con un pennello che egli aveva in mano tinto di rosso, fermato il braccio al fianco per farne un compasso e girato la mano, fece un tondo... ». Di queste faville sono andate famose le Vite del Vasari; letto con pudicizia dal cultori, magari attraverso i Capricci e aneddoti di artisti dove alcune novelline L'annuario dei filosofi Non si può più dire che la filosofia se ne vada in giro «povera e nuda». Fa vetrina in libreria, gira a dispense per le edicole, debutta in tv. Ma al di là di questo andirivieni sul palcoscenico dei media, quali sono i sentieri inesplorati, le mete più lontane della ricerca filosofica? Proprio per seguire passo passo «dove vanno i filosofi» la Laterza ha affidato a Gianni Vattimo il compito di curare un «annuario» che ogni dodici mesi farà il punto del dibattito. Il primo, Filosofia '86, uscirà a giorni, con interventi, tra gli altri, di Gadamer, Rorcy, Rolland, Rovatti, Gargani Givone, Crespi, Del Lago, Carchi a. Mitteleuropa e dandy Studio Tesi, la piccola casa editrice di Pordenone diretta da Pier Paolo Benedetto e Roberta Marchetti, festeggia il decimo compleanno, fedele alle sue origini, tra Mitteleuropa e sofisticate riscoperte. Per aprile annuncia / racconti della Maghreèina di Grcgor von Rezzori, ultimo erede del mondo di Musil e Roth: uscito nel '5i in Germania, il libro ha venduto oltre mezzo milione di copie, Sono piccole storie, con piglio aforistico, che ri' creano società e ambicn ti austro-ungarici, in un'atmosfera di malinconia per il tempo perduto. Sempre ad aprile sarà in libreria Dandy & Dandits di Max Beerbohm, raccolta di articoli pubblicati sulla rivista Tbt Yellow Bock, specchio della cultura decadente nella Londra fine Ottocento. 1/ andrebbero rilette con profitto perfino dai moderni. Eccone una che si riferisce a Donatello. Pag. 332 della prima edizione, ma anche della seconda: «... venuto in decrepita, ebbe a èsser soccorso da Cosimo e altri amici suoi, non potendo più lavorare... Venendo Cosimo a morte... gli donò un podere in Caf aggiolo, di tanta rendita che e" ne poteva viver© comodamente. Di che fece Donato festa grandissima... Ma non lo tenne però un anno che... glielo rinunziò per contratto pubblico, affermando che non voleva perdere la sua quiete per pensare alla cura familiare e alla molestia del contadino, 11 quale ogni terzo di gli era intorno; quando perché il vento gli aveva scoperto la colombaia, quando perché gli erano tolte le bestie dal Comune per le gravezze e quando per la tempesta che gli aveva tolto il vino e le frutte. Delle quali cose era tanto sazio e infastidito, che e' voleva innanzi morire di fame che avere a pensare a tante cose». La prima edizione delle Vite del Vasari è sorretta da un calore immaginativo da autentico narratore; si direbbe, anzi, che più lo scrittore aderisce alla verità degli eventi tanto più impallidisce la sua vena: com'è il caso della vita di Andrea del Sarto, mescolata di un moralismo bacchettone, mentre per quelle di Paulo Uccello o Domenico Veneziano la fantasia riesce a dominare i fatti anche con l'aneddotica, come nel caso dello scambio Donatello-Paulo. Scrive Vasari: «Per il che Autoritratto di Gior Donato che lo conobbe, spesso gli diceva: "Eh, Paulo, cotesto tua prospettiva ti fa lasciare il certo per l'incerto". E questo avveniva perché Paulo ogni giorno mostrava a Donato mazzocchi a facce, tirati in prospettiva». Non risponde quindi al giudizio dei Vasari che Paulo fosse un artista legnoso e burattinesco', cime lo rapì presentò l'Ottocento verista. Gli studiosi hanno accertato che Vasari ebbe, nella stesura delle Vite, informatori, collaboratori e studiosi di alto valore, a cominciare da don Vincenzo Borghini; e revisori talvolta taglienti come il Caro, il quale avuto il manoscritto dell'opera, scriveva al suo autore nel 1547: «M'avete data la vita a farmi vedere parte del commentario che avete scritto degli artefici del disegno, che certo l'ho letto volentieri... Panni ancora ben scritta, et con belle avvertenze. Solo vi desidero che se ne levino certi di parole, e certi verbi posti in fine, che si fanno talvolta per eleganza et a me generano fastidio. In un'opera slmile vorrei la scrittura a punto come 11 parlare. E questa è cosi veramente.» ». • Al Caro si associavano il Giovio, Benedetto Varchi e altri, con il solo scopo di limare i testi, mentre infine proprio il Giotto concludeva il 29 gennaio 1548: «Io laudo extremamente l'opera vostra et ho notato quel che mi par... • e dopo avergli suggerito il titolo per la stampa conclude: «Che la stampiate In ogni modo. Ma metteteli cura che la stam- orgio Vasari, pari. (Firenze, Uffizi) pa non riesca mendosa, che sarebbe cosa da farsi disperar. Et però bisogna per 11 calice di pagar un "corretto" assiduo e diligente». 17 Vasari aveva pensato di introdurre le Vite con {Incisione dei ritratti degli artisti. TI progetto non ti realizzò per la prima edizione del Torrentino, ina con la seconda sedici anni dopo. Del rèsto iFbW^tyfàvm'* scritto: «Se stamperete i"opera senza ligure per non perdere tempo e denari, vi darà onor In vita e dopo morte». Cosi avvenne. La fama di questo inedito delle Vite intanto si diffonde perfino nel libri a stampa che ne preannunciano l'uscita già nel 1548. n Pino, nel suo Dialogo scrive da Venezia a Paulo Gherardo. «Giorgio d'Arezzo, giovane', il quale oltre che promette riuscir raro nell'arte, è anche verbosissimo et quello è come vero f igliol della pittura ha unito e raccolto in un suo libro con dir candido tutte le vite et opere de' più chiari pittori». La consegna del manoscritto al tipografo non avvenne in tempi stretti; anzi gli amici ch'Accademia fiorentina daranno un aiuto decisivo nella messa a punto dei testi; e don Vincenzo Borghini fu l'uomo chiave di tutta l'operazione, nella quale si associarono il Giambullart, il Bartoli e il Lenzoni. E siamo già all'estate del 1549. La storia dell'edizione è puntualizzata di tutti gU accidenti che vi si connettono: dalla stampa della dedicatoria a Cosimo, al corso dell'impressione degli ottavi dell'opera. Eppure Vasari non ha ancora finito di scrivere la Vita di Michelangelo con la quale ha deciso di chiudere le Vite; e a febbraio del 1550, da Roma, fa scrivere di fermare l'opera finché non arriveranno al Torrentino le pagine conclusive. L'apparato critico introdotto all'edizione einaudiana da pochi appunti di Giovanni Previtali 6 coordinato da Aldo Rossi e Luciano Bellosi. La nota istologica include per quanto possibile un lungo chiarimento dall'elaborazione del testo al censimento delle Vite del ISSO, alle iniziali iconografiche, all'elenco degli errori corretti per finire coni criteri dell'edizione e aoli indici copiosi. Gli editori ne danno conto in apertura- di volume, elencando gli estensori delle note che corredano le singole biografie: lavoro di lunga lena. Raramente, ai nostri giorni, ci si imbatte in un libro cosi affollato di ragguagli e puntualizzazioni. Ne va dato merito ai curatori con malte lodi. Non sarebbe valsa la fatica della ristampa Torrentiniana del Vasari se non fosse stata condotta con queste cure. Neri Poh»