E Napoli reinventa il Caffè letterario

f Napoli reinventa il Caffè letterario f Napoli reinventa il Caffè letterario Per iniziativa dell'is NAPOLI — Fra tante notizie deprimenti, ogni tanto ne spunta una che trasmette un brivido di buon umore. Pare dunque che a Napoli vogliano rilanciare la moda del Caffè letterari. L'iniziativa sarà ripresa dall'Istituto francese «Grenoble» con una manifestazione che si articola da aprile a maggio. Per una singolare coincidenza a Roma si chiuderà martedì prossimo, cioè domani, una mostra dedicata proprio ai Caffè letterari. In questa mostra, architetti e pittori hanno rivisitato la loro mitologia, forse con una punta d'ironia, però c'erano anche progetti proiettati verso il futuro, quindi con l'implicita speranza di vederli realizzati. Se queste due notizie, quella di Napoli e quella di Roma, fossero state diramate solo una decina di anni fa, sarebbero state accolte con lazzi e sberleffi. E se, pula caso, qualcuno in vena di autolesionismo tituto francese «Grenobl avesse annunciato, negli Anni Sessanta, che avrebbe aperto un Caffè letterario avrebbe addirittura rischiato il linciaggio. Il Caffè letterario evocava infatti tutto ciò che era reazionario e provinciale. I poeti e gli scrittori cosiddetti d'avanguardia, non volevano neanche sentirli nominare. Preferirono frequentare i bar, le bettole, spesso anche le autorimesse in disuso, dove si tenevano assemblee oceaniche, che cominciavano non si sa perché e finivano non si sa come. Erano in voga parole come «iconoclasta», «demitizzazione», «dissacrazione». E con quelle parole urlate e scritte in tutti i luoghi possibili e immaginabili, ci si avviava allegramente verso l'annientamento delle ultime vestigia della società letteraria e artistica, inclusa anche la pacifica convivenza civile. E non è un caso che da quegli slogan germinò il delirio della lotta armata. Lungi da noi l'idea e» viene rilanciata una « ridicola di istituire un parallelo tra la fine dei Caffè letterari e la nascita del terrorismo verbale e pratico, anche perché in passato la sovversione nasceva proprio all'interno di quei Caffè, basti pensare alla rivista omonima di Alessandro Verri e ai locali frequentati dagli illuministi e dai romantici francesi, e dai personaggi demoniaci di Dostoevskij e di Conrad. I Caffè letterari sono sempre stati ambienti poco raccomandabili, e spesso avevano l'onore di vedere entrare la polizia con qualche mandato di arresto. Ma era proprio per questo che dovevamo dolerci della loro scomparsa. Nei vecchi Caffè letterari, almeno in alcuni, i piani di sovversione venivano esibiti e reclamizzati, e cosi la polizia non perdeva la testa per scoprire i nascondigli dei guerriglieri urbani. E un sociologo buontempone potrebbe anche affermare che se ci fossero più Caffè letterari e moda» che ha influito s meno bar, i terroristi farebbero più letteratura e meno morti ammazzati. Per questo e altri motivi, la notizia che ci giunge da Napoli non va sottovalutata. Questa travagliata e miracolosa città sta impartendo al resto dell'Italia inaspettate lezioni. I suoi tifosi di calcio sono di una correttezza esemplare, e con il loro comportamento contagiano positivamente le altre tifoserie. Se la moda dei Caffè letterari dovesse attecchire di nuovo ed espandersi, potremmo assistere a fenomenali cambiamenti del costume culturale. Da tempo si va dicendo che gli intellettuali italiani procedono a gruppi sparsi, oppure isolati, ignorandosi tra di loro, e anche detestandosi senza neppure conoscersi. Il Caffè letterario è per definizione un luogo di aggregazione e di accorpamento. Seduti a un tavolino, con l'immancabile tazzina di caffè sotto il naso, ci si guarda negli occhi, si scam¬ su cultura e politica biano a viva voce idee, impressioni, anche pettegolezzi, ma sempre con il rispetto che si ha per le persone che si frequentano in modo durevole, e non occasionale. Inoltre, il Caffè letterario invita a recuperare la civiltà della conversazione e della meditazione. Abolisce il mito dell'efficienza alienata e della fretta. Uno storico francese ha recentemente sostenuto che la violenza è figlia della velocità. Ebbene, il Caffè letterario era il tempio della vita sedentaria. Anche 11 dentro, si capisce, partivano stilettate, ma il più delle volte erano simboliche. Superfluo qui ricordare la funzione culturale dei grandi Caffè letterari di Firenze, di Roma, di Padova, di Milano. Senza contare Parigi, che ha fondato la sua egemonia culturale proprio sul Caffè e sui salotti letterari. Perciò, anche in questo settore, è il caso di gridare: forza Napoli! Giuseppe Bonura

Persone citate: Alessandro Verri, Dostoevskij, Giuseppe Bonura