Torna libero per morire

Ergastolano di Agrigento Ergastolano di Agrigento Torna libero per morire Nel 1960 uccise il c AGRIGENTO — Torna in libertà un ergastolano che sta per morire, dopo decenni passati in prigione. Con un permesso speciale, è rientrato a Raffadali, un centro a pochi chilometri da Agrigento, Giuseppe Galvano. 70 anni, da ventisette in carcere perché ritenuto uno degli autori del delitto Tandoi. L'uomo ha ottenuto la sospensione della pena a causa delle sue gravissime condizioni di salute. Giuseppe 'Òàivaiib 'iniatti da molti anni Vive paralizzato in un letto e con l'ausilio della bombola ad ossigeno a causa di una grave insufficienza cardiaca. L'ergastolano ieri ha quindi potuto lasciare, in ambulanza, il carcere di Noto (Siracusa), dove era detenuto, per fare ritorno al suo paese d'origine nell'Agrigentino. Galvano attualmente è ospite di parenti, ma nelle prossime ore sarà ricoverato in un centro specialistico dell'isola a meno che le sue condizioni non peggiorino ulteriormente. Il settantenne di Raffadali fu condannato al carcere a vita assieme ad altri due suoi compaesani, Vincenzo Alongi e Giovanni Scifo, e ad altri due agrigentini perché ritenuto responsabile dell'omicidio dell'allora capo della squadra mobile di Agrigento Cataldo Tandoi, 40 anni, originario di Caltanissetta. n fatto avvenne nel marzo del 1960, in pieno centro città. Il funzionario di polizia si trovava a passeggio con la moglie in viale della Vittoria. I sicari lo attendevano nascosti. In un attimo la via si trasformò in un inferno di fuoco: raggiunto dai colpi di pistola, Tandoi fu ucciso sul colpo. Ma il feroce agguato ebbe anche un'altra vittima. Uno del numerosi proiettili sparati contro Cataldo Tandoi, dopo aver rimbalzato su un muro, feri a morte anche un giovane ventenne, Ninni Damanti, che in quel momento passava nella strada. Gli assassini riuscirono a fuggire a piedi confondendosi in mezzo alla folla. All'epoca, il delitto fece molto clamore perché si trattò di uno dei primi grandi omicidi commessi dalla mafia agrigentina. Il funzionario di polizia qualche mese prima, temendo di rimanere vittima di qualche attentato, aveva chiesto ed ottenuto il trasferimento delle sede di lavoro da Agrigento alla questura di Roma. Cataldo Tandoi venne assassinato a colpi di pistola proprio poche ore prima della partenza per la capitale. Le indagini degli investigatori inizialmente imboccarono diverse piste. Dapprima si pensò ad un delitto d'onore, ma successivamente la pista mafiosa prese piede. Il commissario capo, infatti, negli ultimi mesi di vita aveva più volte diretto delle operazioni di polizia nella zona di Raffadali, dove all'epoca era boss incontrastato Vincenzo Di Carlo, un maestro elementare, ora de¬ ommissario Tandoi ceduto, che venne poi ritenuto il mandante dell'omicidio del funzionario di polizia. Il Di Carlo messo in piedi una vera e propria organizzazione criminale ed era stato più volte sospettato di attività mafiose. Giuseppe Galvano era molto amico del Di Carlo e fu proprio questa amicizia a mettere sulla strada giusta gli investigatori che arrestarono tutti i componenti del gruppo dei killer:" '°° • " ' i • ' |.ro>