Divina Commedia per Prince neomoralista da microsolco

INTERVISTA / Dopo la vicenda di Torino INTERVISTA / Dopo la vicenda di Torino Edmonda Aldini urla: «Datemi uno Stabile» Divina Commedia per Prince neomoralista da microsolco I Il nuovo Lp raccontato da CARLO MASSARINI oc——n 11 »'i . . ' I li—un »ii i ii' i i . i ,)i—,n.!'ii.i "•■—RT ■-*r"i r.n-- arto -«--Perché una donna non può dirigere una stagione teatrale?» Questa volta il grande cantante si rifugia nel misticismo •Ecco qua: vorrei porr» la mia candidatura alla direzione artistica dello Stabile di Torino. E' un'Idea che ho ponderato a lungo: mi stupisce come ogni volta che si verifica una crisi In questi enti pubblici si cerchi sempre di tappare la falla senza pensare mal a una donna'. Chi parla 6 Edmonda Aldini, esponente intellettuale e Imprevedibile del nostro teatro. Appare, scompare, si cimenta in testi ardui e discussi, si ritira in magnifico isolamento a Parigi, quindi eccola di nuovo sulle barricate a far parlare di sé, proporre, provocare: sempre pronta a dire quello che pensa e quello che vuole, senza mezzi termini o giri di parole. E sempre pronta a prendere le cose di petto e pagarne coraggiosamente le conseguenze. Specie quando c'è di mezzo il teatro, suo unico, irrinunciabile amore: «Lo spazio metaforico in cui tlccaro tutte le mie tantasle Impossibili: — Quella di diventar* direttore artistico di uno Stabile, la parte delle fantasie Impossibili? «Non la considero una fantasia, piuttosto una provocazione che servirà, se non altro, a mettere in luce II problema: perché' non passa mai per la testa a nessuno che ci sono donne in grado di svolgere certi incarichi meglio di tanti uomini? lo spero che qualcuno si senta In dovere di darmi delle spiegazioni, delle risposte». — E secondo lei, perché non ti pensa mal a una donna? «Perché le donne che riescono ad arrivare alla stanza dei bottoni, sono molto abili e l'uomo lo sa. Esistono imprenditrici bravissime nelle aziende private dove conta molto II talento perché se ne vedono I frutti, mentre nelle aziende pubbliche gli errori vengono azzerati, non si paga quasi mai di persona, quindi il talento ha minor peso, contano di più le spinte politiche. Ecco perché le cariche pubbliche sono il pascolo prediletto dei maschi, che ne sbarrano l'ingresso alle donne». ' — Malgrado dò, lei è pronta alla alida: come le ò nata questa Idea? «Sono almeno tre anni che ci penso: e in questi ultimi due mesi che ho trascorso in Francia, il progetto ha prese forma vi9to che a Parigi l'80% dei teatri è diretto da donne, molto In gamba, con le quali avevo contatti continui. Esser lontana mi è servito anche ad analizzare le cose con maggior distacco, senza coinvolgimenti viscerali». — Lei pania di essere In grado di dirigere uno Stabile? •Perché no? In passato, per riuscire a interpretare i personaggi che amavo e nessuno mi offriva, sono stata a lungo capocomici e le assicuro che la visione che ho dello spettacolo non può togliermela nessuno: so come si tiene In mano la materia di un testo, come respira, come scoprirne l'umore segreto». — Parche pone la sua candidatura? «Perché mi Interessa Torino, lo confesso: è una città che conosco molto bene, mi piace, mi stimo¬ la. Una città che amo molto e da cui sono riamata: e, al contrarlo di quanto dicono, altamente teatrale. Sono convinta che qui si possa Impostare un bellissimo discorso artistico a patto di ridurre velleità e ambizioni: vede, lo penso che II denaro pubblico vada trattato con lo stesso rispetto del nostro». — E' una dichiarazione che fanno tutti, all'Inizio, • ridimensionano strada facendo. «Perché vogliono strafare, esibirsi, non riescono a stare nell'ombra. Questa ò una delle tante ragioni per cui i teatri pubblici vanno a rotoli, lo credo che l'avvento delle donne potrebbe significare una bella svolta: le donne sono più oculate, meno smaniose di protagonismo, meno coinvolte nelle pastette. E poi, che ne dice?, proviamolo!.. — E sa la prendessero In parola? ■ Sono pronta a presentarmi domani: col mio programma per tre anni già definito nei minimi particolari, tutto idee chiare, fattibilissime. Mi basterebbe avere accanto un bravo amministratore, che ponga limiti precisi. Se si continua a metter gente di modesta levatura alla guida degli stabili, questi continueranno a fare acqua sino al giorno in cui si deciderà di chiuderli». — SI riferisca a Qregorettl? «Anche: perché Gregoretti è un signore incantevole, simpatico, che sa fare benissimo la televisione. Ma II teatro è un'altra cosa: quando l'anno scorso Inaugurò la stagione con i suol Figli di Jorio, mi sembrò che tacesse uno sberleffo. E non si usa il denaro pubblico per fare gli sberleffi: uno Stabile deve offrire testi che appartengono aila storia del teatro». — Dio Mio, signora, non si metterà mica a fare la conformista? «No certo: semplicemente, penso che il teatro sia una cosa seria. E organizzare una programmazione di spettacoli significa mettere il pubblico a confronto con diverse esperienze drammaturgiche. In Piemonte, per esempio, avete un grande autore come Alfieri che nessuno prende mal in considerazione». — MI dica: lei sarebbe anche disposta a smetter di recitar*? «Certo, se questo è il prezzo: organizzare una stagione teatrale, un programma giusto di spettacoli, mi sembra molto più importante che fare l'attrice. Ci sono naturalmente altre donne in Italia che sarebbero all'altezza del compito, Marisa Fabbri, Renée Reggiani che organizzava tutti I programmi di prosa, per la televisione. Via al momento buono, nessuno si ricorda di loro: eppure, sarebbero nomi su cui puntare, nel caso II direttore fosse donna». — E se fosso un uomo? «Un nome solo: Luca Ronconi. Davanti a lui m'inchino e deporrei ogni mira. Non è soltanto uno dei primi registi del mondo, ma anche un grande uomo di teatro. Ha però una pecca: quella di non essere arrivista». Donata Gianeri de male con un piccolo nome / casualmente la sua ragazza ha trovato un ago, e presto anche lei ha fatto la stessa fine' è l'apertura — agghiacciante per immagine quanto sinuosa e suadente per ritmo e rlff musicale — di questo viaggio che butta l'occhio, come una telecamera con una morale, nel mare magnum dell'inconscio collettivo contemporaneo. Troverete di tutto, e in scala. Dalle • grandi paure' come l'Aids alle .grandi preoccupazioni' quali la scelta del look. E poi (il tema preferito) infinite variazioni sul tema dell'amore e delle relazioni, sottili e numerose e complesse quanto le porzioni di un Kamasutra. Tanti piccoli segni, però, danno un grande segno, e quindi viene da chiedersi quale morale ci sia dietro tutto questo, quale visione globale abbia colui che ripropone In maniera incredibilmente lucida questo caos di segni, segnali e direzioni. Musicalmente non é difficile dirlo. Prince, e non da oggi, é II più grande (forse l'unico, con le possibili eccezioni di David Byrne e Sting) genio sulla scena musicale degli Anni 80. Se é relativamente facile dire da dove é partito (James Brown, Sly Stone e Jimi Hendrix) rappresenta oramai davvero un «mutante d'avanguardia». Si ciba di tutto, ingurgita in pratica tutta la storia della musica bianca e nera, compresi i sottogeneri. Ma la assimila e la rldefinisce con un segno sonoro assolutamente unico, anche se assai imitato: in genere é una batterla elettronica con, più Indietro nel missaggio, tutto quello che può creare sonorità e ritmo: chitarra e basso e tastiere e fiati ma anche nastri al contrario, campioni sonori reali o inventati, ritmi ripetuti da sequencers, voci e vocine, con le infinite manipolazioni da studio possibili. Un serpente sonoro che scivola lungo luoghi conosciuti in maniera assolutamente imprevedibile. Ma Prince è anche «un mutante spirituale', un «nuovo moralista' che attraversa la vita con una etica del tutto particolare. All'interno della copertina (la dove si sono già viste pose da •coniglietto', da icona kitsch e da coatto di periferia), c'ò anche una foto in cui sembra un asceta: tunica color pesca, croce al collo, capelli raccolti, occhiali chiari e sguardo lontano, aria illuminata — che rappresenta perfettamente la sur dualità. Il gaudente, sessualmente ed esistenzialmente senza limiti al piacere, ma anche spiritualmente elevato, che sente di avere una missione da compiere, di dover diffondere un messaggio luminoso, di amore. Da sempre, nei suoi album, c'é una mistura perfetta — non una sovrapposizione forzata e opportunista — dei due elementi. Abbiamo a che fare, fra solchi di tunk delirante o ballate idilliache e sognanti, con uno spirito in perfetto equilibrio fra sacro e profano. Come se la sua geniale operazione di sintesi musicale Prince la tentasse anche sul piano dello spirito. Attraverso degli Hit Singles. Quest'uomo é davvero un segno dei tempi. Cl Mii L'americano Prince «Slgn of the Times» è il titolo del nuovo doppio album di Prince, ma avrebbe potuto essere il titolo di un qualsiasi album di Prince, perché sono otto album che il geniale nansrottolo nero di Minneapolis, con sublimi intuizioni e prolificità senza pari fra I musicisti contemporanei, offre un segno dei tempi. Il suo segno, naturalmente: che è una visione psichedelica — mistica e oltraggiosa insieme — degli inlinitl micro-segni e micro-cosmi che compongono il grande Universo, musicale ed esistenziale. Nel quale, più o meno consciamente, ci troviamo a vivere in questi anni in cui i messaggi, i segni, I piccoli mondi individuali sono tantissimi. Troppi per coeslslere in armonia, ognuno al suo posto. Inevitabile quindi che non trovando più spazio, comincino a sovrapporsi, mescolarsi, intrecciarsi. E se lo è anche per la musica (quando mai si è assistito a una tale varietà di etichette, stili e tendenze?), é solo perché la musica è, appunto, un segno dei tempi. Sul piccolo schermo che à un altro, forse il più emblematico «segno dei tempi», si alternano, sovrappongono, intrecciano (in America ancor più che da noi) queste micro-realtà: potere e morale, sesso e religione, pubblicità ed esecuzioni In diretta, successo e carestie, fanatismo e Ingenuità, comunicativa e accidia. In questa società che definiamo «dello spettacolo», Prince Inverte il gioco, e mette in scena lo spettacolo della società. Come suo solito, gira a 360 gradi e ripropone la colonna sonora di un mondo che già vive nel Duemila, anche se non se ne é ancora accorto: uno spettacolo caleidoscopico, dalle infinite sfaccettature che vanno dal frivolo al drammatico, dal vitale al mortifero, senza escludere tutto quello che sta in mezzo. Il suo è un viaggio in libertà nel piano del caos contemporaneo. Una sorta di Divina Commedia, senza bisogno di scendere agli Inferi (che tanto già ci slamo, si direbbe), con un messaggio di redenzione attraverso l'amore, ribadito dal segno della rivoluzione pacifista degli Anni Sessanta che graficamente sulla copertina sostituisce l'«of» del titolo. •In Francia un uomo magro è morto di un gran¬ gCarlo Massarini portata all'eccesso e, al tono cruento, s pi aferisce una parvenza di legalità che sconfina sempre nel ridicolo. Gli spettatori prenotati per stanotte al Silver Pontiac dove si svolge la •Wrestlingmanla', sono 90 mila; l'audience potenziale tra I telespettatori di tutto il mondo non dovrebbe essere inferiore ai 40 milioni: lo stesso, nel preciso momento in cui scrivo questo e solletico la vostra curiosità, contribuisco ad aumentarne lì numero. Ma sono un panzuto fantasioso, e sognatore, e gii d'età, e come posso sottra rmi al fascino del finto calcio in bocca? Come la maggior parte del miei forzuti coetanei tra I quaranta e cinquant'anni e poco più, quando sono certo di essere solo, la mattina porto le braccia dietro la schiena, mi ondulo tutto: stringo le dita, tiro e mi guardo allo specchio: bicipiti temi di tradurlo per esteso): é che arriva abbaiando e ballando tenendosi al guinzaglio con una catena d'acciaio, e non la consegna all'arbitro finché non ha mosso con lui qualche passo di disco music. E poi c'è quell'altro che, infortunato, chiede dov'è la sua mamma che l'ha sempre trattato bene. E spiega con Dan Peterson: «Con brodo di pollo, latte caldo e fette di pane tostato ma senza burro.. Tutti i panzoni sui cinquanta si sentono cosi nella vita vera. Non disprezzo il wrestling quindi, anche se continuo a chiamarlo •checl'. E mi fa specie che, ripensando alla lavorazione di •Ultimo tango a Parigi', Maria Schneider neghi qualsiasi coinvolgimento con Marion Brando che definisce: «Una specie di mito con la pancia'. Non sa cosa si è persa. Ei Di