I duellanti al voto di Gianfranco Piazzesi

I duellanti al voto Craxi e De Mita: i perché di una crisi I duellanti al voto Agli italiani non piacciono le crisi di governo: le considerano inutili e irritanti. Inutili perché quelli che litigano finiscono sempre per mettersi d'accordo; irritanti perché non si riesce mai a capire sia i motivi della rissa sia la natura del compromesso che ha consentito di incollare i cocci. Questa volta ci impegneremo in un tentativo non facile e di certo impopolare; cercheremo di far capire le ragioni per cui il pentapartito si è spaccato, e di spiegare che questa volta si tratta di ragioni serie. Nel 1980 De Mita diventò segretario di una de che stava perdendo rapidamente prestigio e potere perché divisa tra i fautori del preambolo, che escludevano ogni tipo di collaborazione col pei, e i nostalgici della solidarietà nazionale. De Mita trovò il punto di sintesi e di incontro nel patriottismo di partito, nella riaffermazione del principio secondo il quale la de, forte della sua maggioranza relativa, doveva essere il perno degli equilibri nazionali e il fulcro della coalizione di governo. Quattro anni prima, nel 1976, la segreteria Craxi fu espressa da un partito afflitto da una crisi diversa, ma almeno altrettanto profonda; un partito sballottato tra la Scilla democristiana e la Cariddi comunista. Craxi promise che non avrebbe ripetuto l'errore di Saragat (e dello stesso Nonni) e nemmeno quello di De Martino. Nessuna sudditanza dei socialisti alla de o al pei, anzi, il partito, da una posizione subordinata sarebbe diventato indispensabile a qualsiasi coalizione di governo. Finora tanto De Mita quanto Craxi hanno rispettato le promesse iniziali; sotto la loro guida tanto la de quanto il psi sono diventati più forti. Ma, passando di successo in successo, i due vincitori sono venuti a trovarsi sulla stessa strada. In nome della maggioranza relativa De Mita è costretto a chiedere a Craxi una subordinazione di fatto, l'unica cosa che l'altro non gli può dare. Il collante che negli ultimi quattro anni ha tenuto insieme democristiani e socialisti si chiama stato di necessità. Fresco di una sconfitta elettorale, nel 1983 De Mita fu costretto a cedere la presidenza del Consiglio. Si rassegnò con mille riserve mentali, pronto ad approfittare del primo passo falso di chi, più che un alleato, é sempre stato il suo vero concorrente. L'attesa è stata per De Mita più lunga del previsto; ma ormai il segretario rivuole Palazzo Chigi ad ogni costo, e con qualunque mezzo, prima delle elezioni politiche. Soprattutto non vuole che Craxi si presentì alle elezioni come presidente del Consiglio, anche se dimissionario. Il messaggio che intende inviare agli elettori è chiaro: la presidenza socialista è stata l'eccezione; da ora verrà ripristinata la regola secondo la quale il potere è direttamente proporzionale alla quantità del consenso. Craxi nel 1983 reclamò la presidenza del Consiglio perché ne aveva assoluto bisogno. Doveva infatti dimostrare, soprattutto in politica estera e in economia, che il suo partito si era lasciato dietro le spalle ogni residuo di massimalismo ed era in grado di offrire concrete garanzie come partito di governo. Craxi se ne è andato alla data prevista, prima del Congresso, ma ha vistosamente criticato non l'avvicendamento a Palazzo Chigi bensì il fatto che questo passaggio di consegne fosse considerato fluido e automatico come una staffetta. Sottolineando questo punto anche Craxi ha voluto lanciare un messaggio agli elettori: un governo a conduzione democristiana e uno a conduzione socialista non sono la stessa cosa. E se gli elettori non rivogliono un governo del primo tipo sanno come comportarsi. L'obiettivo che si pone De Mita, a meno di un terremoto elettorale, da nessuno previ¬ sto, non è raggiungibile nemmeno con le elezioni anticipate; tutto lascia supporre che anche nella prossima legislatura la de non potrà fare a meno di Craxi senza allearsi con i comunisti. Ma anche Craxi non può fare a meno della de: per ora, e chissà per quanto tempo ancora, mancano i numeri e le condizioni politiche per un'alternativa riformista o di sinistra. La situazione può essere sbloccata solo cambiando le regole del gioco; e difatti tanto De Mita quanto Craxi hanno proposto nuove leggi elettorali: una che favorirebbe due schieramenti alternativi imperniati su de e pei, una intesa a coagulare una terza forza socialdemocratica in posizione centrale tra i due grandi partiti. Ma per il momento al pei non piace né l'una né l'altra. Dunque una situazione bloccata? Direi, piuttosto, una situazione complessa. Non però confusa. Anche dopo la verifica elettorale è probabile che de e psi riprenderanno la collaborazione difficile. Questa volta comunque gli elettori avranno, se vogliono, la possibilità di influire sulle eccezioni e sulle regole del compromesso futuro. Gianfranco Piazzesi