Il vizio di Ricardo

Il vizio di Ricardo ECONOMIA: TORNA UN CLASSICO Il vizio di Ricardo Secondo quanto racconta nei suoi Ricordi un uomo politico inglese, Lord Brough- • ton, nel 1799 il finanziere David Ricardo, allora ventisettenne, accompagnò la moglie a curarsi nella città termale di Bath. Mentre si trovava a Bath, Ricardo, che : ptesumibilmente si annoiava, sfogliò per caso una copia de La ricchezza delle nazioni di Adam Smith e ne fu cosi affascinato da decidere di coltivare gli studi economici. E' probabile che senza questa malattia di Priscilla Ricardo, e il conseguente incontro casuale del marito con l'opera di Smith, il corso dell'Economia Politica sarebbe stato molto diverso. Pochi autori, infatti, hanno impresso il loro marchio su una disciplina con la medesima incisività di Ricardo. In economia, tutto sembra passare ittraverso Ricardo. Non solo Ricardo ha filtrato, depurato, sintetizzato il pensiero precedente; egli ha fornito altresì strumenti logici e soluzioni | concettuali tali da condizionare gli sviluppi successivi. David Ricanto: incisione di W. Holl da un dipinto di T. Phillips ' Ricardo, infatti — che fu lanche brillante e fortunato : operatore della Gty e uomo ■ politico progressista, impeI gnato con successo nell'abolizione delle leggi protezioniste ; sul commercio del grano — jicoUatò^in categorie, concettuali precisamente definite gli' I ; sptifrtJ,' talora contrastanti, :di. ! Adam Smith e dei suoi pre: decessoti, ricavandone un sistema logicamente inecccpibi; 'c- | Nella splendida dimora di ! campagna di Gatcomb, dove Ricardo scrisse quasi tutte le sue opere, il corpus fino ad allora disorganico delle discipline economiche subì una radicale trasformazione. Il particolare si trasformò lentamente in universale: i fatti «veri» presenti nelle pagine di Smith si trasformarono in fatti «stilizzati», in astrazioni. I vari tipi di lavoratori persero ,i loro caratteri distintivi, divenendo anonimamente «il lavoro», così come i redditi dei proprietari terrieri divennero «la rendita». Da allora, sia pure con notevoli eccezioni, il pensiero economico ha manifestato spiccate preferenze per un metodo che procede non tanto mediante l'osservazione della realtà quamo mediante assiomi e deduzioni da questi assiomi; un metodo ricco di promesse ma anche di rischi, ■che, dopo oltre un secolo e mezzo, e ancora alla base del pensiero «rigoroso» in economia. L'attualità di questo modo di affrontare l'economia è documentata da una nuova edizione italiana delle principali opere di Ricardo, curata da Pier Luigi Porta e •appena uscita, per i tipi della Utet, nella collana «I classici dell'economia», diletta da Giuseppe Di Nardi. Il «modello ricardiano» consiste nella rappresentazione, per l'appunto stilizzata, di una società ancora essenzialmente agricola, in fase di transizione verso l'industria; è applicabile però, mutata mulandn, a quasi ogni tipo di organizzazione sociale moderna. Sulla scena vi sono tre attori, tre classi sociali: i proprietari terrieri, gli agricoltori e i «manifattori» (e cioè conduttori dei fondi agricoli e i proprietari dei macchinari _ e del capitale circolante) e .lavoratori. . Il valore dei prodotti dipende dalla quantità di lavoro che, direttamente o indirettamente, è in essi incorporato; ■i i salari non possono stabilmente scostarsi dal livello che rappresenta il limite di sussi- ' j stenza della classe lavoratrice, definito come ciò che la das- ,M se lavoratrice stessa ritiene accettabile (e quindi, come di¬ ranno pensatori successivi, quello per cui è disposta a lottare). Ricardo, interessato alla dinamica di tale «società», non dipinge certo un quadro particolarmente ottimistico: lo sviluppo, infatti, è necessariamente lento in quanto può derivare soltanto dai miglioramenti tecnologici introdotti con l'investimento produttivo. Ogni tentativo di elevare i salari oltre il livello di sussistenza porta ad aumenti della popolazione e quindi a un aumento della domanda. Vengono quindi messe a coltura sempre nuove tene, con costi di produzione crescenti. Sale, per conseguenza, il prezzo dei prodotti agricoli, a tutto vantaggio dei proprietari dei «vecchi» e più fertili terreni, che vengono in tal modo a beneficiare della «rendita». Di fronte all'aumento dei prezzi, i lavoratori richiedono aumenti salariali, che ottengono a spese dei profitti. L'erosione dei profitti riduce gli investimenti e con essi le prospettive future di espansione. Cè quindi la possibilità che l'economia si orienti verso uno «stato stazionario», una configurazione del sistema economico-sociale che ha esercitato e continua a esercitare una potente attrattiva su molti intellettuali. Il mondo di Adam Smith, saggiamente governato dalla «mano invisibile», diviene così irriconoscibile: al posto di innumerevoli operatori che, perseguendo ciascuno il proprio interesse particolare, realizzano le migliori soluzioni possibili per tutti, troviamo tre classi sociali in competizione tra loro per la spartizione di un prodotto che aesce, nel migliore dei casi, solo lentamente. Dalla rete logica intessuta da Ricardo gli economisti non sono più riusciti a sfuggire. Pensatori tra loro agli antipodi, come Karl Marx e John Stuart M i 11, hanno pubblicamente' riconosciuto la loro' dipendenza, quanto a metodologia e concetti di base, nei confronti di Ricardo. Nell'edizione curata da Pier Luigi Porta si ha un interessante esempio di questo impianto logico: sono infatti qui tradotte per la prima volta in italiano le Note a Malthus, chiose puntuali che Ricardo fece all'opera del suo amico e antagonista, rappresentante di quella che può essere definita l'«ala perdente» del pensiero economico e che mostrano chiaramente la potenza della logica ricardiana. Si è dovuti arrivare all'epoca di Keynes e di Schumpeter perché almeno una parte delle discipline economiche tornasse ad affondare le mani nell'insieme magmatico e contraddittorio della realtà, cercando di descrivere prima di teorizzare. Schumpeter ha parlato di un dilagante «vizio ricardiano» dell'economia, intendendo con quest'espressione l'indifferenza, e in taluni casi l'insofferenza, degli economisti teorici nei confronti del mondo reale. Il «vizio ricardiano» è ancora diffusissimo, anzi appare di nuovo in crescita tra coloro che esercitano la professione di economista. E' un vizio affascinante che riassume in sé le potenzialità del ragionamento economico, ma anche i limiti di un pensiero che corre il rischio di rinchiudersi in se stesso. Mario Deagllo