«Il mio Trockij litiga con Lenin» di Emanuele Novazio
«Il mio Trockij litiga con Lenin» «Il mio Trockij litiga con Lenin» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — La settimana prossima il testo integrale apparirà, su Novy Mir. Tra poco, 11 regista Robert Sturua lo metterà in scena al teatro Vakhtanogv. Brestski mir di Michail Shatrov (la «Pace di Brest», la storia di un momento drammatico del bolscevismo nascente, dello sue lacerazioni già gravi, profonde) stupirà non pochi spettatori. Perché, per la prima volta in Urss, andranno in scena, accanto a Lenin, personaggi «proibiti», da decenni impronunciàbili o quasi: Bucharin, e soprattutto Trockij. Nella sua grande casa un po' arruffata, Shatrov scuote 11 capo gonfio di capelli bianchi: ma per far capire che, in fondo, aveva sempre creduto alla sua commedia. Anche negli anni del grande silenzio. Un avvenimento anche politico. Soprattutto politico, Michail Filippovich? «SI, perché è i) ritorno alla storia autentica. Da noi si dice "storia senza volti": ho voluto che 1 personaggi apparissero nella piena aderenza al ruolo che svolsero, alla posizione che ebbero davvero nella storia». Quando ha pensato di portare sulla scena personaggi proibiti? «Venticinque anni fa, quando avevo trent'anni. Ma ci furono difficoltà, per molto tempo si pensò che non bisognava farlo. Adesso ha vinto il buon senso». E' grazie alla sua commedia che Bucharin e Trockij, mal riabilitati, riprendono un posto legittimo nella rivoluzione bolscevica. •E' cosi, forse. Ma preferisco dire che riprendono un posto legittimo grazie a loro stessi: non li si può espellere dalla storia. Io, semplicemente, racconto il conflitto drammatico che c'è stato al tempo della rivoluzione: tra chi voleva la pace e chi no». Che significa questo fare i conti col passato? «Il passato ha lezioni enormi per il nostro presente, e ci dà la possibilità di capire in modo imparziale quanto sta accadendo oggi». Gorbaciov ha detto che «la pace di Brest è un esempio di come, sacrificando gli interessi del momento, si può realizzare una svolta storica, nel segno di interessi strategici». Nelle parole di Gorbaciov c'è un'allusione alle opposizioni che Lenin dovette superare, pei- fare la pace con la Germania. C'è anche il senso dell'opposizione a Gorbaciov stesso? «No, credo che abbia parlato di Brest soltanto per indicare che per la difesa di qualche "interesse strategico" ci si può tirare indietro, qualche volta. Aspettare. Quanto all'opposizione, non è un mistero che esistono resistenze alla perestroika. Ma non la chiamiamo opposizione: l'opposizione è un gruppo con una sua piattaforma, le proprie vedute organizzate». Lei è stato lungimirante, venticinque anni fa, occupandosi di una situazione che ora viene considerata simbolica. Che analogie ve.le tra quella situazione e quella d'oggi? «Sono cose diverse. Ma il legame ideale, certo, c'è sempre. Il giudizio, naturalmente, toccherà agli spettatori.. Nella commedia, Trockij è presentato come l'uomo che si oppose a Lenin, in quella particolare situazione. «No, è presentato come membro del Comitato Centrale, come strettissimo collaboratore di Lenin che ave- Trockij visto da Levine (Copyright N.Y. Review of Boote. Opera Mundi e per l'Italia .La Stampa.) va assunto una posizione particolare». Ma crede che sarà possibile, un giorno, mettere l'accento solo sugli aspetti positivi della sua azione? «Io sottolineo anche le sue qualità: di brillante organizzatore, di brillante oratore. Lenin parlò del non-bolscevismo di Trockij, ma non ha mai pensato che per questo bisognasse incolparlo personalmente. In ogni caso credo sia tempo di valutare seriamente tutto quanto fece Trockij. Bisogna studiarlo. Se lo tratteremo in modo più oggettivo, potremo trarne una grande lezione. Ci sono stati molti momenti negativi in lui. Molte idee che non hanno fatto bene al movimento operaio internazionale. Ma la cosa principale è ricavarne lezioni serie». Ma è tutta la cultura sovietica a vivere il dramma del passato. «Questo accade anche adesso, ma avveniva soprat¬ tutto un tempo. Il 27° Congresso ha fatto esplodere questa fortezza». Quando sarà tutto chiaro? «Molti uomini non hanno più paura del passato. Altri sono stati educati in modo diverso e vorrebbero che la storia avesse soltanto pagine gradevoli. Ma nell'appello per il 70° anniversario della rivoluzione si dice che insieme con i successi ci sono state deroghe dai principi leninisti. In quest'idea c'è già l'indicazione che non bisogna tacere niente». Proprio ieri Ligaciov ha parlato del passato, e ha invitato alla cautela, a non dipingerne soltanto gli errori. «Gli eccessi, da una parte e dall'altra, non sono una dimostrazione di forza. Ligaciov ha detto che la storia mostra che il popolo sovietico ha avuto conquiste gloriose e sconfitte amare. E lo sotto-, scrivo. Quando si vogliono soltanto le vittorie, o soltanto le sconfitte, la storia manca di spessore. In ogni vittoria ci sono i germi delle sconfitte future, e in ogni sconfitta quelli delle vittorie future». La storia sovietica deve ancora scoprire i suoi eroi? «Gli eroi ci sono stati, poi è arrivato un momento in cui sono scomparsi: non solo dalla storia, ma anche dalla vita. Devono ritornare, certo. Tutti. In ogni caso stiamo tornando alla storia priva di vuoti, in cui i ritratti di tutti i dirigenti del Paese devono essere appesi, uno di seguito all'altro: non soltanto il primo e l'ultimo, come si faceva fino a poco tempo fa. Non si può cacciare nessuno dalla storia. Non si può uccidere l'idea, non si può uccidere la conoscenza». Emanuele Novazio SHATROV PARLA DELLA SUA COMMEDIA CHE VA IN SCENA A MOSCA
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