In Germania la birra made in Cee di Fabio Galvano

In Germania la birra mode in Cee E' infondata la «legge di purezza» voluta da Guglielmo di Baviera In Germania la birra mode in Cee DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES — E' crollato un bastione della tradizione germanica, quello della purezza della birra. La Corte di Giustizia di Lussemburgo ha decretato ieri l'infondatezza di una legge tedesca — la Biersteuergesete — che reggeva da quasi cinque secoli e che di fatto bloccava il prodotto estero: la birra venduta in Germania potrà ora contenere, oltre ai quattro ingredienti classici (luppolo, malto d'orzo, acqua e lievito), anche additivi come i conservanti. E' la fine di una •guerra della birra» in cui i produttori teutonici, appellandosi alle pagine della storia, avevano finora bloccato i birrai d'oltreconfine. La legge tedesca affondava le radici in un'ordinanza del 1516, firmata da Guglielmo IV, duca di Baviera. Le malelingue dell'epoca già precisavano eie si trattava di una legge protezionistica dettata da interessi privati, poiché la maggior parte delle terre appartenenti al duca erano coltivate a orzo. Ma tant'è: salvo qualche eccezione in alcuni Lànder, quell'imposizione era tuttora fedelmente osservata. E non solo in Germania. In Grecia la -legge di purezza», che Lussemburgo ha dichiarato invalida al pari di quella tedesca, era stata importata nel 1882 dal principe Ottone di Baviera, quando fu fatto sovrano di quel Paese. La battaglia è stata lunga, ma l'avvocato generale della Corte di Giustizia, Sir Gordon Slynn, è stato irremovibile: da ieri le frontiere tedesche (e greche) sono aperte alle birre inglesi, danesi, olandesi e belghe; a chiunque, insomma, produca e venda birra nell'Europa comunitaria. Non è questione da poco, perché ne va non solo di un orgoglio tedesco in I tema di bevanda nazionale, ma anche di un immenso giro d'affari. I giudici europei non hanno accolto il ricorso tedesco basato sull'articolo 36 del Trattato di Roma (protezione della pubblica salute), osservando che gli additivi usati dai produttori degli altri Paesi Cee (e dagli stessi birrai tedeschi per il prodotto destinato all'esportazione) non rappresentano alcun pericolo; si tratta, per lo più, di conservanti come rottura di riso e di mais. Secondo l'avvocato generale, la proibizione sistematica di qualsiasi additivo, naturale o chimico, è troppo genetica. La Corte di Giustizia ha invece fatto sua quella che è, in sostanza, la tesi dell'esecutivo comunitario, basata sul principio della libera circolazione del prodotti all'interno del Mercato Comune (articolo 30 del Trattato di Roma) e su quello della concorrenza commerciale. E' prevalsa la linea cosiddetta •del Cassis di Digione», che prende il nome dalla celebre bevanda francese la quale fu al centro di un analogo caso: se un prodotto è ritenuto idoneo al consumo in uno dei Paesi della Comunità, lo è automaticamente anche negli altri. Le loro sventure potrebbero tuttavia anticipare un analogo dramma per i pastai italiani. C'è infatti un curioso parallelismo fra birra tedesca e spaghetti: la prima era protetta dalla 'legge di purezza», i secondi dalla teoria del grano duro. Ripetutamente alcuni produttori europei — soprattutto francesi — hanno cercato di esportare pasta in Italia, ma l loro tentativi sono sempre stati rintuzzati perché il prodotto offerto non ha la percentuale di grano duro senza cui, da noi, la pasta non è patta. Fabio Galvano

Persone citate: Gordon Slynn, Guglielmo Di Baviera, Guglielmo Iv