Fantasmi al Gobetti di Guido Ceronetti

Fantasmi al Gobetti UN TEATRO TORINESE SPENTO Fantasmi al Gobetti Uno che torna a Torino ogni tanro può anche domandarsi: — Chi lo sa? Avranno riaperto i} teatro Gobetti in via Rossini? — o anche: — E la Gvica d'Arte Moderna, sarà in qualche posto, finalmente? — (Un brutto posto, se nuovo, ma almeno un luogo, dove rivedere qualcosa di cui si ha nostalgia). E ancora: — Sarà possibile, oggi, giovedì, giornata lavorativa, apparentemente normale, senza scioperi di personale, fare un giro tra i quadri della Sabauda senza le solite quattro, dieci, quindici, venti sale sbarrate, non visibili, come se contenessero pitture enormemente oscene, per le quali è necessario uno speciale passaporto? — (Il biglietto, però, lo si paga sempre per l'intero, non per il poco che ti lasciano vedere). Non è chiedere dell'eccessivo... Dopotutto, una volta in funzione, queste istituzioni sono anche abbastanza redditizie. Il Gobetti, poi, e intatto, intattissimo. Lo hanno spento da quando bruciò lo Statuto, per via dell'obbligo di ignifugazione totale e delle uscite e porte di sicurezza mancanti, cose che si potrebbero fare senza spese traumatiche. Là faccenda è complicata dal progetto di allargarne lo spa zio con l'annessione di parte di un edificio a lato, su cui ci sono trattative stagnanti tra Comune e privati. Non ne so molto di più, ma mi sembra che varrebbe la pena di sve gliare, mediante uno spillóne rovente dietro la nuca, questi giocatori di scacchi presi dal sonno su una mossa del cavallo. ★ * Superfluo fare l'elogio di questa Sala XVIII secolo, ri scoperta come teatro dopo che le bombe centrarono, con mirabile precisione, buo- fia. parto .dei vecchi teatri to-( ine**? fftehi di colp»é!fPfer!\.rl |x>,'hàh','fi}rono che tónfjèffm ze, comizi di genere nobile. Ricordo una serata di passione, 17 febbraio 1947, che non finì in modo tanto nobi le. La federazione anarchica aveva affittato il Gobetti per commemorare Giordano Bruno... Non ho voglia di spiegare ai giovani chi fosse qualche professoressa di li eco gliel avrà certo già lumeggiato, e così bene da giustificare che non ne sappiano niente. Ma non era contemporaneo né emulo di Bresci. Insomma, non solo morì bruciato, ma nel 1947, in Italia, Giordano Bruno, frate dì Nola (ecco un altro pezzo di curriculum per la. soluzione del Quiz) bruciava ancora. Bruciava tanto che quella sera il Gobetti rischiò di andare a fuoco, per le vampe che uscivano dalle bocche urlanti. Bastò che l'oratore accennasse — con moderata aggressività verbale, non infondata trattandosi di un uomo (di specie rara) messo a friggere vivo in mezzo agli urlacci di una piazza romana — alla responsabilità che ebbe, nel misfatto, dato che a Roma aveva allora tutto il potere, il .secolare e lo spirituale, la Madre Chiesa: non andò più avanti. Qualcuno fece evidentemente un segnale: nella sala gremitissima c'erano più fischietti che poltrone e subito furono bordate d'inferno. I partigiani di Giordano Bruno scoprirono, con sgomento, di essere fortemente in minoranza: le associazioni cattoliche, guidate da preti in borghese, erano arrivate compatte. Avrebbero accatastato fascine in piazza Carlina per bruciarci l'oratore, in mancanza di Giordano Bruno. Il disgraziato, sul palcoscenico, gesticolava come il «povero attore» che è la vita, nel suo agitarsi inutile, nella celebre battuta del Macbeth. Non era passata neanche mezzora. Ai giovani non rimasti fino a mezzanotte in via Rossini a discutere di Tolleranza e Intolleranza, restavano aperte, nella vicina via Principe Amedeo, due ottime case di Tolleranza, pronte a gettare acqua su qualsiasi rogo. Il mio ricordo s'incupisce, a questo punto, perché ricevi ff1?feLÌMrtk minacce di pugni. AhimS, non .dai,, nemici .di-.Giordano Bruno e del bravo Oratore, ma dai suoi amici. Occorre dire che ero dalla parte del fi losofo? (Ma sì, era filosofo, Bruno). Sarà, meglio dirlo perché qualche imbecille potrebbe anche insinuare il contrario. Sceso in strada, mi metto ingenuamente a deplorare l'orribile fattaccio (non rogo, ma la Faziosità Clerica¬ le, che aveva riportato al Gobetti l'ombra sanguinosa dell'Inquisizione) con un gruppo di sconosciuti, dimostratisi devoti di Bruneri e di sicura etnia anticlericale, ma uno di loro mi agghiaccia subito: — Sta zitto tu, che eri con quelli là! — Balbetto che si sbaglia, ma ormai- tutto il gruppo arrotava i denti schiumando. Ancora quell'equivoco mi trafigge. Sono passati quarantanni esatti (trecentottantasette appena da quando a quel geniale frate napoletano i preti affumicarono la barbetta nera) ma nell'album interno la foto di quell'attimo di umiliante perdita d'identità morale per l'oscuro strabismo di un cretino, è rimasta attaccata. Se invece che a Torino nel 1947 fossimo stati a Barcellona una decina di anni prima, le milicias avrebbero avuto un'occasione di accopparmi prontamente, tra gli scheletri di alcuni Vescovi ammucchiati fuori di una chiesa, e sarei entrato,' anonimo, tra gli «atti insensati» registrati, con la tranquilla deplorazione di chi è al sicuro, dai futuri storici. ★ * Teatro di fanatismi no, non vorrei... ma teatro, semplicemente, dell'orbita dello Stabile, il Gobetti dovrebbe ripigliare ad esserlo, possibilmente tredici anni prima che un malvagio vecchio semicieco Millennio passi i poteri ad un giovane squalo nato ciechissimo e guidato esclusivamente, sulla preda da divorare, da grandi flotte di televideo-piloti. Almeno in parte, l'attività potrebbe riprendere subito, tanto per togliere dalla via quel triste alveolo vuoto. Perfino le mie marionette, se il Gobetti non gli fosse stato con durezza di pietra precluso, avrebbero potuto trovare ospitalità l'anno scorso nella sua deliziosa sala in vece di.andare a sgambettare in sedi crudelmente improprie. Adesso là ci sono dei custodi che non sanno cosa custodire, una serie di armadi con giubbe da Spettri e cappellini da Tre Sorelle utilizzati dai balletti dei fantasmi, biglietterie che danno biglietti per un Esaurito di posti vuoti e camerini alla polvere, senza la grazia di una rosa. Guido Ceronetti

Luoghi citati: Barcellona, Italia, Roma, Torino