Al ritmo di Eliot

Al ritmo di Eliot LE «OPERE», IL CRITICO E POETA Al ritmo di Eliot Quando pochi mesi dopo la motte di T.S. Eliot (1965) usci To Criticize the Critic, raccolta di saggi a cura della sua vedova, si vide che con la sua impeccabile e come sempre arguta intelligenza il grande uomo delle moderne lettere inglesi aveva anticipato, in una conferenza tenuta anni prima à Leeds e che ora da il titolo alla raccolta, le principali riserve che molti avrebbero avanzato nell'occasione di un bilancio d'insieme della sua attiviti Perché in Critica al critico Eliot rilegge le sue prose esegetiche di quasi mezzo secolo, e pur dichiarandosi tutto sommato non deluso dall'esperienza, sorride di chi ha la pretesa di inchiodarlo a certe formule come se da esse si potesse dedurre a posteriori un saldo sistema estetico. Dopo aver diviso i aitici letterari in vari gruppi — il «professionista», cronista alla Saintc-Beuve; il «critico-con-gasto», benemerito segnalatore e spesso paladino di sconosciuti, alla George Saintsbury; X«accademico o teoretico» alla W. Empson o alla I.A. Richards (o alla F.R, Leawis, in cui per altro prevalgono interessi etici); il critico, infine, «la cui attività si può definire come un sottoprodotto deua sua attività creativa» — Eliot si assegna quest'ultima categoria, della quale fecero parte Dryden, Racine, il dottor Johnson, Coleridge. * ★ Da critico, come spiega, Eliot rese sempre al meglio quando parlò di quegli autori che allo stesso tempo stava frequentando anche con l'occhio dell'artista creativo, per esempio i poeti metafisici inglesi, i drammaturghi elisabettiani «minori», l'autore della Divina Commedia; di altri non meno importanti per la sua formazione (Laforgue, Corbièrc) non ebbe mai occasione di scrivere. . Eliot fa quindi notare che il poeta nel suo progresso suptórVWJBrto punto.^Sfunl à^quejle influenza" per quanta feconda al momento l'avesse trovata; allo stesso modo, il critico e le sue valutazioni vanno collocati al tempo lóro, e non ebbero mai la presunzione di attingere a una validità assoluta. Con una punta di autodenigrazione civettuola, Eliot prosegue dichiarandosi addirittura perplesso dal significato che si vuole oggi attribuire ai suoi dimisi slogan come quello del «correlativo oggettivo», o quello della «dissociazione della sensibilità», sulla cui giusta interpretazione egli stesso si confessa indeciso. Solo in apparenza, dunque, in Critica al critico Eliot parla di un unico aspetto della sua attività: in realtà, poeta e critico in lui coesistettero, e l'evo¬ luzione dell'uno va messa in rapporto con quella dell'altro. La necessità nell'artista creativo di sperimentare una evoluzione, un rinnovo degli argomenti, Eliot l'aveva già teorizzata a proposito di Yeats, poeta che nella tarda età aveva trovato temi e strumenti espressivi affatto nuovi. E rendendo omaggio a questa capacità di rinascita del vecchio maestro di tanti, seppure non suo, Eliot certo pensava (ma, elegantemente, non lo diceva) anche alla riduttività con cui lo stesso Yeats, curatore di una personalissima antologia della moderna poesia inglese pubblicata dalla Oxford University Press nel 1936, si era praticamente rifiutato di dargli atto della sua metamorfosi. Pur prendendo in considerazione nella breve nota introduttiva gli sviluppi visibili in Mercoledì delle ceneri e nello stesso Assassinio nella cattedrale, Yeats aveva infatti perversamente, e forse un po' grettamente, insistito nel vedete in Eliot soltanto un poeta satirico («lo considero un satiro piuttosto che un poeta»), «Un Alexander Pope che lavora senza apparente immaginazione, che produce i suoi effetti mediante una ripulsa di tutti i ritmi e metafore usati dai romantici più popolari piuttosto che mediante la scoperta dei suoi, questa ripulsa dando alta sua òpera una semplicità esagerata che produce l'effetto della novità». Chi voglia rendersi conto dell'inadeguatezza di un simile giudizio (unica attenuante del quale è che Eliot non aveva ancora composto i Quattro quartetti) ripercorrendo le tappe principali della carriera dell'autore ha a disposizione un repertorio eccellente nelle Opere curate da Roberto Sanesi per Bompiani. Oltre che essere elegante e maneggevole, aggettivi frusti ma, nella recente editoria italiana, non poi così facili da applicare, il libro, di 1241 pagii ne, contiene, accanto ' «-■' uh 'buon apparito ■df sostegno'— {introduzione, cronologia, elenco di opere, bibliografia critica, note ai testi, e un'appendice sulla fortuna di Eliot in Italia, con stralci di valutazioni di vari — molto, praticamente tutto l'essenziale, del poeta; una buona scelta del critico: e il drammaturgo completo. Le poesie hanno il testo originai» a fronte, e le traduzioni sono ottime anche quando il responsabile non e Sanesi (per esempio, quella, difficilissima, dei Quattro quartetti è di Filippo Donini: già nota, e felicemente recuperata). Niente da eccepire neanche a proposito delle traduzioni del teatro di Eliot Qui è però una lacuna l'assenza di almeno qualche assaggio del testo in- glese, con cui dar conto del coraggioso e, per quanto poco seguito, non del tutto fallimentare tentativo di creare una nuova lingua poetica teatrale. Rivelatosi come drammaturgo, al pubblico e a se stesso, grazie all'imprevisto successo dell'Assassinio nella cattedrale, Eliot continuò con pièces borghesi dalle molte risonanze sottili, intessendo nella trama allusioni a Sofocle e a Euripide, e al contempo ostentando le convenzioni e qua e là l'umorismo della commedia salottiera; ed elaborando per l'occasione schemi metrici nuovi, in parte ispirati alla prosodia allitterativa delle vecchie moralità. * * L'Eliot del teatro, quello degli Anni Quaranta e Cinquanta, è l'Eliot tardo, approdato a una visione cristiana di rigenerazione dopo la morte, di riconciliazione dopo l'esperienza e la sofferenza. Questi sono i temi anche della sua poesia coeva, che tuttavia non rinnega mai del tutto il linguaggio tanto suggestivamente esploso nel 1922 con la rivelazione della Terra desolata: un linguaggio ricavato dalla giustapposizione quasi casuale di brandelli nevrotici, reperti di un immenso patrimonio culturale appena devastato da una catastrofe gigantesca. Senza rinunciare all'ironia, ai ritmi sincopati e quasi jazzistici delle prime poesie significative e, secondo Yeats, insuperate — // canto d'amore di J. Alfred Prufrock, Preludi, Bisbigli d'immortalità, Gerontìon — Eliot diventava quasi improvvisamente la voce di una civiltà antichissima e disastrata fino al punto di smarrire perfino il senso della propria tradizione, affidato ora soltanto ad affioramenti subliminali di frammenti di cultura. Dell'Eliot saggista, qui presente con un buon numero di interventi, è difficile valutare l'immenso impatto sui tempi suoi, bisognosi di orientamen-to -anche- £ef quanto riguarda 1» collocazione dei propri classici. Il critico indicò spesso quasi per primo direzioni subito dopo massicciamente imboccate dall'industria culturale, vedi il surricordato recupero dei poeti metafisici, e quello dei drammaturghi fioriti intorno a Shakespeare; altre volte tirò sassi in piccionaia, aprendo fruttuosi dibattiti, per esempio con le riserve su Milton, o sull'Amleto. Anche quando non si è più d'accordo sulle valutazioni — ma abbiamo visto come Eliot stesso mettesse le mani avanti in proposito — la prosa immancabilmente limpida, concisa, brillante, continua a emanare un persuasivo senso di auto- ntà- Masollno d'Amico

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