Ariosto e Omero all'osteria

C'è ancora un'Italia dei menestrelli, che recitano in ottava rima C'è ancora un'Italia dei menestrelli, che recitano in ottava rima Il caso di Beatrice di Pian degli Ontani, la poetessa pastora ottocentesca Ariosto e Omero all'osteria compagna l'ottava, il poeta, di solito un anziano contadino con le mani e il volto segnati da un'Intera vita di lavoro agrìcolo, non si farà pregare piti del dovuto per Intavolare, almeno per sommi capi, un quadro generale dei vari aspetti della tradizione poetica dell'ottava. Riverito e corteggiato dagli amici compaesani presenti, 11 poeta ricorderà la propria carriera e le proprie esperienze, darà un saggio delle sue composizioni più significative, vuol composte per iscritto, vuol improvvisate nel passato in qualche "gara poetica"... il poeta darà anche un saggio della sua preparazione generale, offrendo una stupefancente antologia di precise citazioni di Omero, Esiodo, Virgilio, Ovidio, Dante, Pulci, Ariosto, Tasso, Marino e altri...., Per mesi, se non per anni, Giovanni Kedch ha lavorato alla ricerca e alla documentazione di questo mondo poetico (ma quanto resisteranno ancora gli aedi dell'ottava rima?) seguendo uno stile di ricerca proveniente dagli studi antropologid anglosassoni, e il risultato è quest'ottimo libretto che ha appagato la nostra curiosità, non solamente dal punto di vista letterario ma anche etnologico e storico. IL secondo libro sull'argomento è di Paolo Bellucd: Poetessa pastora, ette ha per sottotitolo La storia e 1 canti di Beatrice di Pian degli Ontani, scoperta dal Tommaseo e amata da Ruskln (Edizioni Medicea, Firenze, 190 pagine con illustradoni, 15.000 lire). Gtà il Kezich nel lavoro dtato la indica come «una specie di caso letterario* e, dopo gli Oltoi data in convento"». Nel 1972, a Pian degli Ontani, a cura del parroco e degli abitanti di quel borgo, venne fondato un centro studi in suo nome e ora Paolo Bellucd, che in qud luoghi è nato, ce la ripropone con una meticolosa ricerca bio-bibliografica a cent'anni dalla morte. Ma quello che più arricchisce questo libretto sono sessantotto rispetti finora inediti che Bellucd ha ritrovato tra la Collezione Rossi-Cassigoli nella Biblioteca Nazionale di Firenze. Quarantuno di questi Beatrice stessa li aveva dettati a Filippo Rossi Cassigo11 il 28 marzo 1873 in Pistoia; ventisette furono trascritti da Giuseppe Tigri mentre Beatrice li cantava in casa dello stesso nel 1874. Questi versi popolari hanno conservato nel tempo purezza di lingua e fanno parte di un patrimonio culturale di tutto rispetto; oggi, certo, altri sono i mezd per comunicare sentimenti. E chi scrive lettere d'amore come questa? «Vanne lettera mia onesta e casta / Scritta di sangue e lacrime composta / Vanne dall'amor mio, parla e contrasta / Fai che gelata sia la causa nostra / Se 'sto a scrivere a Voi bella non basta / Chiedo da voi una grata risposta / Vanne lettera mia al ben ch'Io adoro / Se dimanda di me digli ch'io moro». Nella premessa a queste pagine Piero ForelH scrive: «... Potesse dar voce, lei vecchissima, all'Italia nuova, senza nulla concedere né all'arroganza d'Imbellettature straniere né all'eresia, nel senso etimologico, di mascherature dialettali». Ma anche, conclude: «Finché si sentirà U bisogno di ritornare a lei per attingere acqua rmra alle fresche polle del suoi monti e delle sue selve, questa nostra umanità potrà serbare un po' di fiducia In sé stessa». Mario Risoni Stein illustri scopritori a metà dell'Ottocento (Tommaseo, l'abate Giuliani, Francesca Alexander, Ruskin), anche Pascoli, Guerrazd, Ferdinando Martini e altri si interessarono alle ottave estemporanee della poetessa pastora che si scopri tale, come scrisse l'Alexander nel 1885: «Il giorno del suo matrimonio, secondo la vecchia abitudine del paese, un palo di poeti improvvisarono versi adatti all'occasione e quando Beatrice 11 ebbe ascoltati, improvvisamente senti in sé un potere nuovo e si mise à cantare la poesia che era nata in quel momento nel suo cuore; una volta cominciato le fu Impossibile fermarsi e continuò a cantare per un bel po', perciò tutti rimasero a bocca aperta e suo zio, che era II, disse: "Beatrice, tu m'hai gabbato! Se avessi saputo com'eri t'avrei man- H! Rosai: «Serenata» (1920), pari. «Le coeur absolu», Tavvenimento letterario di Parigi

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