Il filosofo è chiaro oscuro chi lo spiega di Luciano Genta

Un'inchiesta tra gli insegnanti: come rispondono al crescente interesse dei giovani Un'inchiesta tra gli insegnanti: come rispondono al crescente interesse dei giovani Il filosofo è chiaro oscuro chi lo spiega «romanzo di formazione». La materia è ordinata a partire da un «futuro riparatore», da un problematico approdo spazio-temporale di tolleranza e di saggezza: «Invecchiando si giudica di meno. O forse Iwlt^lfd^rio 1attocht^ì- I ventare quel che ero già». Fatti scabrosissimi vengono impudicamente affrontati come un nodo disciolto, se non dissolto. Il dolore ha ammorbidito l'arroganza e la scrittura ha siglato il vero coraggio della pietà: «miro a condensare 11 più possibile. Mi piace dire molto in poche righe. La scrittura per me è intensità e suspense, anche se racconta fatti banali». Condotto sul filo di una memoria che non s'incanta nel mito di un'infanzia vista come «spiaggia luminosa e immensa», il romanzo affonda non senza umorismo nel cuore della tragedia, uscendone rasserenato: con la pur provvisoria coscienza che nessuno sfugge «agli errori contenuti nelle ampolle' lunari deUe follie di tutti». C'è di che smarrirsi nella selva dei sentieri intricati: «il mio nonno lettone e la mia nonna russa sono ebrei I miei nonni italiani — ma in realtà sono anche un po' francesi — sono valdesi. Mia madre è valdese. Alcuni lettoni — 1 più stupidi — sono cattolici Ma è anche cattolica la zia Jo che non è affatto Intervista a Marina Jarre, autrice di «Padri lontani», un romanzo di so nella polemica sulle recensioni. L'inconscio e la razionalità stionario classifica con il più alto «Indice di professionalità» e come i più «disponibili all'Innovazione»: sviluppano correnti e concetti, al manuale affiancano la'lettura diretta del filosofi sperimentano altri strumentini verifica, test e prove scritte, lavori di ricerca individuale e di gruppo. Diversi nella didattica, gli insegnanti sono concordi sugli obiettivi da perseguire: in maggioranza Indicano la « capacità di riflessione In termini razionali (non emotivi) sui problemi della realtà e dell'esistenza» (52.1); la «disponibilità al dialogo e alla discussione» (30,4); la «comprensione critica del nostro tempo» (29,6). Pochi mettono al primo posto la «conoscenza del pensiero dei vari autori» (11,2) e la «capacità di leggere e comprendere un testo di filosofia» (6,8). La «formazione della personalità» prevale sull'apprendimento del contenuti. ? Proprio qui il rapporto rileva una «parziale incoerenza» tra obiettivi e metodi; perché la didattica rèsta «carente e alquanto tradizionale», al di là di Intenzioni e desideri. Nessuno ammetterebbe più di ridurre la storia della filosofia a nozionistico défilé di pensatori, enciclopedica galleria di ritratti o al contrario a rassegna astratta e dogmatica di idee avulse dal contesto storico. Oltre l'ottanta per cento degli intervistati'chiede programmi flessibili, «a grandi linee», per avere maggior libertà di scelta, per approfondire meno autori («meglio ■ dire mólto di uno che qualcosa di tutti») e dare più spazio e peso alla lettura delle loro opere. * * Di fatto, meno della metà usa «abbas' anza ò regolarmente» antologie e solo il 16 per cento fa leggere testi integrali. Ben il 90 per cento ritiene utile il libro di testo: il «gran rifiuto» del '68 è un ricordo rimosso (merito anche, va ricordato, dell'autonomo rinnovamento dell'editoria). Nella scelta del manuale le. «preferenze ideologiche» contano qualcosa solo per un 13,3 per cento. Fattore decisivo è la «chiarezza espositiva». E un insegnante su due lamenta che gli autori del manuali scrivano «in .modo meno chiaro dei filosofi» (un'opinione confermata da chi ha provato ad applicare ai testi più adottati la «formula di leggibilità» del Flesch). Anche 1 dati sulla valutazione confermano una «disarmonia» tra teoria e pratica, i'due terzi scelgono come fondamentale parametro di giudizio la «capacità di ra¬ gionamento» dell'allievo, ma la misurano solo «a parole», con interrogazioni orali, troppo spesso «impressionistiche». Restano sottoutilizzate (meno del 30 per cento) le prove di verifica oggettiva per la precisione lessicale e la chiarezza logica Dell'argomentare, esercitazioni che non richiedano solo di ripetere ma di rielaborare quanto si è assimilato. Salvo poi includere tra le principali difficoltà dell'Insegnamento la «ridotta capacità di astrazione» degli studenti e accorgersi che «non sanno più scrivere». (Quasi nessuno invece — altro segno dei tempi — lamenta «problemi disciplinari»). Emerge qui il limite di un'università che ai docenti ha dato una «buona formazione culturale» ma «scarsa preparazione didattica»: nessuno insegna a insegnare (un bel paradosso specie per una facoltà di Magistero). E i corsi di aggiornamento sono per ora insufficienti, «poco pratici e concreti». Nemmeno un professore su cento nonni, vive in una nuova zona di frontiera linguistica e religiosa, dove le radici antiche dei padri protestanti continuano a perpetuare austere renitenze a principi e papi. 'Padri lontani» nel tempo, per l'adolescente Jane, ma anche *4 f^i^^fkìbl^^nc&mpren- 9\ sibili e incompresi. La scrittrice conferma: «ho scelto l'aggettivo per la sua ambiguità». Ne viene fuori un'adolescenza aspra e poco armonica, egocentrica e contraddittoria. La storia vi trascorre quasi innocua, benché macini tragedie evidenti: la guerra e la Resistenza vi transitano prive di ogni rilievo epico. Dopo la guerra si apre l'ultimo stacco, il terzo del libro. E' l'età della donna che matura. «Nel '48 — annota la scrittrice — mi sono laureata, nel '49 mi sono sposata, ho insegnato lettere per quasi trent'annl e ho allevato quattro figli». L'invenzione romanzesca racconta una verità più vera: la donna che sì misura con i nodi della sua natura e della sua educazione, pagando l'assenza di storia e di radici e intrecciando la sofferenza delle figure e dei simboli ella difficoltà dei rapporti più vari, finché il «grembo d'ombra» misteriosamente s'illumina e tutto infine ha la sua ragione. «L'unica unità possibile — conclude Marina Jane — è quella che ritrovo nel mio lo». formazione pensa che la scuola «vada bene cosi», eppure la maggioranza confessa di seguire con poco interesse il dibattito sulla riforma. Alla speranza nei grandi progetti è subentrata una più empirica ricerca del cambiamento nel piccolo della propria classe. Circa l'80 per cento, anche se non ha mai fatto sperimentazione, vorrebbe provarci. Quando e se arriverà la riforma, gli insegnanti sono derisi a difendere ruolo e autonomia della loro materia. Su questo punto non ci sono divisioni Tutti chiedono più ore la settimana, «come minimo tre». Il 93,7 per cento rifiuta l'ipotesi di sostituire la filosofia con le scienze umane (una proposta avanzata dieci anni fa dal Consiglio italiano per le scienze sociali, in un libro edito da Einaudi al centro di lunghe discussioni). Potrebbe sembrare un'ovvia difesa corporativa. Ma una maggioranza ancor più ampia (96,9) respinge l'autarchia, vuole un miglior collegamento con le altre materie. Almeno la metà degli insegnanti svolge piani di studio in parte concordati con i colleghi. In primo luogo di italiano (ma è ancora una piccola minoranza a stabilire un rapporto anche con la matematica e le scienze naturali). * * In una nuova media superiore il 63,2 per cento vorrebbe estendere la filosofia al biennio (ipotesi che il rapporto definisce difficile da realizzare e «lontana dalla mente del legislatore»). E nel triennio T86.5 vorrebbe Includerla fra le materie dell'area comune, quelle che stuelleranno tutti, qualunque sia l'indirizzo prescelto, «perchè ogni sapere richiede una riflessione sui propri fondamenti». Sarebbe un vero «strappo» con la scuola di Gentile, dove la filosofia era riservata all'elite del classico, futura classe dirigente, come suggello del liceo. Gli Insegnanti sono convinti che la filosofia sia per tutti non solo «formativa» (99,6) ma anche «professionalizzante» (54,3): nella società post-industriale e Informatica, proprio le «macchine intelligenti» avranno ancor più bisogno dell'umana capacità di ragionare e scegliere. Questa opinione collima con un nuovo, crescente interesse dei giovani Le cronache degli anni '80 hanno descritto platee colme di adolescenti per ascoltare Popper o Severino. Umberto Eco, nel commentare il successo di «Cosa fanno oggi 1 filosofi», una sua idea realizzata dal Comune di Cattolica, ormai da otto armi ha scritto: «Non e stato il riflusso. E' finita la persuasione infantile che parlare di cose che non sembrano avere un rapporto immediato col presente costituisca una perdita di tempo». E l'anno scorso un «Dossier giovani» del Censis poneva In evidenza una nuova «domanda di senso», di bisogni e valori «post-materialisti». Il rapporto della Società filosofica italiana offre proposte concrete perchè la scuola faccia la sua parte. SI tratta ora di vedere se non resterà solo un titolo da aggiungersi in bibliografia. Ma per questo ci vorrebbe un ■pensiero forte», almeno in politica. Luciano Genta

Persone citate: Einaudi, Marina Jane, Marina Jarre, Popper, Umberto Eco

Luoghi citati: Comune Di Cattolica