Joyce va a Hollywood

Joyce va a Hollywood Joyce va a Hollywood ganizzato da due anziane signorine, il racconto ha un taglio squisitamente cinematografico e suggerisce esso stesso il proprio montaggio. Vi è un progressivo dilatarsi di campo, dall'ingresso un po' angusto della casa, alla sala da ballo, all'esterno di una Dublino immersa nella neve. E vi sono scene che gli americani sono sempre stati maestri nel girare: il valzer e la quadriglia, il rituale del pranzo, il discorso di prammatica del giovane nipote alle commosse e lacrimanti padrone di casa. Alcuni testi di Joyce erano già stati portati in teatro. In Italia, Piera degli Esposti aveva proposto il monologo di JOYCE arriverà sul grande schermo. A ottantanni suonati, John Huston sta girando I morti, scritto dall'autore di Ulisse nel 1905, ai tempi di Stefano eroe. Il racconto, lungo una cinquantina di pagine, chiude Gente di Dublino, ritratto affettuoso e crudele della città natale dello scrittore, nella quale il declino culturale e il provincialismo strisciante frenano la vocazione internazionale, sollecitando rimandi a un passato che, alla memoria, pare più autentico e grandioso. La scelta del regista americano (che, per girare il film, si è portato a Los Angeles i figli Tony e AnjeHca e un cast di attori tutti irlandesi) non è affatto improvvisata. Huston ha tratto sovente l'ispirazione peri suoi film dai grandi capolavori letterari, anche se non sempre con risultati straordinari. Basti pensare a Moby Dick (dal capolavoro di Melville, 1956) o a La prova del fuoco (da U rosso emblema del coraggio di Stephen Orane, 1951). Quanto a Joyce, ne conosce gli scritti fin dagli Anni Venti, allorché la madre gli regalò una copia dell'Ulisse (appena pubblicato dalla celebre libreria-editrice Shakespeare & Co. di Parigi) e la moglie glielo lesse ad alta voce. Innamorato di Joyce, del resto, è anche il figlio Tony Huston, che vegli anni dell'università si trovò Gente di Dublino fra i testi da preparare in vista della laurea. Il soggetto di I morti sembra tagliato su misura per Huston, che a ottantanni può ben fare un film sulla memoria e sul ricordo, sul passato che lascia il proprio segno sul presente e che in esso riaffiora all'improvviso, emergendo come una clastica epifania joycìana nel bel mezzo di una realtà banale e insignificante. Storia di un ricevimento natalizio or¬ MoUy Bloom aatfUlisse; e attualmente la compagnia Tieri-Lojodice sta presentando EsuU (il testo è stato con V. titolo originale Exiles, pubblicato da Studio Tesi nella traduzione di Ornella Trevisan, con introduzione di Masolino d'Amico, nel 19S5). Adesso tocca a Hollywood: un. omaggio doveroso a un maestro del No-' vecento, il cui influsso sul cinema con-, temporaneo (da quello underground newyorkese a Federico Fellini, chi suo procedere per associazioni mentoli rimanda senz'altro alla tecnica dd °fll<J~ so di coscienza») è ancora, forseM^o^ scoprire. Roggero &t*nchl

Luoghi citati: Dublino, Hollywood, Italia, Los Angeles, Parigi