Alceste, prigione di sentimenti di Giorgio Pestelli

Alceste, prigione di sentimenti Dopo molti contrasti, in scena a Genova l'opera di Gluck diretta da Oren Alceste, prigione di sentimenti L'apparato di Arnaldo Pomodoro dà allo spettacolo un senso di religiosa severità - Il regista Puecher ama gli spazi chiusi: blocca i suoi personaggi in una gestualità rituale e allusiva Silvia Mosca (che ha sostituito la Ricciarelli) ha cominciato con timore ma si è rinfrancata GENOVA — Dopo un percorso accidentato, \'Alceste di Gluck diretta, da Daniel Oren e Virginio Puecher, con scene e costumi di' Arnaldo Pomodoro, è stata varata con un lieto successo sulle scene del Margherita. Una mina magnetica, in realta, e stata ancora segnalata a spettacolo appena avviato, con la voce di una bomba terrorista In guardaroba; ma, per fortuna, tutto si è risolto con un intervallo supplementare di mezz'ora per i controlli di rito, e Io spettacolo si è concluso si all'una di notte, ma felicemente, salutato da unanimi consensi. il Teatro Comunale dell'Opera ha fatto le cose con grande impegno culturale (cominciando dal convegno internazionale di studi diretto da Paolo Oallarati sulV'Alceste di Gluck e Giacomo Durazzo nobiluomo genovese a Vienna»): ha affidato l'allestimento scenico ad Arnaldo Pomodoro, riprendendo la feconda prassi introdotta da Guido M. Gatti al Teatro di Torino e poi al Maggio Fiorentino di attirare alla scenografia pittori o scultori di fama, anziché scenografi di professione. In tali casi. 11 problema è vedere se 11 mondo personale dell'artista Ingrana in qualche modo con il respiro scenico dell'opera prescelta; nella Semiramide di Rossini allestita da Pomodoro a Roma qualche anno fa le due cose, ad esemplo, se ne stavano ognuna per conto suo; neìl'Alceste di Oenova no, la complementarità o quanto meno l'intreccio fra i due mondi avviene, e si salda in alcuni momenti di intensa suggestione. Lo spettacolo è fortemente unitario, costruito, e penetra nella coscienza dello spettatore lasciandogli un senso di religiosa severità. La concezione scenica di Pomodoro non ha potuto manifestare tutte le sue possibilità, come si è saputo, perché la macchina che doveva muoverla non era compatibile con le strutture del teatro; scene dunque non così mobili come dovevano, ma tuttavia bastanti a far capire le linee della ricerca di Pomodoro. In un costante grigio plumbeo, lo spazio è definito da tre grandi aste orizzontali divise in pannelli dalle tipiche spaccature e tumescenze pomodoriane; in una struttura cosi intricata, i personaggi si muovono e si aggirano con sforzo, come oppressi dalla cappa che grava su di loro, astretti dai mille lacci imposti dal cielo e dal cuore (patti con gU dei. affetti familiari che si moltiplicano come tentacoli in chi cerca di lacerarli). Bella l'idea di far uscire Admeto o Alceste, sacri alla morte,.da nicchie, come richiamandoli in vita da un'urna; il senso di una linea di confine tra la vita e la morte è aumentato dall'impronta organica e naturale dell'osso di seppia, dominante nei costumi del coro (-che è anche un mio omaggio a Montale e alla Liguria; ha detto Pomodoro). Daniel Oren ha fatto capire fin dalle prime note dell'ouverture 1 due poli della rigorosa invenzione musicale: severità di squadro, terrore, tragedia imminente e, per antitesi, sensibilità di semitoni, carezzevoli terzine; con le sue lunghe braccia, che nel gesto direttoriale sembrano arrivare fino al palcoscenico, ha fatto un buon lavoro di pulitura sull'orchestra, ottenendo di più nella diffusa, stemperata elegia che nella terribile grandiosità. Un'impostazione che esalta, su tutti, la figura di Alceste, secondo le intenzioni di Gluck e Calzabigi che ne fanno un monumento alla virtù e all'amore coniugale (mentre in Euripide si celebra piuttosto l'ospi¬ talità, la cortesia ad ogni costo): la protagonista dello spettacolo genovese. Silvia Mosca (subentrata alla rinuncia di Katla Ricciarelli) ha cominciato con comprensibile timore, ma si è rinfrancata via via; In ogni caso, 11 suo stile di canto, il suo timbro ombreggiato la rendono più adatta all'Intimità quasi schubertlana di «Non vi turbate, no, pietosi Dei. che alla vibrante sfida di -Ombre, larve, compagne di morte». A Puecher piacciono gli spazi chiusi (come testimoniò il mai dimenticato Giro di vite di Britten alla Piccola Scala): e 11 dentro blocca i personaggi con una gestualità rituale e allusiva; fra tanto rigore spicca l'apparizione risolutiva di Apollo, come aereo cerchio luminoso cui risponde, in un altro cerchio, l'Immagine di Alceste restituita ai suoi. Maurizio Frusoni è un convincente Admeto; ma forse il più a suo agio, per timbro stilistico e chiarissima pronuncia, è Ernesto Palaci o come Evandro; Alessandro Corbelli è il vigoroso Sacerdote di Apollo, Francesca Francl è Ismene, Bernardo Dibagno l'oracolo; incisivo e autorevole 11 Banditore, poi Apollo, impersonato ' da Lucio Gallo. Altro protagonista dell'Alceste è il coro, che condensa la «grecità» di Gluck come nessun riformatore del '700 aveva saputo fare: Marco Facili lo ha bene istruito, modellandolo secondo le varie esigenze di stupefazione, conforto e guida. Giorgio Pestelli

Luoghi citati: Genova, Liguria, Roma, Vienna