Dalle stelle all'Aids

Dalle stelle all'Aids Dalle stelle all'Aids SERGIO QUINZIO Malgrado i più nobili sentimenti di partecipazione umana per i colpiti o minacciati dalla malattia, l'Aids è obiettivamente, per qualcuno, un affare colossale, un'insperata manna. Anzitutto per i fabbricanti di profilattici. Il preservativo, oggetto che fino a poco fa non godeva di altissima considerazione, ha fatto una splendida carriera. E' assurto improvvisamente al ruolo di emblema della razionalità, di salvatore dell'umanità dallo spettro della «peste del Duemila». Sui banconi delle farmacie fanno bella mostra di sé montagne di confezioni variopinte del celebrato prodotto. Tra le varie proprietà e benemerenze tecniche pubblicizzate per i diversi tipi e le diverse marche, uno slogan è riuscito a sorprendermi, manifestando così la sua efficacia: «Più spermicida». «Spermicida» fa pensare a «omicida», e a «insetticida». L'Aids si trasmette attraverso il sangue e lo sperma, gli elementi più intimamente legati alla vita, che per le antiche culture erano' caricati di intenso significato sacro. L'Aids è una malattia che tocca le radici della vita. Per tante, e tristemente valide ragioni, la vita non è più la benedizione che era un tempo, il tempo in cui Dio disse ad Abramo angosciato di non avere discendenza: "-Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle. E soggiunse: tale sarà la tua discendenza». Noi non guardiamo il cielo e non contiamo le stelle: per queste cose abbiamo gli astronomi. E credo sia difficile dard torto se non riponiamo più le nostre magre speranze nei discendenti. Abbiamo purtroppo delle collaudate ragioni per non farlo. Ma bisognerebbe avere il coraggio di riconoscere che percorrendo questa ragionevole strada siamo giunti al punto di tagliare le radici della vita. Noi pratichiamo su scala scientifica e industriale lo «spcrmiddio». Nei lombi di Abramo che riceveva la benedizione di Dio, dice la tradizione ebraica, erano presenti tutti coloro che in tutte le generazioni successive da lui sarebbero nati. La vita degli antichi patriarchi, la loro identità più vera, era sentita pulsare nelle profondità del corpo, dove matura il seme, e con il seme che si perpetua una forma di concreta immortalità. Noi non abbiamo niente da trasmettere, e quindi non abbiamo per lo più nessun vero desiderio di continuità nei figli. La parola «spermicida», la lode tributata al preservativo «più spermicida», dimostra un'indifferenza alla vita che è più radicale di qualunque rifiuto. Il seme umano è trattato alla stregua di un brulicare di insetti fastidiosi e repellenti da sterminare. Nello slogan non c'è niente che assomigli a una cautela igienica, misera anche se considerata necessaria, ma c'è l'orgoglio di un successo chimico: tutti «morti stecchiti», come annuncia trionfalmente la pubblicità degli inserticidi. Non aedo che un atteggiamento del genere sia innocente, mi pare impossibile che possa davvero accompagnarsi con il rispetto proclamato per altre forme di vita, sospetto che sia strettamente imparentato con l'amore della morte. J