Milano processa la «mala» di Susanna Marzolla

Milano processa la «mala» Prima udienza al clan dei catanesi: centoventidue imputati Milano processa la «mala» Trecentouno capi d'accusa con quarantaquattro omicidi - L'ascesa del «Tebano» dopo l'eliminazione- di Turatello - Nell'84 l'arresto, il pentimento e la fine della banda che controllava bische, droga, racket - Ieri non si è presentato in aula - Fra gli imputati anche due funzionari di polizia milano — Centoventidue imputati di cui 56 detenuti; 301 capi di imputazione, 44 omicidi: sono i numeri del processo cominciato ieri nell'aula-bunker, di fronte al carcere di San Vittore. Costruita all'epoca del grandi processi per terrorismo ospita adesso il primo dibattimento contro la malavita organizzata di Milano. Divisi nelle gabbie dell'aula capi clan e semplici gregari, sicari professionisti, spacciatori di droga, rapinatori. A portarli dietro le sbarre, le confessioni di quello che per molti di loro è stato il capo indiscusso: Angelo Epaminonda, 42 anni, detto il Tebano. Era stato arrestato nel settembre del 1984 dopo anni di latitanza e al termine di un'ascesa continua ai •vertici» della malavita milanese. Lo avevano preso, grazie alla confessione di un suo complice fermato a Torino, in un elegante appartamento di San Biro trasformato in raffineria di cocaina. Due mesi di carcere, poi, il 19 novembre la «storica- decisione: collaborare con gli inquirenti, diventare un pentito. Mesi di interrogatori dai quali esce un ritratto della Milano della mala, che sarà ripercorso dalla corte. Ieri Epaminonda era assente, anche se ha fatto sapere che non si sottrarrà all'interrogatorio e al confronto con le decine di persone che accusa. Assenti anche altri nomi di rilievo, come. Oraziano Meslna che in questo processo entra però solo per un episodio: l'incursione, nel '76, al «Brera brlnge». Episodio incruento ma tutt'altro che marginale: segna infatti l'ingresso in grande stile di Francis Turatello, a quell'epoca il personaggio numero uno della malavita milanese, nel mondo delle bische. Il «Brera» era forse la più nota casa da gioco — clandestina — di Milano: Tu rateilo vi entrò armi in pugno per convincere i presenti a frequentare il suo circolo «Amici della pittura». Al suo fianco, proprio Epaminonda: quel giovane grintoso che, venuto su da Catania «con le pezze al sedere., si stava facendo rapidamente strada. Con Turatello, Epaminonda sali molti gradini, fino a che, nel '79, decise che era tempo di diventare non solo indipendente, ma di subentrare al suo capo, in carcere da due anni. L'omicidio di Francesco Calafiori, avvocato che aveva l'incarico di riscuotere per Turatello gli incassi delle bische, segnò la svolta. Fu quindi lo stesso Epaminonda ad ordinare l'esecuzione di Turatello nel carcere di Nuoro? n -Tebano» lo ha sempre negato, anche se, tra gli imputati di questo processo, ci sono due degli assassini: Antonino Faro e Vincenzo Andraus, recentemente iscrittosi al partito radicale. Ieri Faro c'era, da solo in una gabbia; Andraus no: assieme ad altri quattro aveva rifiutato le perquisizioni intime previste per gli imputati detenuti, prima dell'ingresso in aula. Necessarie queste perquisizioni? Sull'argomento sono iniziate le eccezioni preliminari, ma il pubblico ministero, Francesco Di Maggio, non ha dubbi: «Voglio ricordare che proprio sabato scorso l'imputato Antonino Marano ha tentato di uccidere un altro rinviato a giudizio. Santo Mazzei: lo ha ferito durante l'ora d'aria, nel carcere di San Vittore: Marano era presente, rinchiuso da solo nell'ultima gabbia, tra un nugolo di carabinieri. Le ragioni di sicurezza sembra abbiano spinto ad isolare anche i fratelli Salvatore e Gaetano Mirabella, rivali di Epaminonda per l'eliminazione di un terzo fratello, Rosario. Una rivalità che ha radici lontane, da quando Salvatore Mirabella sfregiò il «Tebano» durante un processo per sequestri di persona. Ma non solo i rivali ha accusato Epaminonda: sono soprattutto 1 componenti la sua banda. Come quelli che lui chiama gli «indiani» il cui esclusivo compito era quello di uccidere, per i più svariati motivi: eliminare concorrenti nello spaccio di cocaina, autentico monopolio della «banda dei catanesi» di Epaminonda, o nella gestione delle bische; vendicare uno sgarro; punire chi non pagava i debiti. Uno di questi «indiani», Illuminato Asero, è accusato di diciannove omicidi; un altro, Sal¬ vatore Palladino, di 16. E 17 sono l delitti in cui Epaminonda è direttamente implicato. La catena degli omicidi comincia nel '76 con un gregario di secondo plano, Gennaro Mastrangelo, e va avanti con Lia Zenari, ex donna di Turatello a cui diede un figlio, con personaggi della mala come Osvaldo Perfetti, Nello Pernice, Giuseppe Spedicato. Continua con la «strage del Lorenteggio» in cui furono uccisi tre rapinatori che avevano avuto l'infelice idea di svaligiare proprio una bisca di Epaminonda (e con loro venne assassinato un ignaro benzinaio) e si conclude con un'altra strage, nel giugno dell'84: tre uccisi con un colpo alla nuca in un campo alla periferia di Milano. Oltre che sugli omicidi Epaminonda ha detto molte cose su come era organizzato il mondo del crimine e su come era protetto. Tra gli imputati ci sono infatti funzionari di polizia, come l'ex capo della squadra mòbile di Pavia, Ettore Filippi, e l'ex maresciallo Ennio Gregolin. Anche_ loro sono tra 1 protagonisti del processo che, per questa prima giornata, hanno preferito non farsi vedere. Susanna Marzolla Milano. Una panoramica dell'aula-bunker di piazza Filangieri, dove s'è iniziato il maxiprocesso

Luoghi citati: Catania, Milano, Nuoro, Pavia, Torino