«Non assumo mafiosi all'Usl» di Francesco Santini

«Non assumo mafiosi all'Usi» A Locri FAntimaf ia mette il naso negli armadi dell'Unità sanitaria più discussa della Calabria «Non assumo mafiosi all'Usi» Il presidente dell'ente giura sulla sua gestione: «Qui non c'è il dominio dei clan, questa è una casa di vetro» - Il giudice Macrì: «La verità è che lo Stato ha rinunciato a un pezzo del suo territorio» dal nostro inviato LOCRI — Arriva, in Calabria, la risposta dello Stato. Libero accesso, per gli uomini dell'antimafia, nell'Unità sanitaria locale numero 28. Camion di documenti, armadi metallici, sigilli E' questione di ore. E il suo presidente, Natale Marando, dichiara: «io non sono un mafioso, ma qui, in Calabria, s'è perso il gusto della politica: Siamo a Locri, sulla costa ionica, a cento chilometri dal capoluogo. Le cosche che contano sono quelle dei Cataldo, del Nirta, dei Barbaro. Ma il presidente Marando è categorico: «La Usi 28 non è dominio dei clan: quanto ai boss Cataldo, non so chi siano*. Marando ha modi gentili. Un caffè, una sigaretta, poi spiega: «Ho soltanto rapporti politici con gli amici del consigliere Bruno Napoli che mi ha preceduto su questa poltrona. Napoli si rifa al ceppo di Ligato, il presidente delle Ferrovie. Quanto a me non ho assunto figli di mafiosi, non ho acquistato mobili o sedie ortopediche dal figlio di Ligato che se ne sta a Roma e, di certo, da presidente delle Ferrovie, ha altro da pensare, sema il bisogno dei piccoli affari». Il geometra Marando, 38 anni, è anche sindaco di Piati. Il suo predecessore, in Comune, fu assassinato. Era l'inverno dell'85. Rientrava a casa con la figlia. Un commando ordinò alla ragazza di lasciare l'automobile e per Di Maio fu la fine. Marando allarga le braccia: non nega l'esistenza della mafia, fa capire che sulla ionica accade anche questo. Lungo la statale 106 che corre tra la ferrovia e il mare, la luce dello Ionio riesce a cancellare anche Locri, ultimo Bronx meridionale di mafia e di clan, di abusivismo e di esplosioni notturne, d'omicidi, d'intimidazioni, di ingenuità sorprendenti. Cosi Marando riesce a dire che «tutto è a posto», che «l'antimafia e i suoi controllori s'accomodino pure'. Tace 1 provvedimenti giudiziari che hanno colpito per associazione mafiosa con i Cataldo, 11 segretario della Clsl Tedesco: hanno imposto all'interno dell'ospedale un magazzino di vendita e di forniture mediche in un intreccio oscuro che lega un politico della zona. Non parla, Marando, della delibera che ha accolto tra 1 millecinquecento dipendenti della UbI 28, l'assunzione di alcuni figli del boss locali; non dice nulla degli spot televisivi e degli opuscoli commissionati ad una sconosciuta ditta •Flncotex». Lui appare tranquillo: 'Una casa di vetro», afferma e si guarda intorno. L'ospedale è in fondo alla strada sterrata. Ha dimensioni gigantesche. Trecentocinquanta posti-letto, millecinquecento dipendenti su sedicimila abitanti di Locri. Il passaggio delle ambulanze è interdetto dal grande parcheggio che s'apre dinanzi al pronto soccorso. L'edificio è già vecchio: marmi sbrecciati, pozzanghere sul piazzali. medici e infermieri senza camici. L'ospedale, tra gli abitanti di Locri, è chiamato «la fabbrica», l'unica del paese, ma, come spiega il presidente, «con quarantacinque miliardi di bilancio ogni anno, tolti gli stipendi, il vitto e quel po' di materiale sanitario, resta ben poco: La giunta regionale della Calabria, con una sua delibera ha chiesto di sciogliere, per motivi d'ordine pubblico, i comitati di gestione delle Usi compromesse. Marando ha la risposta pronta: «Io non ho conti in sospeso, mai — afferma — sono stato interrogato da un magistrato. C'è la storia delle assunzioni dei medici fiscali, ma nulla di grave ed anche la cooperativa di vendita, un'eredità del vecchio commissario: Poi aggiunge: 'Quando sono stato rieletto, mi sono domandato se era il caso di tornare su questa poltrona alla Usi 28. Ora eccomi qui, con la coscienza tranquilla, mentre tutto tende a criminalizzarci: antimafia, giudici, classe politica. Io dico ai magistrati: Andate a vedere all'interno dei gruppi di Ligato che, se non ha più l'immunità parlamentare, è un uomo onesto e mantiene i patti'. Ecco, nella piazza più importante di Locri invasa dal sole, l'edificio della procura. Una palazzina bassa, dedicata a Zaleuco, locrese, primo legislatore del mondo occidentale, come si legge nella bella targa in marmo del plano terreno. E' qui che lavora il dottor Carlo Macrt, 42 anni, sostituto procuratore, lucido e disperato, ultimo avamposto della ' legge di uno Stato 'Che ha rinunciato a un pezzo del suo territorio. Qui — dice il sostituto Macrt — la mafia è inattaccabile ed io, da solo, posso fare molto poco: basta dire che in sei anni, mai ho visto a Locri il prefetto o l'alto commissario per il fenomeno contro la mafia: Ventiquattro sequestri dal 1980 con 1 funzionari di polizia che non vogliono venire a vivere a Locri. « Un ufficiale dell'Arma — afferma — pur di non vivere in questa terra di delitti, s'è dimesso dai carabinieri. Non esiste una squadra mobile. Le carenze della polizia giudiziaria sono incolmabili. Nulla sa la Guardia di Finanza. E' zero, in città, la polizia di Stato: tutto è lasciato alla buona volontà di qualche vecchio sottufficiale che sente ancora di dover servire lo Stato: n territorio è vastissimo: da Palizzi Marina a Monasterace, lungo la costa, e all'interno il crinale ionico dell'Aspromonte. Il clan Catal¬ do domina 11 circondario: una federazione di cosche che si divide il territorio. Ventiquattro sequestri dal 1980, un numero non precisato di omicidi. C'era, un tempo, un boss indiscusso. Era Antonio Macrt di Siderno, ma fu abbattuto il 17 gennaio del '75. Macrt era contro la droga e contro i sequestri. Si accontentava del contrabbando. Le nuove leve della criminalità, lasciato il traffico delle sigarette, si sono date alla droga. Tutto fa capo a Marina di Gioiosa. La costa non consente approdi facili tra Reggio e Crotone. Emerge 11 clan dei Mazzaferro, condannato a Torino per stupefacenti Cede quindi il passo al Cataldo. Il magistrato è sconsolato. Le famiglie calabresi, racconta, hanno referenti dappertutto. Se i cutollani di Napoli sono alleati, a Reggio Calabria, con i De Stefano, 1 clan della Locride gravitano su Palermo, con i La Barbera e i Di Cristina. E le basi arrivano piti lontano, anche a Roma. I contatti raggiungono don Pippo Calò, 11 cassiere della mafia, processato a Palermo nel maxidibattimento contro le cosche. Francesco Santini