Silenzio, Huston gira Joyce

Silenzio, Huston gira Joyce 1 1 ' ™ ' ' 1 N INCONTRO IN CALIFORNIA CON IL GRANDE REGISTA SUL SET DI «I MORTI» Silenzio, Huston gira Joyce 1 1 ' ™ ' ' 1 N «Quando mi hanno proposto di trarre un film dai "Racconti di Dublino" ho detto di sì, subito» - «Joyce sta all'Irlanda come Cecov alla Russia» - «E' stato l'autore più decisivo della mia vita: P "Ulisse" ha aperto la finestra, e la luce è entrata» -1 consigli del maestro, scena dopo scena - La pellicola pronta a maggio NOSTRO SERVIZIO VALENCIA — Siamo a Valencia, nella Volley, a un'ora di macchina da Los Angeles. Il capannone 24843, nella zona industriale, è diventato uno stabilimento cinematografico. Sopra, gli uffici di produzione; sotto, il set. Al centro del quale una folla di falegnami erige i muri di una casa borghese della Dublino primi del secolo. Accanto, pareti divisorie, appendiabiti, tavolini da campeggio, sedie pieghevoli. In meno di un'ora, tutto questo si trasformerà in camerini per gli attori, sala trucco e costumi. John Huston dà il primo giro di manovella al suo nuovo film / morii, da un racconto — sessanta pagine — di James Joyce tratto dai Racconti di Dublino e adattato dallo stesso Huston e dal figlio Tony, con Anjelica Huston come vedette. In una sala al primo piano, gli attori, in jeans e maglietta polo, provano una quadriglia. Sono tutti irlandesi, da Donald McCann (che ha fatto Godot con Peter OToole) a Kate OToole (proprio la figlia), passando per Anjelica Huston, che e cresciuta con il padre nella contea di Galway e parla.senza ombra d'accento «straniero». La scena è costruita in due sezioni: da una parte il piano terreno, praticamente finito. Una casa borghese, tutta pannelli di legno e tappezzerie, con un atrio, un ingresso e una scala tronca che finisce sul vuoto. Raccordo con la scena vicina, il primo piano della casa: un altro pezzo di scalai che parte dal nulla. e sbocca sul pianerottolo, sul quale si affacciano una stanza da bagno (vasca e lavandini sono già montati), la sala da pranzo (la tavola è preparata, manca ancora l'argenteria) e il salone - sala di musica • sala da ballo. Su un lato, una rampa d'accesso. Importantissima: John Huston, che soffre di enfisema, si sposta quasi sempre su una sedia a rotelle, con la bomboletta d'ossigeno a portata di mano. Tony Huston è sulla quarantina, terribilmente inglese. Il suo primo ricordo del cinema? «Gregory Peck, risponde, con una gamba sola, abbarbicato a una montagna di gomma bianca, un arpione in mano, una squadra di pompieri che lo inondava d'acqua, e lui che gridando affondava l'arpione nella gomma. Avevo tre anni, mio padre girava Moby Dick.;. L'incontro con James Joyce? «Fu Pómes Penyeach, che avevo comprato per sei pence, o forse uno scellino, non so più. Quando, emigrammo in Irlanda convinsi mio padre a collezionare vecchi libri, soprattutto quelli di autori irlandesi: Yates, Synge, O'Casey e naturalmente Joyce. E poi, i Racconti di Dublino erano compresi nel mio programma della maturità». n metodo di lavoro di John Huston è semplice. Poiché ritiene che buona parte della regia consiste nella scelta degli attori, quando ha formato la troupe per un po' le lascia la briglia sciolta. Provano tra loro, dando cosi la loro idea della scena. Poi Tony e Tommy Shaw, suo primo assistente — una faccia sanguigna alla Hemingway — ne i fanno 'l'allestimento^ una voi-; ta finita la presentano al mae- stro, che riparte da zero. E' mezzogiorno, John Huston arriva. I due produttori gli si fanno incontro. Chris Sievernich ha prodotto fra l'altro Paris, Texas di Wim Wenders; Wieland SchultzKeil era. stato coproduttore di Sono il vulcano. Accompagnano Huston davanti alla facciata della casa; lui la esamina con attenzione. I martelli smettono di picchiare, tutti tacciono, pendono dalle sue labbra. La facciata è una riproduzione esatta di quella di una casa di Dublino che lui conosce. Gli estemi che dovranno essere girati in Irlanda riguardano proprio quella casa e quella facciata. Attimi d'attesa, poi lui approva con un cenno del capo. Gli attori sono pronti. John Huston viene portato ai piedi | del! a scala, d a vari ti alla, porta d'ella cantina. Può controllare ni . -J. , la porta d'ingresso, l'atrio, il guardaroba. La scena è quella dell'arrivo dei primi ospiti. Tre ragazze e due giovani. Li accoglie la servetta: «Il guardaroba delle signore è di sopra», dice, e le annuncia. Poi accompagna gli uomini, proprio alla sinistra di Huston. «Grazie», dice lui. Huston ringrazia sempre gli attori. «Posso rivederla, per favore?». Gli attori si rimettono in posizione. Le ragazze entrano, la cameriera le accoglie. «Un momento, per favore. Che vestiti avranno? Delle cappe? Impiegheranno molto di più a togliersele. Benissimo, grazie. Andate avanti, prego». La servetta porta gli uomini al loro guardaroba. Di sopra, le donne chiacchierano. «Un attimo, per favore». Tutti si fermano. «Gli uomini non salgono? A che punto escono dal guardaroba?». Regola la cadenza: uscita dal guardaroba, percorso delle scale. La scena è ripresa, Anjelica posa la giacca di piumino sulle ginocchia del padre. «E' tipico dei suoi sistemi, dice. Con lui non si discute mai sulle motivazioni del personaggio. Tu fai il tuo lavoro, lui sta a guardare, fa il suo. E' un minimalista. Punta subito il dito su quello che va fatto, e le cose vanno a posto da sole». La scena ha preso la piega giusta. «Benissimo, vi ringrazio». John Huston si china verso il direttore della fotografia, Fred Murphy, che è giovanissimo. «Come vede la luce?». E Murphy: «Buio ma non troppo. Che si riesca a vedere». E propone: «Un cerchio di luce nell'ingresso, qualche raggio dal lampione a gas sulla strada, e il resto dal primo pia■no». Un attimo di silenzio. «Bene, grazie». "TTr ■ : In gioventù ha conosciuto James Joyce? «No, ma indubbiamente è stato l'autore più decisivo della mia vita. Ulisse ha aperto la finestra, e la luce è entrata. E' il suo primo libro che ho letto. Mia madre me ne aveva portata un'edizione della Shakespeare Press di Parigi. Avevo ventun anni, mi ero appena sposato... E' stata mia moglie a leggermi Ulisse ad alta voce. Ne ho avuto un'impressione enorme. Ho voluto leggere tutto Joyce. Prima e dopo /Ulisse, dai Racconti di Dublino a Finnegan's Wake, che non capisco completamente. Ma non sempre occorre capire tutto. Lo stile dei Racconti di Dublino è di una chiarezza assoluta, è limpido. I racconti di Joyce stanno all'Irlanda come quelli di Cecov stanno alla Russia. Mi sorprenderebbe sapere che Joyce non è stato influenzato da Cecov. Mi pare anzi che egli stesso lo dica, da qualche parte». Il nome di Huston è già in qualche modo accostato a quello di James Joyce. L'architetto che aveva restaurato la sua casa di Galway era proprietario di un terreno sul quale sorgeva la torre di Martello, della quale Joyce parla. «E' per la scala di quella torre che saliva Buck Mulligan, dice. Del resto ho conosciuto bene Olivier Saint John Gogarly, che è il vero Mulligan e che chiamava Joyce "il Dante di Dublino"». Huston e l'architetto prendono l'iniziativa di trasformarla; la presidenza del comitato viene offerta a Huston, che rifiuta. «Mi sembrava scorretto, spiega, che quella presidenza fosse esercitata da un americano; spettava a un irlandese. Tutti hanno conve¬ nuto con me, con grande sollievo loro e mio. Ma per ringraziarmi del ruolo che avevo avuto nella creazione del museo, mi hanno regalalo la seconda fusione della maschera mortuaria di Joyce. Un pezzo rarissimo, che ho dato a Tony». n giorno successivo, Huston e sul set prestissimo. Sono arrivati i costumi, gli attori si vestono sotto lo sguardo penetrante di Dorothy Jeakins, amica di Alexandre Trauner, la creatrice dei costumi di dodici film di Huston. Abiti sontuosi, usciti da musei o soffitte. C'è un corpetto in pizzo: è di Dorothy Jeakins, che lo portava oltre cinquantanni fa, quando era una ragazza. Non lo aveva mai riesumato. E lo scenografo impresta per il film la sua casa delle bambole vittoriana, un pezzo unico. Huston passa tutti in rassegna, non gli sfugge neppure un dettaglio: «I guanti mi sembrano una nota stonata». «Troppo ruvidi», mormora Dorothy Jeakins. Via i guanti. «A che pettinatura pensa per Lili, la servetta?». Il parrucchiere si precipita: «Forse uno chignon sulla nuca?». Huston riflette. «Delle trecce? Si portavano le trecce a quell'epoca?». Il parrucchiere risponde: «Credo solo per dormire». Ma va a controllare. Passa Tommy Shaw: «Allora, queste trecce?». E Huston: «Non siamo ancora sicuri». Torna il parrucchiere: niente trecce, dice. Huston riflette: «Forse uno chignon molto tirato e una frangetta arricciata, come se spuntasse da un berretto?». Nella sala da ballo al primo piano, più tardi. John Huston esamina con attenzione la scena. Vorrebbg aggiungere Il regista John Huston: «Punta una dimensione in più, magari dei ricordini, dei soprammobili sui quali la cinepresa potrebbe soffermarsi durante una delle sequenze al piano. Scambia ricordi dell'Irlanda con Marie Kean, che ha fatto la parte della madre di Barry Lyndon. Entrambi hanno conosciuto bene Nora FitzGerald e John, quello che gestiva il Red Bank, quel pub dove per tradizione i padri portavano i figli per insegnar loro a mangiare le ostriche. Oggi il Red Bank non c'è più, al suo posto c'è una chiesa. Ma Marie Kean ha assistito all'ultimo banchetto: durò due giorni. Huston. le. racconta di,uno dei più bei regali che abbia mai ricevuto, due bottiglie di Porto. Ne aveva regalato un fusto a un amico per festeggiare la nascita del primo figlio, com'è tradizione. L'amico ebbe un rovescio economico, dovette vendere a poco a poco il porto per pagare gli studi del figlio. E questi fece un viaggio soltanto per portare a Huston le due ultime bottiglie. In un angolo, il regista Karel Reisz (quello di La donna del tenente francese) osserva tutto. La sua presenza è richiesta dalle società assicuratrici, che, preoccupate per le condizioni di salute di Huston, hanno accettato, di. assi. 1 '.' . »H HiiT.i i .] curare il film soltanto se ci fosse stato un regista di fama pronto a sostituirlo e a finire la lavorazione. Perché ha aspettato tanto per portare sullo schermo un'opera di Joyce? «Da molto tempo, risponde Huston, volevo fare un film sui Morti. Ma non è precisamente quella che si chiama un'operazione commerciale. Se guadagnano anche, tanto meglio. Ma io fanno per amore. Quando Wieland Schultz-Kiel si è messo in contatto con me per girare I morti, ho detto di sì. Subito». La pellicola sarà pronta a maggi0- Henri Béhar Copyright di «Le Monde» . c psr l'Italia di «La Stampa» ■ ——i e i . James Joyce visto da Levine (Copyright ri V. Review of Books. Opera Mundi e per lltalla .La Stampa.) gista John Huston: «Punta subito il dito su quello che va fatto, e le cose vanno a posto da sole»