Uno show clamoroso inventato per stordire

Uno show damoroso inventato per stordire Uno show damoroso inventato per stordire Nessuna prevenzióne sul genere: è il modo che preoccupa Si sta dileguando a poco a poco l'eco rimbombante di Sanremo; il peggio è passato, ora ci si può occupare d'altro. Vorrei chiarire alcune cose. Nessuna prevenzione, è ovvio, nei confronti della ripresa diretta di una grande rassegna tradizionale di musica leggera, e. nessuna prevenzione, è altrettanto ovvio, per un'attenzione tempestiva e intensa della tv verso quel fenomeno socialmente rilevante che è - 11 mondo della canzonetta con tutti gli annessi e connessi sul plano Industriale ed economico. Ed è più che naturale che la Rai, per prevenire le mosse della concorrenza privata, si appropri della manifestazione e la gestisca a pieno suo vantaggio e ne tragga indici di ascolto tali da sconfiggere gli avversari. Ma è il «modo» che preoccupa. Per quattro sere — una volta al massimo erano tre; il prossimo anno sarà un'intera settimana? — a Sanremo si è insediata la dittatura del contenitore affidata al divo-presentatoremanager-padrone che diventa una sorta di nume e di boss il quale può disporre a suo piacimento di tutto e di tutti, e a cui tutti rendono ossequio reverentemente, e con cui tutti sono indotti a collaborare (la smania di portare la faccia In tv è irresistibile) magari facendo figure non belle. Enorme il contenitore — e preceduto e accompagnato da un battage propagandistico di rara enfasi — enorme, senza contorni e senza misure, e non aveva lmpor- tanza che troppo spesso fosse di una grigia noia o di un basso livello quasi avvilente, quel che Importava era che fosse colossale, debordante, dilatato e sforzato oltre ogni ragionevole criterio (con la sadica ambizione di trascinare il pubblico sino all'alba); un pallone gonfiato al limite dello scoppio, uno spettacolone da circo eque- stre o da fiera entro cui ramazzare non soltanto eserciti di cantanti o aspiranti cantanti o pseudocantanti, ma anche ospiti di varia natura ed estrazione (assenti i politici, ma il prossimo anno chissà che vengano arruolati anche loro a far da padrini ai cantanti), e nel cui clima di retorica baraonda far finta di concedere democratico spazio a polemiche e a battibecchi non lontani da quelli di Aboccaperta. Mancava unicamente che sul palcoscenico, al ritmo di una marcetta, comparisse la troupe del TG 1 a dare 11 notiziario. mo sono state il simbolo di , un tipo di tv che dilaga, una tv che — pubblica o privata, a questo punto non ci sono più differenze — vuole Inglobare, divorare, strumentalizzare e livellare tutto, cose serie e banalità indecenti, e trasformare tutto In pletorico show urlato e clamoroso, commercialmente confezionato non tanto per intrattenere quanto per sbalordire e stordire «la più vasta platea possibile» o «praticamente la totalità degli Italiani». Se la tv del futuro dovesse essere colo questa, ci sarebbe da spegnerla per sempre. ^ bt

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