Entra in aula la bella Michela

Entra in aula la bella Michela Cremona, al processo per il «Porcellino rosa» la donna di Alquati Entra in aula la bella Michela Ha confermato la versione del suo partner - «Non so nulla dell'azienda, io seguivo i suoi spostamenti» - «Non mi ha mai abbandonata» - Bancarotta da 78 miliardi DAL NOSTRO INVIATO CREMONA — Michela arriva in tribunale accompagnata dalla mamma. Lei è alta e bella, elegante e impellicciata, pallida e infastidita. Anche la mamma, che si chiama divella, è elegante e in pelliccia. Ed è seccata come la figlia: 'Non vogliamo dire niente, lasciateci in pace», risponde decisa al cronista. I fotografi impazzano e scattano. Michela Ferrari sale le scale tra i commenti. SI, è proprio una bella figliola. Capelli castano chiari, lunghi e con boccoli, rossetto rosa, occhioni sul grigio, vestitino nero a puntini bianchi, calze e scarpe nere. E' stata, quella di ieri, la quinta udienza del processo meglio noto come «processo del Porcellino Rosa». Ed è stata l'udienza che ha confermato, se ancora non era stato inteso, che questo processo finché si tratta della bancarotta (78 miliardi) dell'Imprenditore Mario Alquati interessa poco o niente; se tratta invece dell'imprenditore Mario Alquati, 40 anni, che scappa dal debiti con la bella Michela Ferrari, 21 anni, ecco che 11 processo recupera Interesse, attira attenzioni e fotografi e pubblico, curiosità e pettegolezzi di provincia. Michela è stata interrogata come testimone. E' rimasta in aula un quarto d'ora appena: due domande del presidente Carlo Grillo e due del pubblico ministero Pasquale Pantalone. Miche la avrebbe preferito rimanere a casa, con Beatrice, figlia sua e di Alquati Era stata convocata in mattinata e non s'era presentata. «Chiedo che i carabinieri la portino quii», aveva protestato il pm. Michela, come Patty Pravo al Festival di Sanremo, aveva accusato un'indisposi zlone un po' sospetta: tanto che è bastata la protesta del pm per convincerla a presentarsi in aula. Cosi, alle tre e mezzo del pomeriggio, mamma divella e figlia Michela parcheggiano la «Austin Metro» nera davanti a Palazzo di Giustizia e si preparano ad affrontare tribunale e fotografi, giornalisti e curiosi. Per mezz'ora si nascondono in una stanzetta della polizia giudiziaria. In aula il processo va avanti con 1 testimoni che raccontano gli ultimi giorni di Alquati brillante imprenditore. Quando, nei primi mesi dell'85, oberato da debiti e cattivi consigli, comincia a perdersi tra assegni a vuoto, fatture false e fidi bancari ottenuti con l'inganno. Tribunale e pm, dall'Interrogatorio di Michela, si aspettavano la risposta al vero Interrogativo del processo. Alquati, l'S agosto '85, eia fuggito dall'Italia con l'Intenzione di non tornare mai più e recuperare all'estero 1 miliardi che aveva sottratto dalla contabilità della sua azienda di macellazione, la «Porcellino Rósa»? Oppure, come ha sempre sostenuto Alquati, tra l'8 agosto e l'8 settembre lui, Michela e la neonata Beatrice si sono allontanati dall'Italia per una vacanza programmata da tempo? Michela, nel breve interrogatorio, ha confermato la versione di Alquati. •Io non sono competente, e non mi sono mai interessata dell'azienda...», ha risposto Michela con un filino di voce. Però — ha Insistito il presidente del tribunale — voi siete stati prima in Austria, poi dovevate andare ad Atene e invece siete andati a Casablanca, In Marocco; da qui vi siete spostati in Brasile e Venezuela...: «il suo convivente come le spiegava tutti questi improvvisi cambiamenti.,di destinazione?.. Risposta timida: -lo accettavo quello che mi diceva. Volta per volta mi metteva al corrente degli spostamenti». Michela ha confermato la versione di Mario Alquati. 'Dall'8 agosto, quando siamo partiti per l'Austria, siamo sempre stati insieme». Quindi non sarebbe vero, come sostiene un testimone, che il 9 agosto ha incassato 600 milioni da una banca del Bolognese. Alquati, dall'estero, avrebbe tentato di rimettere assieme i cocci della «Porcellino Rosa». L'8 settembre, però, si sarebbe arreso all'evidenza del crak da 78 miliardi. Il giorno dopo la sua costituzione. 'In quei giorni era molto in ansia — ha tenuto a precisare Michela — per i problemi dell'azienda». Il processo, con altri testimoni, riprenderà sabato; la requisitoria sarà a marzo. Alquati, almeno fino alla sentenza, resterà agli arresti domiciliari nella villetta alla periferia di Cremona, con Michela e la piccola Beatrice. Una condanna è troppo probabile. Lui non fa previsioni. Lei, mentre sale sulla •Mini Metro» nera e la madre si mette alla guida, ripete che non vuol dire niente. L'auto si allontana e il processo, a questo punto, sembra proprio finito. Senza la bella Michela è solo una banale bancarotta da 78 miliardi, come tante altre... Giovanni Cerniti Cremona. Michela Ferrari mentre depone in tribunale (Ansa)