Processo al nucleare
Processo al nucleare LETTERE DALL'ITALIA: REFERENDUM Processo al nucleare In questo balletto di stridori e di luoghi comuni ripetuti senza nausea, che è ormai la nostra vita pubblica, un colpo di gong grave, dall'onda profonda e lontana, come il referendum nucleare, è una novità forte, giusta, necessaria: dunque da volere, dunque da preservare ad ogni costo, dunque da fare. C'è bisogno del Pòlemos, della tensione, del ringhio dei contrari, della durezza delle parole, dell'inconciliabilità e della spaccatura Processiamo a porte aperte, col coro tragico dei morti, dei contaminati anonimi di Cernobil come testimone a carico — sempre in aula, cogli occhi implacabili dentro ciascuno dei presenti — l'Energia Nucleare; e trenta milioni di giudici vedano, palpino, sappiano. Nessuna neutralità, nessuna bilancia truccata di opinione pareggiatrice; è un dramma di innocenti e di colpevoli, di umani e di disumani, a misura di Duemila, con occasionale trambusto e strepito finale di cabine elettorali. Il referendum nucleare non è la ripetizione del rito fraudolento delle elezioni utili a protrarre indefinitamente il coma dei partiti; il suo risultato, ogni sì e ogni no, hanno un valore etico. La stessa volgarità numerale ne riceve un riscatto. Dobbiamo volerci e poterci contare; sapere quanti di qua, quanti di là. E' un conflitto civile su qualcosa che vale, e più si arroventerà meglio sarà. Il dramma nucleare è un dramma di collisione; riappiccicando lembi di eticità dispersa,' getta su una scena morta, occupata da futilità, uno scontro tra morte e vita, arroganza tecnica ed economica e riluttanza di vivi alla carta moschicida, che merita di essere intensamente, dolorosamente, appassionatamente vissuto. Costringiamoci a essere uomini, a essere cittadini e non montoni imbrancati in attesa del colpo. Solone, vista profonda, e certo non smanioso di risse civili, condannava al bando i cittadini (he rifiutavano di prendere parte alle lotte interne della città. a tutto quel che ebbe nome la vita. Lì non ci sono compromessi... Li c'è l'amico e c'è il nemico. Restarne fuori è contro la legge. Un referendum come quello italiano può essere esemplare in Europa. Mai fu cosi abbietto parlare di compromesso come ora, nel momento della verità nucleare. Non c'è un due e mezzo, non c'è il mezzo quarto. Offende tutti (sia risentita o no l'offesa) questo lenzuolo del compromesso che ci vorrebbero buttare addosso, che i partiti accodati alle stagionate majorettes democristiane cercheranno di avvitarci intorno per non correre il rischio di un confronto etico che sfugge interamente al loro controllo, che non è compatibile col loro linguaggio falso, con la loro mentalità di sradicati, di sclerotici, di destituiti di senso del reale. Niente gli è più ignoto (ai partiti come ai sindacati) della Realtà Contemporanea, di quel che è veramente, non fintamente, attuale, mordentemente attuale, nella storia del mondo. Trottole... trottole che sbattono, sghembe... Non arrivare neppure a percepire la profondità, l'estensione — non dico l'essenza! la forma fatale! — di certi pericoli! Chiamare su tutto la peste, purché non si perda un zero virgola!! Compromesso invece di referendum, per i beccamorti dell'atomo, non sarebbe un cattivo affare: lasciando in aria i progetti più contestati, dare incremento a completare le due mostruosità megatonali di Trino e di Montalto (con bellissimi Piani di Protezione Civile: evacuare in caso di disastro, Torino, Milano, Roma in confortevoli tendopoli a Matera e in Barbagia, o in Ucraina e Bielorussia, ospiti del generoso Michail) e naturalmente ben guardarsi dal chiudere i ben poco rassicuranti serragli di Caorso e di Latina, o di ripulire la palude radioattiva di Saluggia. E così mettendo il bavaglio agli emotivi... Perché siamo peggio che cattivi: siamo emotivi...
Persone citate: Montalto
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