Usa: l'ossessione rossa

Usa: l'ossessione rossa — -, ; : \ ARRIVA IN TV «AMERIKA» ED E' SUBITO SCANDALO Usa: l'ossessione rossa — -, ; : \ Da domenica prossima la Abc trasmetterà il film più lungo e costoso mai visto - Racconta un golpe comunista negli Stati Uniti, con invasione sovietica - Divampa la polemica - Iacocca, il super sponsor, si ritira: «Sembra storia, non invenzione» - Mosca condanna, ma compra il programma NEW YORK — Aron erano mal stati spesi 35 milioni di dollari (quasi 46 miliardi di lire) per un programma televisivo. Non era mai stato fatto un film a puntate di quattordici ore e masso. Non è tipico dello strumento televisivo, specialmente in America, buttarsi con peso e passione in una drammatica scelta di campo. Il lunghissimo film che andrà in onda per sette sere dal 15 febbraio s'intitola Amerika: la «K» segna la degradazione che ha colpito il Paese. Quella degradazione è dovuta a un «colpo di Stato» comunista seguito da un'invasione sovietica sema spargimento di sàngue. La vittima è la libertà del Paese e al suo riscatto lavorano partigiani e perseguitati gruppi clandestini e famiglie legate ai ^valori; bambini che rischiano la vita e individui che nessuna violenza potrebbe piegare. Partecipano Kris Kristoferson e Mariel Hemingway seguiti dal »chi è chU del docudramma americano. Da tutte le serie televisive, da Dynasty e da Dallas, da Hotel e da Miami Vice gli attori sono corsi come si corre a una mobilitazione, ciascuno offrendo il suo profilo tipicamente nobile o famoso per la perfidia. Il risultato, come dice Brandon Stoddard, vicepresidente della Abc e delegato alla produzione di Amerika, «è un monumento destinato a restare fra gli eventi tv del decennio». Critici e giornalisti hanno preso posizione con passione altrettanto indolita. Sono schierati col programma la rivista Insight e la National Review di William Buckley, il mensile Commentar? e le News lettere della nuova destra cristiana. Sono scettici e in posizione di attesa i grandi giornali e i grandi settimanali. Afa Newsweeta non nasconde venature di sarcasmo, Time mostra imbarazzo, la difesa del New York Times sembra quasi d'ufficio, il Washington Post non usa un linguaggio delicato. L'offensiva dell'insulto se la sono assunta Rolling Stones, la rivista giovane della musica, che ha posizioni politiche della 'Vecchia sinistra*, e molte pubblicazioni dedicate al mestiere giornalistico (la più aspra: la Columbia jornalism review). «Eppure, scrive il critico John Corry, questo kolossal tv approvato con fanatismo o attaccato con ferocia non l'ha visto nessuno. SI direbbe che lo scandalo sia stato creato dalla stessa Abc come strumento di propaganda. L'insidiosa cultura da 1984 rappresentata dal film produce in questo modo 1 suoi frutti, polarizza e prefigura il comportamento di chi crede d'essere un libero protagonista di questo dibattito». E' vero. Nessuno ha visto il programma, che non ha avuto anteprime per esperti o per critici. Ma la spiegazione, più che nel «contagio culturale' dell'argomento, è forse in una frase di Zbighiew Brzezinsici, l'ex consigliere per la sicurezza del presidente Carter, adesso professore alla Columbia University. Mi ha detto: «L'America, dopo un silenzio che è stato anche un intervallo utile di riflessione, di consenso, di calma, sta ritornando al dibattito». Di certo Amerika viene a deporre la sua carica di tensione, il naturale squilibrio, le forte e deliberata tendenziosità della sua storia, sulla delicata cerniera dell'»affare Iran» che divide un periodo sicuro, dominato da un leader credibile, da una fase più cauta, segnata da un processo decisionale meno vigoroso, da esiti meno certi. «Un disegno a matita che segue un forte ritratto a colori», ha detto l'ex portavoce della Casa Bianca, Larry Speakes, lasciando l'altro giorno il suo incarico dopo sei anni. Chi tenacemente attacca Amerika, come la rivista Rolling Stones, vede addirittura il ritorno del maccartismo. Come prova, il giornale chiede ai lettori di andare al negozio di videofilm del quartiere e noleggiare la cassetta di un vecchio film della Warner Bros dal tìtolo Red Nightmare (Incubo rosso). L'anno di produzione (1956) e la narrazione (un uomo sogna di essere denunciato per violazione ideologica dalla moglie e dal figlio, e si sveglia prima disperato, poi felice nel constatare che si era trattato solo di un sogno) coincidono con il periodo e i temi della celebre commissione McCarthy e la stagione della •caccia alle streghe». Episodio per episodio, l'immagine della vita, del mondo, dei valori e del pericolo secondo Red Nightmare, ricompaiono nelle quasi quindici ore di Amerika. E' tornato il maccartismo? Questa — con un po' di prudenza è la conclusione di Rolling Stones. Anche chi difende il programma trova utile il riferimento al film del 1956, che molti, negli Stati Uniti, non hanno mai rinnegato. Quel film infatti si chiude con la frase: «La libertà non è ereditaria, deve essere guadagnata. Contro l'avanzata del comunismo nel mondo un uomo solo può opporsi. Quell'uomo sei tu». Ed è la stessa frase che Jean Fitzpatrick ha usato per chiudere il suo ultimo discorso prima di lasciare il posto di ambasciatore di Reagan alle Nazioni Unite. I gruppi che si riconoscono nelle riviste Insight e Commentare non hanno timidezze su questo terreno e non amano le situazioni sfumate. Per loro quella frase è perfetta, il vecchio film con Jack Webb è sempre una bandiera. Nel loro giudizio Amerika, nonostante qualche cedimento liberal qua e là, va benissimo per svegliare i giovani, orientare le famiglie, ricordare a tutti che il pericolo rosso non finisce. La Abc dunque non dovrebbe avere sbagliato argomento per la produzione più costosa della storia della televisione, e l'attesa del pubblico è già cosi viva che il quotidiano popolare New York Post ha cominciato a pubblicare il testo e i dialoghi a puntate. Se la rete tv ha fatto una scelta di campo, ha i suoi esuberanti e decisi alleati. Se ha cercato con bravura da marketing la pietra dello scandalo, sembra avere fatto bene il suo calcolo. Tutto potrà accadere intorno a Amerika ma non il silenzio. Come giudicare allora la drastica decisione di Lee Iacocca? e potrebbe turbare i rapporti internazionali. Sembra unt discorso brusco, ma con questo evento l'intera polemica intorno al programma sembra farsi meno sfuocata. Non si tratta di destra e sinistra, hanno spiegato gli uomini di Detroit alla stampa. Si tratta di tracciare una linea netta fra spettacolo e fantasia. Percorrendo con gli strumenti dello spettacolo certe aree delicate, certi problemi esplosivi e carichi di emozioni, si giunge alla confusione, si spinge la gente all'irrazionale che è il contrario dell'educazione alla libertà. derato (qualcuno dice «conservatore») che potrebbe essere un solido candidato alla presidenza nel 1988. E persino Mario Cuomo declina l'invito a dare un giudizio. Dicono tutti di non averlo visto. Ma certo hanno visto, come tutti gli americani, le anticipazioni che ormai la Abc manda in onda per stimolare l'attesa: grandi bandiere rosse con le immagini di Lincoln e Lenin, il filo spinato intorno alle scuole, gli americani che attendono in lunghe code la distribuzione del cibo in Texas o nel Nebraska, oceani di folla che fanno festa al potere dei Soviet al quale si sono piegati. La prudenza dei politici è naturale. Vogliono vedere il programma e la reazione del pubblico, specie dei giovani. Resta al centro del quadro, diviso secondo lo spettro politico, il brusco gesto di Lee Iacocca. Da industriale non è tipo da tensioni emotive. Da uomo di marketing ha giudicato insidioso il terreno scelto dalla Abc e non ha voluto mettere il suo prodotto su quel terreno. Pragmatico come tutti coloro che fanno il suo lavoro, ha sentito che i tempi cambiano o ha dato un giudizio negativo assoluto? Forse la spiegazione è nel rifiuto Irritato per la miscela fra vita e finzione, fra telegiornale e spettacolo. Da mesi la televisione americana sta accelerando la corsa sul terreno di questa contaminazione azzardata. Due anni fa una serie dal titolo La terza guerra mondiale ha mischiato attori professionisti con ex membri delle amministrazioni di Carter e Ford. Poche sere fa il prestigioso Canale 13 (la tv ^pubblicai) ha trasmesso la prima puntata di Terrorismo, finto dramma intorno a una storia di ostaggi, cui hanno partecipato William Casey. che al tempo della registrazione era ancora direttore della da e stava bene, il vero portavoce del Dipartimento di Stato, il vero esperto per il terrorismo della Rand Corporation, il vero conduttore del telegiornale della Abc, Peter Jennings, il vero capo di stato maggiore, generale Meyer. Durante lo sceneggiato ciascuno mostrava il suo stile dì lavoro, illustrava le decisioni e come venivano prese. Molti si sono indignati di quel programma, giudicandolo d -e volte un rischio: perché certi personaggi chiave che controllano i nervi del Paese non devono mai rivelare i retroscena del loro lavoro, neppure per scherzo. E perché avanza la linea della sovrapposizione tra finzione e realtà, e disorienta gli spettatori. Questa è forse la critica più dura per Amerika, dove sono incerti fin dall'inizio i confini fra realtà e invenzione, sia sul terreno dei fatti che nell'inventario delle idee e dei comportamenti. A confronto con questo strano episodio della cultura di massa americana, la Russia di Gorbaciov ha dato una risposta sdoppiata, tipica del nuovo corso. Ha condannato con durezza. E ha comprato il programma. Furio Colombo New Voi-k. Bandiere rosse con i volti di Lincoln e Lenin in una scena di «Amerika», costato 46 miliardi, che dura 14 ore è mezzo. Prima ancora d'essere visto, il film è «approvato con fanatismo o osteggiato con ferocia». E-fa discutere sui rischi della «miscela» fra rita e finzione, fra telegiornale e spettacolo