Gli ostaggi sono a Khartum

Gli ostaggi sono a Khartum Ospiti della nostra ambasciata i due italiani e i 7 etiopi liberati Gli ostaggi sono a Khartum La notizia ien sera, dopo una giornata di incertezza - «Stanno bene e sono contenti» - Hanno subito telefonato alle famiglie • Predisposto per oggi il rientro in Italia - Altre polemiche sul Fai DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — I due tecnici italiani dell'impresa Salini, Dino Marteddu e Giorgio Marchiò che erano stati sequestrati il 27 dicembre da guerriglieri etiopici, sono da ieri nell'ambasciata ìtalia'Sà di- Khartum. Lo hanno annunciato' alla Farnesina è alla presidenza del Consiglio l'ambasciatore Francesco Lo Frizzi e il sottosegretario Forte, che ieri sera hanno accolto i due italiani e hanno cenato con loro. .Stanno bene e sono contenti», ha detto Forte al telefono, precisando che con loro sono anche i sette etiopi sequestrati al campo di Tana Beles. Marteddu e Marchiò, dall'ambasciata, hanno subito telefonato alle rispettive famiglie. Oggi dovrebbero rientrare in Italia. GU ostaggi liberati sono .giunti a Khartum verso le 19.30, dopo una giornata di apprensioni perché non si era riusciti a sapere dove si trovassero esattamente. Lo stesso governo sudanese aveva confermato il rilascio solo poco prima, rifiutando altre notizie. Fino a quel momento l'ambasciata italiana poteva contare soltanto sul comunicato del rapitori, il Partito rivoluzionario popolare etiope, e sul messaggio in codice arrivato per telefono ad un collaboratore ' del sottosegretarioi • Francesco 'Forte": 'Il bambino'*naiQi:,;~, I Sfatato un parto difficile e 'ancóra fitto di misteri. L'ambasciatore Francesco Lo Prinzi, che abbiamo raggiunto per telefono a Khartum, nega che la liberazione di Dino Marteddu e Giorgio Marchio, e degli altri sette operai etiopi del cantiere di Tana Beles, abbia avuto contropartite. .Ritengo che i guerriglieri avessero deciso l'esito finale fin dall'inizio. Già nel loro primo comunicato, e ancora più chiaramente nel secondo, spiegavano che l'Italia non doveva essere considerata oggetto di un attacco.. Ma in Italia gli accusatori «storici» del Fondo aiuti (11 Fai, guidato da Forte), che ritengono la co operazione nel Corno d'Africa mossa solo da interessi strategici e commerciali, attendono il ritorno del sottosegretario con grande curiosità. .In | questa storia c'è qualcosa che puzza., dice padre Alessandro Zanottini, 11 bellicoso direttore di Nigrizla: .Che cosa ha promesso il governo italiano? Quali sono stati i termini dello scambio?». I radicali, in un'interpellanza, aggiungono altri 'punti' in-ì terrogativi:-è vere che l'addetto militare ad Addis Abeba aveva avvertito i ministeri degli Esteri e della Difesa che i lavoratori del campo di Tana Beles correvano rischi? E' vero che un Paese arabo voleva organizzare il rapimento di Forte? A dare notizia di quella minaccia erano state le autorità sudanesi, e proprio Forte aveva parlato di «un Paese arabo, ostile all'intervento italiano nel Como d'Africa.. L'ambasciatore Lo Prinzi getta però molta acqua sul fuoco: .Ci è stato segnalato un rischio possibile, non un rischio immediato. Segnalazioni così, da un Paese amico, sono soprattutto precauzionali. Non abbiamo nessun elemento per puntare l'indice contro qualcuno.. Falso, poi, che una rete spionistica abbia cercato di intralciare la liberazione degli italiani. Il Partito rivoluzionario: popolare etiope, che ha rivendicato il sequestro, appartiene ad un'area marxista di ispirazione maoista; che nel '74 appoggiò 11 colpo'; destato e tre aBnArdQP&jlu: liquidata dal regime-di Meni ne che ne derivò, nacquero alcune organizzazioni di guerriglia, tra le quali appunto 11 Prpe, che ha cominciato a operare anche nella' zona del Tigral, dov'è il cantiere di Tana Beles. Secondo; informazioni della resistenza eritrea, che giudica .uni-; diozia, l'azione del Prpe; l'organizzazione etiope cerca! di contrastare i trasferimenti in massa nel Tigral imposti dal militari di Menghistu. All'operazione, definita resettlement o «villaggizzazione», l'Italia da un contributo, motivato con considerazioni umanitarie: i trasferimenti in villaggi sottraggono alla carestia le popolazioni disseminate nella regione. Ma per gli oppositori di Menghistu il vero obiettivo delle migrazioni forzate è concentrare la popolazione per tenerla sotto controllo,

Persone citate: Dino Marteddu, Giorgio Marchio, Giorgio Marchiò, Marchiò, Marteddu, Prinzi

Luoghi citati: Addis Abeba, Africa, Italia, Khartum, Roma