Superpotenze mature di Arrigo Levi

Superpotenze mature Meno aspro il confronto Usa-Urss Superpotenze mature Lo spiegamento delle forze aeronavali americane al largo delle coste libanesi ì davvero imponente: due portaerei con 180 apparecchi, una flotta di navi portaelicotteri, incrociatori, caccia, sommergibili e mezzi anfibi con malines a bordo, formano una squadra navale la cui potenza di fuoco è ineguagliata nel mondo d'oggi, o nella storia passata. Intanto un'altra portaerei con 10 navi di scorta incrocia davanti allo stretto di Hormuz e una task force naviga nel Golfo Persico. L'uso che verrà fatto di quest'immensa forza bellica è ancora incerto, e non manca chi, come il nostro ministro Andreotti, dichiara in anticipo errata la «politica delle cannoniere» (altro che cannoniere....). Ma la manifestazione di forza rimane straordinaria: se degli ostaggi verranno assassinati, l'America risponderà ' col fuoco, di ciò non si può dubitare: questa volta anche il Congresso, democratico e d'istinti pacifisti, stimola all'azione il Presidente. L'America — nonostante la crisi delTIrangate — rimane superpotenza: è questa la riflessione suggerita da questi eventi. Una riflessione più approfondita consente tuttavia di definire meglio questo concetto di «superpotenza» ed offre elementi utili a capire come possa svilupparsi nel prossimo avvenire il complesso rapporto di negoziato-confronto tra la Russia di Gorbaciov, ripiegata sui suoi problemi interni ed in crisi politica (forse salutare: ma pur sempre crisi) e l'America di Reagan, di un Presidente che ha iniziato la parabola discendente, e che ha peno credibilità. E' l'America vera superpotenza? Decisamente si, se confrontata a tutte le altre; ma, anche dopo sei anni di poderosa retorica reaganiana, è pur sempre una superpotenza molto diversa dall'America di Kennedy o di Nixon, ancora disposta ad impegnarsi in tutto il mondo con vaste imprese politico-militari, per allargare la sua influenza ed esportare il suo modello poli' ti "o. Oggi soltanto una provocazione estrema come la presa di ostaggi può spingere l'America a un vasto spiegamento di forze: ma l'obiettivo non è espansionistico, non è nemmeno, se non indirettamente, la difesa di interessi economico-politici dell'America. L'azione della Sesta Flotta è in realtà stimolata da fatti che appartengono alla sfera del privato, ossia dall'intollerabile stillicidio di rapimenti e uccisioni di individui americani, - che sconvolge, attraverso i mass media, l'opinione pubblica, rendendo accettabile un intervento militare, dagli obiettivi peraltro limitati. La logica dei fanatici sciiti potrà certo spingere l'America all'azione di forza: ma una tale azione, se e quando avverrà, sarà pur sempre strut¬ turalmente del tutto diversa da quello che era stato l'impegno militare americano nel Vietnam e in Corea, o quello anglo-francese nell'impresa di Suez. Basta evocare questi necessari confronti per rendersi conto di quanto l'America sia cambiata, di come cioè anche la prima tra le superpotenze abbia ridimensionato la propria strategia globale, riconoscendo di fatto i tlìmìts of power» di cui parlava Kissinger. Oggi una spedizione militare è semplicemente impensabile, anche per l'America: e nemmeno Reagan ha cambiato questa realtà, nemmeno lui ha arrestato l'evoluzione dell'America verso il modello di «superpotenza matura», ossia più riflessiva e meno ambiziosa. L'azione libanese potrà avere effetti anche importanti su questa evoluzione: ma è del tutto improbabile che l'arresti o capovolga. A ben riflettere, un'evoluzione analoga sta poi avvenendo anche nell'altra superpotenza. La Russia di Gorbaciov mantiene a parole il suo globalismo ideologico, ma di fatto cerca di disimpegnarsi dall'ultima costosa avventura imperiale, quella dell'Afghanistan. Certo, le superpotenze rimangono ancora molto diverse dalle ex gran di-potenze: è assai meno prudente provocare l'America e la Russia che non l'Italia, la Germania o il Giappone. Ma e pur vero che anche da parte sovietica la spinta espansionistica globale sembra frenata e che s'intravede l'emergere di un diverso rapporto col mondo. L'evoluzione è analoga a quella dell'America: quasi una lenta, incipiente «europeizzazione» di Usa ed Urss. Si aggiunga che, per la prima volta dopo decenni, non sembrano essere in atto scontri d'interesse vitali tra le due superpotenze. L'Europa è armatissima: ma stabile e pacifica. D Medioriente è, si, un groviglio di conflitti: ma il petrolio mediorientale ha perso molta della sua importanza per l'Occidente. Due superpotenze, in perdita di velocità, più riluttanti a fare grande politica, che solo in pochi casi si trovano in rotta di collisione tra loro, e con una caduta delle tensioni ideologiche: questo ci sembra il quadro di fondo, che non va dimenticato anche se i teleschermi sono oggi dominati da immagini di guerra e di sangue, e anche se restano insoluti o mal posti i maggiori problemi di governabilità del «sistema-mondo»; da quello nucleare a quello economico-monetario a quello ecologico, a quello stesso del terrorismo e del controllo delle guerre locali Arrigo Levi

Persone citate: Andreotti, Gorbaciov, Kennedy, Kissinger, Nixon, Reagan