Tutto libri di Alberto Bevilacqua

Tutto libri Tutto libri Due interventi dopo la nostra inchiesta rii i Alb Bil psu scrittori e recensori: Alberto Bevilacqua e Ottavio Cecchi Una volta sì che c'era la crìtica VENEZIA — I librai tornano a scuola. Domani pomeriggio alla Fondazione Cini si inaugura, per 11 quarto anno, il corso della •Scuola Umberto ed Elisabetta Mauri»: vi parteciperanno trenta allievi, in rappresentanza del librai di ogni regione italiana. Ad accoglierli saranno Luciano Mauri e Valentino Bompiani, presidente della Scuola. Le lezioni dureranno da lunedi 26 a venerdì 30 gennaio, con relazioni e lavori di gruppo. II programma di studio comprende 1 più diversi aspetti economici, finanziali, tecnici e culturali della gestione di una libreria. Saranno relatori docenti universitari, esperti del settore, editori e librai stessi che porteranno ai colleghi la propria esperienza. Fra gli altri figurano: Edoardo Sabbatici, Umberto Collesei, Giuliano Vlgini, Lorenzo Enriquez, Paolo Caruso, Susanna Bchwarz, Maria Giulia Castagnone, Franco Maria Ricci, Mario Spagnol, Luciano Mauri, Guglielmo Tognetti, Roberto Cerati, Alessandro Bacci, Giacomo Marramao, Giorgio Brunetti. In conclusione Angelo Tantazzl della Premetela esporrà le previsioni per il mercato librario nell'87 e l'editore Ulrico Hoepli presenterà la ricerca di Stefano Mauri «La geografia del libro in Italia». Ospiti stranieri a Venezia saranno Jean Gatte gno, responsabile per 1 problemi dell'editoria al ministero della Cultura francese, e Herbert Lottman, direttore del .Publlshers Weekly» in Europa. quiente o no» a certi giri, giretti ormai, improntati da affinità piU comportamentale che culturale. La critica si traduce in un subitaneo corpo a corpo, che si risolve in un abbraccio o in una lotta, difficilmente in un dialogo. Che il meccanismo sia perverso (e il lettore lo avverte e ne diffida) lo provano certi estremismi aberranti che vanno oltre la piccola rissa o il rondò. Esistono quotidiani, che si dichiarano democratici ad ampio spettro e godono di seguito, i quali violano il diritto (del lettore) e il dovere (del giornale) alllnformazione. Infatti, prima ancora che il libto arrivi dalla casa editrice, essi pongono il veto su determinati autori: di tizio, non si parla. Perché mai censure del genere, o messe all'indice in nome di un moralismo nevrotico e settario, non provocano le stesse inchieste e polemiche che, giustamente, hanno sempre sollecitato in altri settori? Siamo alle deprecate veline, che si aggiungono alle tabelline e alle pagelline. Roba da scemenza scolastica; da Cuore (ingrato), discriminante in partenza i buoni dal cattivi. Non se ne dice nulla. Perché non farne indagine? Contro questa «anti-crttìca; che pratica il giudizio preconfezionato, cosi patologicamente inibita da non capire che è viziosa metodologia da guardoni leggere aprioristicamente un_Iibro_in positivo o In negativo (anche . la Corri* media dantesca può, in un'ottica del genere, risultare un opuscolo turistico sull'aldilà), contro chi non si accorge di rientrare nella sociologia dei complessi personali, mi piace adottare, con istinto beffardo e padano, un atteggiamento di provocazione. Mi diverte irritare i piedipiatti di una critica ridotta ad agenzia di investigazione privata, tipo scuola Tom Ponzi: sono così prevedibili, poverini, nei loro meccanismi di reazione! E ritengo vitale l'essere discussi in un'atmosfera cimiteriale, dove un'altra maniera di sbrigare la corrispondenza è, badate bene, allestire un bel funerale, magari con la fanfara, e addio. Resterebbe da dire sulla mentalità, non meno perversa, secondo la quale gli italiani dovrebbero, sì, leggere di più, ma alla maniera di Valentin che, con Rivel, si dilettava di leggere l'immaginario; se comprano un libro, infatti, diventano complici di consumismo. I miei rapporti con la critica, quella vera? Mi hanno giovato, sul piano mondiale (perché non . estendere il discorso oltre gli ha triplicato l'affitto. Ma negli stessi locali, a Milano, torneranno i libri, con il gruppo Fabbri le nostre frontiere, uscendo dal solito provincialismo?) interventi di scritto-, ri. Un esempio: penso ad Asturias e a Bioy Casares nel mondo latino-americano. Anche in Italia, la stessa cosa; la lista sarebbe lunga, perché ho cominciato giovanissimo: da Cardarelli alla Bariti, a Sciascia, a Palazzeschi, a Caproni, ecc. Utili e stimolanti certi interventi estemporanei: che so, Ceronetti sul mio mondo padano. Ma, per uscire dai fatti personali, sostengo la necessità di affidare un libro, sulle pagine di un giornale, ad artisti veri e liberi che operino anche in altri settori: musica, teatro, ecc. L'importante è respirare fuori dalle arie viziate. E' la linea che ho seguito, in particolare, con La Grande Giù. Alberto Bevilacqua Disegni di Stoppa considera se stesso, non come uno scrittore ma come un giudice. La lezio•ne di Debenedetti è difficile. Egli cerco di vedere unitariamente le due figure: lo scrittore è anche critico e 11 crìtico è anche scrittore. Coloro che si atteggiano a giudici la respingono. E si capisce il perché. Per quanto concerne il mio lavoro, soggiungo che la domanda posta all'inizio, se giudicare o interrogare, vale anche come metodo e tema narrativo. SI parla della decadenza delle nostre lettere. Cerco di non lasciarmi irretire in questo discorso (o in quell'altro, assai divertente, intorno alle stroncature: questo tema è strettamente collegato con l'immagine del critico in toga) perché mi sembra un lascito di quello scrittore •sacro depositario di tutti 1 valori superiori» (Barthes, Collège de France, gennaio 1977) che ha primeggiato e all'occorrenza spadroneggiato nelle varie Corti durante 11 nostro secolo. Questo scrittore ha preso su di sé 11 pesante fardello offertogli dal giudici del mondo, si è fatto esso stesso giudice e controllore del buon fine del progetti di perfezione, e cosi si è reso complice di quanti, salvatori, messia, profeti, hanno inteso lnverare grandiosi sogni di bene eterno. Mi sembra Invece che lo scrittore possa solo sottoporre a Interrogatorio di gelosia (che necessao riamente'«■elude ■ doman•de retoriche) il suo tempo e il suo mondo per cercare risposte non preordinate. L'opera del critico, d'altra parte, appare come l'interrogatorio di gelosia dell'opera dello scrittore. E' un verbale che, a sua volta, si offre all'interrogatorio. E cosi via. Se togliessimo il verbo giudicare dal rapporto criticoscrittore, non avremmo idilli ma certamente una relazione corretta tra uomini impegnati nella stessa ricerca. Non è necessario aggiungere che opere diverse, ottenute con strumenti e linguaggi diversi, troverebbero 11 loro momento d'incontro nel domandare, nell'in terrogare, e non nel rispondere senza domandare. Pare invece che tutti abbiano risposte da dare, e nessuno domande da fare. Per ritrovare l'umiltà del domandare, del chiedere, per tornare all'Interrogatorio, scrittori e critici dovrebbero togliersi 1 panni che li fanno diventare personaggi Ma si sa che quel sacro depositario Individuato da Barthes ha lasciato un ben fornito guardaroba. Ottavio Cecchi

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