In Calabria giudici disattenti di Francesco Santini

In Calabria giudici disattenti All'Antimafia affrontata l'emergenza legata alla 'ndrangheta In Calabria giudici disattenti Audizione segreta per il deputato de Quattrone: «Ho fatto qualche nome, ognuno di noi deve rischiare» - Il presidente della Commissione: «Dopo il sopralluogo tireremo le conclusioni» ROMA — Scorte e automobìli blindate a Palazzo San Macuto per i commissari dell'Antimafia. Ascoltano, sui problemi della Calabria, l'on. Quattrone ed ordinano di spegnere i monitor della sala stampa. La seduta è segreta. Un'audizione di tre ore con Quattrone che esce dall'aula e dice: «Certo, ho fatto qualche nome, ma ognuno di noi deve rischiare un poco. Io non ho paura, sono nella linea del mio partito, credo di seguire De Mita e Scalfaro, per Reggio Calabria A necessario un impegno eccezionale*. Ecco il presidente dell'Antimafia. Alinovi s'allontana in fretta. Non vuol parlare. Fa in tempo a dire: «Uopo il sopralluogo tireremo le conclusioni*. Sgommano le scorte nella Roma delle due del pomeriggio E' una giornata di pioggia e la Calabria, con i suoi 132 morti in tredici mesi, appare lontana. Il comunista Fittante commenta: -Su Reggio Calabria sono state presentate 68 interrogazioni in Parlamento. C'è un nodo tra mafia, politica e sistema istituzionale: dobbiamo capire perché la magistratura si ferma dinanzi a situazioni che tutti conoscono». Quattrone ha denunciato, per primo, quel «superpartito» che lega alcuni uomini della de a frange socialdemocratiche e socialiste. Ed ora ripete: -Parlo di quel gruppo che insegue l'occupazione del potere». Gli è accanto il senatore socialista Zito: -Certo — ammette — anche nel psi non c'è vita democratica in Calabria e questo non ci garantisce da rischi di infiltrazioni mafiose: basta dire che il direttivo regionale del psi in Calabria si è riunito, in due anni, una sola volta». Zito adesso si difende: -Anche io ho denunciato il superpartito, ma nessuno mi ha ascoltato. Quattrone è stato più fortunato di me ed ora i nodi saranno sciolti». Quattrone lo interrompe: «A me sembra di essere stato più sfortunato: almeno dalle reazioni del mio partito a Il presidente Alinovi gio Calabria c'è la disattenzione degli inquirenti. Negli appalti compaiono i prestanome dei mafiosi. Tutti sanno, nessuno interviene. C'è un articolo della legge Rognoni-La Torre che revoca e sospende le licenze degli appalti quando le cosche si nascondono dietro società apparentemente in regola. E questo, a Reggio Calabria, non è mai stato fatto». Nella Roma che esamina il dossier Calabria ecco arrivare, con la borsa rigonfia di fotocopie, il dottor Francesco Macrl, presidente dell'Usi di Taurianova, deferito ai probiviri della democrazia cristiana. In una lettera al ministro Rognoni accusa il segretario della democrazia cristiana di Reggio Calabria. Lillo Manti, e il consigliere regionale, Bruno Napoli, di collusione con la mafia. Sono accuse gravissime e dice: - Voglio essere ascoltato dalla Commissione Antimafia. Tutti debbono sapere chi sono Lillo Manti e Bruno Napoli. C'è stata una riunione in Aspromonte, a Trepitò, con i mafiosi ed i latitanti. Non è possibile che in Calabria accada che un consigliere regionale si incontri con gli uomini della mafia e tutto resti come prima». Raccontano che Manti e Napoli alle accuse di Macrl abbiano risposto con un sorriso, Ma il dottor Macri ormai non si ferma. Punta il dito contro i sei consiglieri della lista civica «Sveglia» di essere esponenti dei clan di Taurianova. -Erano nella de — dice —, se ne sono andati e il segretario Manti li ha sostenuti». Macrl s'allontana con la sua borsa. -So — dice — di aver messo a repentaglio la vita, ma dovevo farlo. I miei figli non si debbono vergognare di me. Sono stato condannato a tre anni di carcere per aver assunto il figlio di un viceprefetto: ecco tutte le mie colpe. Venga l'Antimafia a Taurianova, è di li che debbono cominciare. I miei nemici mi chiamano don Ciccio Mazzetta: io non ho mai preso tangenti». Francesco Santini Reggio Calabria. Tutti si sentono criminalizzati mentre io ho soltanto posto un problema politico in una società dissanguata, con i morti sulle strade, con la legge antimafia che non è applicata». Ecco il commissario Rizzo. E' un ex magistrato: -A Reg¬