Il «software» è al bivio
Il «software» è al bivio L'Anasin, l'associazione di categorìa, rischia di spaccarsi Il «software» è al bivio La maggioranza delle società di programmazione vuole aderire alla Confindustrìa, la minoranza preferirebbe riallacciare i rapporti con la Confcommercio - Una ipotesi di mediazione TORINO — n settore dei servizi informatici (il cosiddetto software) sta vivendo un momento di forte transizione: l'associazione delle aziende che vi lavorano, l'Anasin, si è infatti divisa sulla prospettiva di adesione alla Confindustrìa. Una ipotesi che è stata approvata dalla maggioranza (sia pure con un esiguo scarto di voti) prevede infatti il passaggio all'associazione degli industriali, sancito da un'assemblea che dovrebbe tenersi il 6 febbraio. Ma la minoranza si è vivacemente opposta: uno scontro violento, al punto che il 16 gennaio ha minacciato una scissione (con possibile adesione alla Confcommercio) se il passaggio alla Confindustrìa dovesse diventare definitivo. E' un contrasto che coinvolge interessi importanti: le società di servizi informatici (sono oltre duemila) nell'86 hanno fatturato tra i 4 e i 5 mila miliardi con oltre 40 mila addetti. Nel 1990, secondo stime attendibili, potrebbero arrivare a fatturare circa tredicimila miliardi, una cifra quasi pari a quella che verrà fatturata nell'hardware (la produzione di computerà). Un settore molto frazionato e caratterizzato dalle piccole dimensioni, quindi, sottocapitalizzato (solo due aziende hanno piti di dieci miliardi di capitale) e rappresentato nell'Anasin da una minoranza: 250 imprese, un 10%, che copre però il 2530% del totale degli addetti. Ed è in questo quadro che si inserisce il contrasto tra i sostenitori e gli oppositori della Confindustrìa. Se da un lato c'è chi pensa che inserendosi in un organismo prestigioso e forte come quello imprenditoriale anche rAnasi: guadagnerà in peso e prestigio, dall'altro c'è chi teme che la polverizzazione delle imprese le possa portare di fatto ad esercitare nell'associazione un ruolo inferiore a quello che realmente hanno nell'economia. Timori infondati, affermano quelli favorevoli all'ade¬ sione; si rischia di diventare vassalli del grandi gruppi (Finsiel, Olivetti, Ibm) in un mercato che nel prossimi cinque anni andrà fatalmente verso le grandi concentrazioni, ribattono gli altri. L'obiettivo degli oppositori non sarebbe il «no» alla Confindustrìa, ma la negoziazione di una posizione che permetta agli imprenditori dei settore di mantenere la propria autonomia. Non solo, ma in Italia esiste la Federazione del terziario avanzato, che raggruppa Anasln, ingegnerìa, consulenza, revisione, pubblicità, con 11 proposito di riunire tutto il terziario emergente. Un obiettivo certamente difficile da realizzare, forse addirittura utopistico, anche perchè c'è chi pensa che la Federazione possa diventare il terzo polo privato accanto a Confindustrìa e Confcommercio. Lo scontro tra favorevoli e contrari, e la minacciata scissione, però, rischiano di diventare un boomerang per l'intera categorìa, che spezzata, perderebbe il suo peso. E' nata cosi l'ipotesi di mediazione di Vincenzo Monaci, uno dei fondatori dell'Anasln ed esponente dell'ala crìtica nei confronti della Confindustrìa: «Una scissione sarebbe uno sbaglio — afferma — bisogna invece trovare un compromesso: Anasln e Con/industria hanno troppi interessi in comune per farsi la guerra. Una via d'uscita può venire dalle dimissioni dell'attuale consiglio, per ricominciare con un'atmosfera sgombra dai 'veleni' degli ultimi tempi. Poi si potrà stabilire che le imprese del settore potranno aderire alle Unioni industriali locali, ma al massimo livello i legami continueranno con la Federazione del terziario avanzato». Si tratta di un tentativo di ponte tra le due opposte tesi, che nelle intenzioni dovrebbe permettere di mantenere unita la categorìa e rafforzarla nei due ambiti (Terziario e Confindustrìa). Paolo Giovanelli
Persone citate: Olivetti, Paolo Giovanelli, Vincenzo Monaci
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