A Livorno e ritorno di Frane Barbieri

A Livorno e ritorno Le polemiche tra i «cugini» della sinistra A Livorno e ritorno Da Livorno a Palazzo Barberini, fra anniversari e rievocazioni, la sinistra ilaliana si è rivolta in questi giorni alla propria storia come non accadeva da tempo: con toni tendenzialmente unitari, sfumando gli esclusivismi divisori. Non è il patetismo dei momenti storici che di cólpo fa sentire più vicini i tre partiti. E' piuttosto il fatto, attualissimo, che tutti e tre, pei, psi, psdi, stanno ridefinendo la loro identità e la loro collocazione (per quale volta, pur nella presunzione della continuità?). La ricerca sembra acquistare tratti più che mai convergenti, anche se resta dominata dalla «specificità del caso italiano», come ha sostenuto Craxi: fra l'altro dalla tentazione, non rientrata, del pei di giocare sulla sponda democristiana, populista o riformista, quando si tratta di stemperare l'esuberanza del psi craxiano, e viceversa; o dalla recriminazione espressa da Macaluso in un fondo de l'Unità verso i due cugini, rei di impedire un'alternativa riformatrice poiché non si decidono a «uscire dalle secche della subalternità alla de», h che, per riflesso politico e fisiologico, riporti al problema di fondo della sinistra e dell'alternativa nello specificò caso italiano appunto: come costruire l'alternativa, dare forma e prospettiva alla nebulosa programmatica e numerica, senza che finisca nelle ; secche di una nuova subalternità, dei socialisti nei confronti dei comunisti. Giorgio Napolitano cerca di tagliare la testa al toro dichiarando alla tv che i motivi della scissione di Livorno sono caduti, poiché ormai tutta la sinistra si ritrova sulla linea riformista. L'alternativa nasce ritornando a Livorno o piuttosto dimenticandosi di Livorno? Le risposte sono diverse e non si tratta di pure disquisizioni storicistiche. Neanche di rivincite storiche. Il contraddittorio emerso dai ricordi di questi giorni riguarda infatti i rapporti attuali e futuri, condiziona il senso dell'alternativa. Chi aveva ragione, allora? I comunisti pretendono di essere passati, ih una conseguente linea continuista, dal radicalismo rivolli riformismo Oliario al ileo, dall'orientalismo au'pccidentalisiho. Tutto sarebbe già concepito in Gramsci per essere poi «portato avanti» dai successori come nello slogan dei grandi comizi: «Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer!». Il nome di Natta, curiosamente, non viene ancora scandito dalle folle, forse perché interromperebbe la cadenza ritmica Per lui può rappresentare un vantaggio, la «ricchezza del patrimonio» comunista si esprime meglio in quanto di gramsciano è stato .rivisto e manipolato da Togliatti per essere poi gradualmente ripristinato e fatto rivivere da Longo e Berlinguer, piuttosto che nell'ecclesiastica continuità. Natta ci guadagnerebbe a proclamarsi senza remore il primo socialista e il primo laico rispetto ai predecessori, invece di scavare in Gramsci e Togliatti, impropriamente confusi, la propria identità, con il pericolo di cadere dalle aberrazioni Frane Barbieri (Continua a pagina 2 In quarta colonna)

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