Tutti guardano a Bonn

Tutti guardano a Borni Oggi i tedeschi votano per il nuovo Bundestag Tutti guardano a Borni La continuità della politica estera fulcro della campagna elettorale - Gli ultimi sondaggi confermano la «vittoria annunciata» di Kohl - Perché non ha fatto breccia l'alternativa della Spd - L'equilibrio del liberale Genscher DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BONN — Non è la prima volta che 1 tedeschi votano il 25 gennaio. E' già accaduto, nel 1907: e l'analogia non si ferma alla data. Anche allora fra i temi centrali del dibattito ci fu la politica estera e militare: per essere più precisi, la politica coloniale. Nell'Africa del Sud-Ovest, l'attuale Namibia, Herero e Ottentotti erano in rivolta e il cancelliere imperiale von Bulow batteva cassa per mandarvi truppe. L'opposizione, Spd e cattolici del Zentrum, contrastava i crediti per la guerra africana: ma fu sconfitta dal blocco di conservatori e liberali che sosteneva Bulow. La presenza socialdemocratica nel Relchstag si ridusse da 81 a 43 seggi. Un disastro: altra analogia non tanto con il voto di oggi, il cui esito è nelle mani di 45 milioni di elettori, quanto con lo scenario ripetutamente tratteggiato, fino a ieri, dai sondaggi di opinione. Nel quale non c'è posto per il sogno tenace dello sfidante Johannes Rau: i fattori di stabilità prevalgono infatti sulle motivazioni per il cambiamento. Dunque per Helmut Kohl, ripetono gli .istituti demoscopici, si profilano altri quattro anni di Cancelleria. In un Paese come questo, che vive di relazioni con il resto d'Europa e del mondo, è costante la centralità della politica estera. Che cosa possono aspettarsi, l'Europa e il mondo, dal voto di oggi? Nella semplificazione della campagna elettorale, i tedeschi si sono trovati di fronte alcune alternative. La radicale alternativa verde: pacifismo, neutralismo, fuori della Nato, La più sfumata alternativa socialdemocratica: quella che Rati chiama, senza esattamente definirla, la seconda fase della distensione. A grandi linee un atlantismo critico, un rapporto più stretto con l'altra Germania, la parallela pressione sui due blocchi per fare dell'Europa centrale un'isola denuclearizzata. La vittoria annunciata di Kohl elimina queste strategie, almeno per alcuni anni, dal paesaggio politico tedesco. Ma questo non esaurisce affatto il discorso. Infatti anche nella coalizione esiste una dialettica continuitàcambiamento: all'interno della maggioranza gli elettori hanno la possibilità di scegliere, se non proprio fra due politiche estere, almeno fra due accentuazioni diplomatiche. E' vero che il Cancelliere promette continuità: la politica estera, ha detto più volte, non si tocca. Ma l'ultima parola, ovviamente, è ai cittadini Manovrando sui rapporti di forza fra gli alleati, il corpo elettorale può dire agevolmente la sua. Vuole, come Kohl, che la politica estera non cambi? In questo caso sosterrà adeguatamente l'Fdp, il partito libe¬ rale del ministro degli Esteri Hans • Dietrich Genscher. Vuole, invece, far pressione su Kohl perché egli ceda alle sollecitazioni di Strauss, per una virata a destra della diplomazia federale? E allora concentrerà i voti su CduCsu. trasferendo potere da Genscher a Strauss. In che cosa consiste l'alternativa Strauss-Genscher? Ciò che è in discussione, da parte dell'ala destra della maggioranza, è l'equilibrio della politica estera tedesca, fin qui attentamente curato da Genscher, fra la fedeltà atlantica, la collocazione occidentale del Paese, e la ricerca del dialogo con l'Est. Soprattutto con l'Unione Sovietica di Gorbaciov, che secondo molti segnali ha individuato nella Repubblica federale un interlocutore privilegiato, e con l'altra Germania, irrobustendo quel dialogo lntertedesco che scattò ai tempi di Brandt cancelliere. Strauss chiede invece intransigenza verso l'Est, sul disarmo ma anche sui crediti, e collaborazione con certi «amici dell'Occidente» come il Sud Africa. E anche il perseguimento di quella che il bavarese considera una vocazio- ne nazionale tedesca: esportare armi senza guardare tanto per il sottile, il duello Genscher-Strauss ha vivacizzato questa campagna altrimenti pigra, svogliata, ha scaldato i freddolosi comizi più del Gluehwein: quel vino bollente che per i tedeschi è una specie di antigelo personale. Secondo i sondaggi, la contesa favorisce i liberali. Dovrebbero superare non sol¬ tanto la soglia del cinque per cento, sotto la quale il Bundestag resta un miraggio, ma anche il sette di quattro anni fa. Per questo chiedono agli elettori il secondo voto. B secondo del due a disposizione: che va a una lista non necessariamente coincidente con il partito indicato dal primo voto, che serve a eleggere direttamente la metà dei deputati. La stessa cosa avviene, sull'altro fronte, a vantaggio del Verdi. Naturalmente : partiti maggiori chiedono entrambi 1 voti: il secondo infatti determina la composizione del Bundestag. E' un gioco di frange marginali, di elettori sofisticati, quello che consente la sopravvivenza politica dei Verdi e dei liberali. Lo strumento del secondo voto permette agli elettori di mandare segnali complessi. A quelli della maggioranza, per esempio, di chiedere una duplice stabilità: perché non muti la coalizione, ma anche perché all'interno di essa non mutino 1 rapporti di forza. Confermando Kohl, ma senza consegnarlo a Strauss.

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