Le tre Italie dell'istat

Le tre Italie dell'isftat L'Annuario rivela i divari tra Nord, Centro e Sud Le tre Italie dell'isftat ROMA — Siamo diventati la quinta potenza industriale del mondo, dopo il «sorpasso» (nel reddito pro-capite) con l'Inghilterra, ma sono cresciute le differenze tra le grandi aree del Paese: i divari tra zone a maggiore sviluppo e realtà arretrate aumentano, cosi come si allarga il solco che divide i gruppi sociali. I «ricchi» hanno migliorato i loro redditi e il peso specifico nell'economia nazionale, mentre 1 •poveri» contano ancora meno. L'Italia, insomma, secondo l'ultimo rapporto stilato dall'Istat, l'«Annuario statistico italiano 1986» si divide in tre aree socio-economiche: Nord, Centro e Mezzogiorno. Fra i tanti Indicatori ce ne sono alcuni curiosi: il Mezzogiorno per esemplo, oltre che «povero», è anche «giovane». Vi risiede il 25,7% degli italiani con meno di 15 anni, il 63,0% della fascia d'età 15-84 anni e solo 1' 11,3% degli ultrasessantactnquenni. Al centro prevale l'età della maturità, mentre il ricco Nord è più vecchio. Ecco, attraverso alcuni capitoli dell'annuario', le diverse componenti che determinano il profilo «nazionale» della penisola. I dati si riferiscono all'85. Consoni.. Le differenze Incominciano dalla cifra più vicina alle taschs di tutti gli italiani, la spesa media men¬ sile di ogni famìglia: al Nord è stata di 1.804.961 di lire; al Centro 1.701.870 di lire e in Meridione e Isole ci si è fermati a 1.398.531. Cioè, mediamente ogni settentrionale supera di un terzo il consumo di un meridionale., Ci sono differenze anche nel tipo di consumi: la spesa alimentare rappresenta solo il 21,5% dei redditi più alti, mentre sale al 30,5% nelle famiglie operale e impiegatizie. Ma 1 dati più impressionanti riguardano il divario nella graduatoria dei redditi familiari: 1 più «ricchi» avevano nell'83 oltre 7 volte il reddito del meno abbienti; neil'85 sono passati all'8,1. Lavoro. Diverse le quote della disoccupazione nazionale (due milioni e 471 mila persone, pari al 10,6%): sono soltanto l'8,7 per cento al Nord-Centro contro un 1*,7 nel Mezzogiorno, n minimo assoluto è in Val d'Aosta con un 4,1 per cento, mentre il massimo si registra in Sardegna, con 1121,6. Istruzione. La popolazione scolastica (11 milioni e 834 mila studenti nel 1985-86) è diminuita nel quinquennio di 628 allievi, pari al 5%. Ma a questa contrazione — registrata soprattutto nella scuola materna, elementare e media per effetto della riduzione delle nascite — il Sud praticamente non partecipa La carenze di aule e di insegnanti qualificati re¬ sta quindi nel Meridione un problema aperto. Effetto Aids. La psicosi dell'Aids (con la conseguente maggiore attenzione all'igiene personale), ha favorito la brusca caduta delle malattie veneree ed infettive. Fra l'84 e l'85 i nuovi casi di sifilide sono diminuiti del 13,4% e quelli di blenorragia del 24,2%. In calo anche epatite virale, febbre tifoide, meningite, rosolia e varicella. In aumento invece pertosse e Infezioni da salmonelle. Aborti. I tassi di abortlvità più elevati (media nazionale 14,8 per mille) sono dell'Umbria (20,4 per mille), EmiliaRomagna (19.5), Lazio (17.7). Piemonte (17,4), Liguria (16,4). Meno omicidi. I delitti sono diminuiti, con il miglioramento delle condizioni economiche generali II quoziente per 100 mila abitanti era di 3.5 nel 1985, 4,1 nel 1P81.8,8 negli Anni 40,9,5 negli Anni 20. Qualche sorpresa riserva la graduatoria della «buona condotta». Abitazioni. Al miglioramento dell'economia non ha fatto riscontro quello del patrimonio edilizio. Le abitazioni per 100 mila abitanti sono passate da 4,91 a 3.91 fra 184 e l'85. La situazione per regione Ìndica al primo posto la Sardegna (8,12) ed all'ultimo la Liguria (1.56).