Etiopia, risveglio al buio

Etiopia, risveglio al buio Alluvioni, siccità, migrazioni: la lotta millenaria di popoli poveri e vessati da regimi feudali Etiopia, risveglio al buio In pochi anni la sua popolazione si è raddoppiata - Dopo uh drammatico avvio, il programma per i «villaggi comuni» comincia a funzionare -1 trasferimenti dei contadini sono però costati morte é disperazione Studioso del Centro nazionale per la ricerca scientifica francese, (Cnrs), Jean Doresse, l'autore di questo articolo, è, per i suoi studi, legato da 35 anni all'Etiopia, delle cui jxrpolàztoni rimane uno dei più attenti osservatóri. Nei primi anni della Rivoluzione ha diretto un programma del Cnrs destinato .all'Etiopia moderna. Il suo ultimo viaggio nel Paese africano risale all'estate 1986. NOSTRO SERVIZIO Meno di un anno fa una giornalista, mostrandomi una carta della plana di Quoram. nel Tigrai dove aveva visto ammucchiarsi gente moribónda, mi diceva: • Questi luoghi che lei vide verdeggianti Certo, più di una volta', nel '52 e nel '53, ho sostato nel pressi del lago Achangul, circondato da una pianura non meno arida di quanto lo è oggi. Oli italiani, 15 anni prima, avevano tentato di rendere vivibile la regione, devastata dalla miseria (le acque del lago Achangul sono salmastre), cercando nel sottosuolo uh filo d'acqua potàbile; gli stessi italiani avevano anche cercato di spostare qualche km più a Ovest il villaggio. Fu tutto inutile. E' bene che lo storico non diméntichi le cronache. In ■Etiopia, le terre fertili, sin dai tempi più antichi, si sono sempre ridotte. Il trasferimento delle capitali, da Axoum a Nazaré e a Lalibela e poi a Debra-Berhan fino al ■lago Tana, è stato sempre imposto dall'aridità; del suo- ' lo. Da mille anni, il Nord del Tigrai, che domina i porti "del'?Mar Rosso, quel Nord dove la civiltà axoumita doveva costruire dighe per "trattenere le piogge, è via via divenuto Inabitabile, cosi .come il prospero regno arabo-meridionale di Himyar, ridotto alla fame dalla rottura della celebre diga del Mariti, alla fine del VI secolo: già allora, se non avesse potuto trasportare il suo centro sulle montagne del Lasta, l'Etiopia sarebbe stata' "'cancellata dalla Storia. si, cento anni addietro, quando non v'era stato ancora lntrodrotto l'eucalipto, pianta dalla crescita rapida, Menelik si apprestava a abbandonare-Addis Abeba. disboscata poco dopo la sua fondazione; l'immenso campo della nascente capitale ha fatto 1 bagagli e 11 cuore dell'impero ha ripreso ad errare sempre più verso Sud. E' una tradizione millenaria: 1 ricchi annali del XIV e del XV secolo descrivono quegli immensi campi che erano le «capitali» dell'Etiopia, con al centro un fasto inaudito: le chièse e il Palazzo. Venivano eretti durante la stagione delle piogge, poi si spostavano, alla ricerca di regioni fertili e al riparo dà epidemie. Per avere un'idea di queste migrazioni, valgono i ricordi dell'inglese Rissarli, che nel febbraio 1866 vide Theodoros II scortare un formicaio umano (circa 90 mila persone) verso 11 Sud del lago Tana, cercando nel Goggiam terre meno desolate. Spostamenti di considerevoli proporzioni, che duravano, qualche secolo: come la migrazione degli Oromo (o «Galla») dal Sud verso il Centro, dal XVI al XIX secolo, che sarebbe sbagliato definire «Invasione», perché i loro punti di partenza erano dentro l'Etiopia. Pastori o agricoltori, gli etiopi non hanno mal smesso di cercare nuove terre, vergini o — il che era causa di saccheggi e massacri'— già occupate da altre perso-. ne. Senza l'attuale regolamentazione di queste migra-, zioni, i conflitti tra etnie vicine si sarebbero perpetuate. La natura e il clima impongono queste migrazioni: in due anni ho visto la valle tigrina -del Mareb perdere 1 suoi ultimi alberi (1953); dal 1959 al '62, a Sud del Choa, le boscaglie verdeggianti, dal lago Zway fino a Sheshamanné, si sono trasformate in deserti; lo stesso è accaduto nel Wollo per la vallata del Robi. sotto Desslé, dove sono spariti imponenti tastale tropicali. Nel 1972, nel Sud-ovest, furono spazzate , le* 'titismtmmibmM.ì lago Chamo. Un cliina-perfl--4- dlscbtesrirttdtd do quello dell'Etiopia: le alluvioni si alternano con le . siccità, calamità i cui caprìcci sono celebri sin dai tempi biblici: le carestie dell'Egitto, dai Faraoni al Medio Evo, erano le conseguenze della siccità etiopica. Ola sotto il regime imperiale, gli uomini politici più responsabili avevano studiato una riforma agraria che, togliendo ai ricchi 1 loro feudi incolti, permettesse di trasferire miserabili contadini su suoli fertili. Ma non fu piai portata' a termine: 11 primo ministro Aklilou Haptewolde.un uomo di vedute moderne, non nascondeva al suol collaboratori che, ogni volta che il. suo decreta finiva sul tavolo. dell'Imperatore, veniva Immediatamente fatto sparire da qualche membro della famiglia Imperiale. E quando una carestia devastava una provincia, veniva messo tutto a tacere con il pretesto di tumulti o di epidemie. Nel 1963, durante le cerimonie per la fondazione dell'Organizzazione per l'unità africana, nelle vie di Addis Abeba ci furono retate nelle quali finirono quei diseredati che affluivano periodicamente dalle province: furono portati lontano dalla capitale; bambini in tenera età, abbandonati in capanne isola¬ te, morirono di inedia. Ma l'Etiopia si stava svegliando e, quando arrivò la carestia, del 1971-72, Addis Abeba vide affluire 'giornalisti la cui attenzione' tu attirata dal contrasto tra queste larve umane e la vita moderna della capitale: questa miseria, che indignava anche gli etiopi, non poteva più essere nascosta. Il regime rivoluzionario decise di combattere la fame con un programma mirante a mettere fine alle migrazioni incontrollate — e devastatrici — del passato, sistemando i contadini in comunità moderne e fisse. Io fui testimone dell'avvio di que- sto programma, per il quale il governo ha consultato storici, agronomi e geologi. Il piano si accompagnava alla volontà di abbattere barriere sociali, linguistiche e religiose .che avaveno da sempre diviso le popolazioni L'alfabetizzazione delle masse fu ben avviata. Ma la riorganizzazione agraria dovette, anzitutto, confrontarsi con un'altra carestia, che stravolse ogni previsione: e 11 Comitato militare amministrativo provvisorio (Derg) non aveva un secondo Giuseppe. Ero anche tra coloro ai quali questo piano non piaceva. perché gli spostamenti dì popolazioni in nuove regioni avrebbe compromesso le colture originarie e cancellato le lingue arcaiche. Lo storico potrà dire che l'Etiopia, entrata nella Rivoluzione con 20 milioni di abitanti, ne contava nel 1986 circa 42 milioni e che, in fin dei conti, la carestia del 1984-85 è stata efficacemente arginata. n trasferimento di popolazioni affamate poteva avvenire senza lacerazioni? Avviato con affollamenti brutali' e insensati portò al disastro del campo di Quoram, e alle sue indimenticabili immagini Che a suo tempo siano state documentate è servito da lezione. Oli attuali agglomerati attorno àll'Harrar, il lavorò italiano nel Goggiam e nel Tigrai che la tv ci ha mostrato, sarebbero più apprezzati se i commentatori sapessero come quei trasferimenti sono avvenuti II primo pensiero delle autorità, in modo particolare nell'Harrar, è stato di portare acqua potabile e elettricità, e di fare strade — comodità ignorate fino a 30 anni fa — nel nuovi villaggi Che anche in passato sorgevano spontaneamente, ogni volta che una strada carrozzabile, una linea elettrica, una nuova sorgente d'acqua erano mèsse in funzione dal governo imperiale. Ciò che tradì l'artificiosa (e politica) campagna di odio contro Addis Abeba non fu il fatto che l'Etiopia si preoccupasse soltanto del trasferimenti interni degli etiopi (pur approvando il trasporto In Israele di altri diecimila autoctoni 1 Falasha), quanto la Bua ostinazione nel rispolverare lagnanze stereotipe. L'Abissinla di Menelik li, mentre difendeva le .sue frontiere storiche e si apriva alla modernizzazione — con l'aiuto della Francia*'—, fu bersaglio di feroci accuse da parte delle grandi potenze che, complottando per 11 suo smembramento, raccerchiarono, impedendole l'estensione della ferrovia e l'uso dell'acqua del Nilo blu. Negli Anni Trenta, 11 fascismo mussoliniano fece dilagare nella nostra stampa accuse immaginarie contro l'Etiopia di Halle Selasslé che si apprestava a invadere: il carattere menzognero di quella campagna fu riconosciuto, ma troppo tardi per evitare l'invasione. Dopo il 1971, una nuova campagna di stampa Internazionale ha subissato l'impero vacillante, con un giusto allarme per l'ennesima carestia ma anche con Insulti aberranti, divenendo il detonatore di una rivoluzione alla quale il Paese non era preparato. Non c'è da stupirsi che oggi alcuni circoli ripropongano contro un'Etiopia radicalmente diversa da quella dell'impero cliché troppo simili usati durante il regime feudale oggi cancellato? Oggi nonostante la natura implacabile e l'ostilità di certe potenze, l'Etiopia sta recuperando in diversi campi: alfabetizzazione, igiene, economia, tecnologia: il Paese edifica la pace con un'Intesa al fine costruttiva con la vicina Somalia. Se qualche nostro compatriota non intende aiutare questa nazione martire a risanare le sue plaghe, si astenga almeno dall'Inglgantlre, con le lenti di Ingrandimento delle polemiche, le numerose tristi eredità di un passato In cui l'Occidente si macchiò di mille soprusi Jean Dorasse <>U Monde Diptoinatique» e per l'Italia «La Stampi»

Persone citate: Aklilou Haptewolde, Imperiale, Jean Dorasse, Jean Doresse, Wollo