I due ostaggi in Etiopia « Saremo presto a casa » di Paolo Patrono

I due ostaggi in Etiopia « Saremo presto a casa » Spadolini ottiene l'appoggio del governo sudanese I due ostaggi in Etiopia « Saremo presto a casa » Lettera a Forte dei tecnici italiani - «I rapitori assicurano il rilascio senza condizioni» ROMA — Spadolini conferma, da Khartum, 1 primi segnali di speranza provenienti dal Sudan su un prossimo rilascio dei due ostaggi rapiti dal ribelli etiopici. E da Roma 11 consigliere diplomatico del presidente del Consiglio. Antonio Badlni, esprimeva ieri sera lo stesso ottimismo: •Sono giunti segnali che lasciano presumere entro breve termine una positiva soluzione del caso*. Più esplicito il sottosegretario Francesco Forte. Q responsabile del Fai ha annunciato di aver ricevuto una lettera (non precisando i canali attraverso i quali gli è giunta) in cui i due tecnici italiani rapiti in Etiopia assicurano 'Che stanno bene e sono fiduciosi*. Forte ha quindi confermato che il governo italiano è riuscito a mettersi in contatto con le organizzazioni antigovernative etiopiche nelle cui mani si trovano gli ostaggi • Queste organizzazioni — ha precisato — hanno dichiarato che ci restituiranno i due tecnici senza condizioni: Nella capitale sudanese il ministro della Difesa si è fermato ieri pomeriggio sulla via della Somalia, dove compie una visita ufficiale. La sosta a Khartum era già in programma, in calendario il colloquio su questioni bilaterali con il premier Al-Mahdi. Ma dall'incontro, Spadolini è uscito con l'impegno di «un interessamento personale' da parte del leader sudanese, che ha consentito al ministro della Difesa di esprimere «un cauto ottimi¬ smo» sull'epilogo di questa drammatica vicenda. Un comunicato congiunto, pubblicato al termine deirincontro di un'ora nel palazzo di Al-Mahdi specifica che 'il governo del Sudan proseguirà, per guanto è nelle sue possibilità nella regione, ogni sforze per ottenere la liberazione dei due italiani nel quadro della profonda amicizia e comprensione tra i due Po vi». In calici _.o, il ministro della Difesa ritiene che l'intera vicenda abbia complessi, delicati aspetti giuridici e di diritto'internazionali. Per una rapida soluzione risulteranno quindi decisive le iniziative «personali» del premier sudanese che gode in tutta la regione del Corno d'Africa di un indubbio prestigio. E che gode anche del vantaggio offertogli dal fatto che il «partito rivoluzionario del popolo etiopico» responsabile del sequestro di Giorgio Marchiò e Dino Marteddu ha le proprie basi in territorio sudanese. Spadolini ha rifiutato di entrare nei dettagli del colloquio con Al-Mahdi: «Porlandò troppo si rischia di vanificare gli sforzi che stiamo facendo». Ed un analogo atteggiamento di riserbo è stato assunto anche dall'ambasciatore italiano a Khartum, Lo Prinzi, che secondo alcune indiscrezioni è indicato come protagonista di un «contatto» diretto nella stessa capitale sudanese con il movimento ribelle al regime di Menghistu. Dagli ambienti dei gruppi di opposizione etiopici, che hanno uffici di rappresentanza anche a Khartum, si è appreso che i due tecnici della «Salini costruzioni» e 1 loro rapitori non sarebbero ancora riparati oltre il confine sudanese, come era stato indicato domenica, ma sarebbero ancora in territorio etiopico. Secondo fonti della Farnesina, il governo italiano avrebbe comunque avuto assicurazione dalle autorità di Addis Abeba che le forze etiopiche non si impegneranno in azioni militari contro il gruppo dell'.Eprp. e non ne intralceranno lo sconfinamento in territorio sudanese appunto per non mettere a repentaglio l'incolumità degli ostaggi italiani La fiduciosa previsione avanzata ieri sera negli ambienti del ministero degli Esteri e riecheggiata a Palazzo Chigi è che in un paio di giorni la situazione possa sbloccarsi e Marchiò e Marteddu possano essere rilasciati apparentemente senza condizioni da parte del «partito rivoluzionario del popolo etiopico». Oltre al «canale» del governo sudanese, l'Italia può contare in questa pericolosa vicenda anche sull'offerta di aiuto del «Fronte di liberazione eritreo». In un comunicato diffuso a Roma, il presidente del movimentò nazionalistico Osman Saleh Sabe si dice disponibile per intervenire «date le nostre buone relazioni con le organizzazioni etiopiche in rivolta: Ma in cambio, 11 «Fronte eritreo» chiede al governo italiano di bloccare il programma di aiuti al regime. Per Osma Saleh Sabe, i due tecnici italiani lavoravano in un progetto finanziato per 200 milioni di dollari dal governo di Roma «per l'insediamento di etiopici in zone fuori della loro regione di origine e per assecondare la politica del governo marxista di Menghistu mirante allo svuotamento delle popolazioni delle zone in rivolta: Secondo questa analisi della situazione, condivisa anche da alcuni settori politici italiani questi aluti forniti dall'Italia attraverso la «Fai» non giovano affatto all'interesse del popolo etiopico, ma servono soltanto a Menghistu «per rafforzare il suo regime marxista dittatoriale: Paolo Patrono