E per Natale, scendiamo dalle stelle di Stefano Bartezzaghi

E per Natale, scendiamo dalle stelle Ultimo gioco dell'anno: trovare nuove etimologie, «selvagge o coltivate» E per Natale, scendiamo dalle stelle LJ ANNO che si sta chiudendo ha visto la rubrica occuparsi di alcuni giochi. Soprattutto in estate si è parlato a lungo di un gioco, fondato sulla «paretimologia": si tratta di risalire al significato di una parola attraverso il ricorso alla sua storia (come nella scienza dell'etimologia), ma operando in modo che alla parola sia attribuita una radice che non è la sua, creando un effetto paradossale. E' un esercizio antico, può essere un esercizio molto divertente. Per varie puntate in questa rubrica sono comparse le etimologie fasulle che mi mandavano i lettori, e che si è convenuto cliiamare "etimologie selvagge». Poi si è passati ad altro, il troppo stroppia. Ma in cartella mi sono rimaste ancora moltissime lettere di argomento selvaggiamente etimologico. Ogni tanto le sfoglio, e viene da ridere a rileggere certe spettacolari invenzioni. Chissà che non capiti di ritornare in argomento, prima o poi. La cosa che mi e sembrata interessante, a un certo punto, è che il gioco delle etimologie fasulle è fondato su uno scambio. Leonardo da Vinci, come mi ha segnalato la signora Silvana Settanni (Capri, Na), scambiava «salvatico» per un derivato della radice latina salvus, e diceva: «Salvatico è chi si salva». La analogia tra salvus e Silva viene presa per un'identità. Così, si è convenuto di dire che le etimologie cosiddette selvatiche sono giochi fondati sulla «sopravvalutazione delle somiglianze». Sopravvalutazione intenzionale, e scherzosa. Talvolta sopravvalutazione fatta sul serio, e per davvero. La sopravvalutazione è una cosa importante. Ricordo un romanzo di Giovanni Mariotti, Butroto (Feltrinelli), il cui protagonista si ripete che molti problemi, al mondo, non ci sarebbero se a ogni cosa fosse data la sua giusta importanza: cioè poca. Potete giocare a poker usando come fi- ' ches dei bottoni o dei sassolini: ma per giocare davvero dovete dare a un certo punto troppa importanza a quei bottoni, a quei sassolini. Dovete accanirvi come se fossero bigliettoni da centomila. Sopravvalutare le cose serve per giocare. In altri casi è molto più pericoloso, anche al di là dell'ammonimento che ci comunica il personaggio di Mariotti. L'anno che sta per chiudersi è anche l'anno che ha visto arrivare a compimento, con l'uscita del quinto e ultimo volume, quell'opera immane e già fondamentale che è il Dizionario Etimologico della Lingua Italiana (Zanichelli). Gli autori sono Manlio Cortellazzo e Paolo Zolli: Tuttolibri (nel n. 621, 10 settembre 1988) ha pubblicato una loro intervista condotta da Luciano Genta. I due etimologisti raccontano il loro metodo di lavoro e sottolineano: «250 mila schede: tutto a mano, e tutto da soli. Altro che negrieri. Non abbiatno appaltato nulla a servizievoli studenti, per il semplice fatto che ci fidiamo solo di noi stessi». Ma come fanno a fidarsi, sia pure di se stessi? Come avranno fatto, mi chiedo, a resistere alla tentazione di sopravvalutare una sola, e striminzita, somiglianza? A fai- sificare in un empito di selvaggio furore una sola, e striminzita, etimologia? Sembra proprio che ce l'abbiano fatta: personalmente mi fido molto di Cortellazzo e Zolli, e credo proprio di non essere l'unico. Sembrerebbe allora che ci sia l'etimologia buona e la paretimologia, cattiva. La valutazione e la sopravvalutazione. La scienza e il gioco (più o meno perverso, più o meno lecito, o selvaggio). Chissà. Ma vorrei che non sfuggisse l'esistenza della sottovalutazione, anche nel nostro campo etimologico. E' sottovalutazione ciò che capita a coloro che giocano sulla somiglianza di desiderio e sidereo, senza tenere nel giusto conto il fatto che desiderare, etimologicamente, significa proprio «distogliere lo sguardo dalla contemplazione del cielo stellato», perché c'è qualcosa da contemplare anche quaggiù, ogni tanto. Guarda un po': l'etimologia «selvaggia» ' su desiderare e sidereo è invece un'etimologia «coltivata» (storica, veritiera: potete controllare sul Cortellazzo-Zolli). Questa circostanza è stata ricordata in questi mesi da Giampaolo Dossena, su Venerdì di Repubblica. Non so se Dossena sarebbe d'accordo, ma forse è questa etimologia che sta dietro a certe tradizioni sulle stelle e sui desideri. Forse, cioè, è per questo motivo remotamente etimologico che la notte del dieci agosto, anche quest'anno, ero a testa in su, ad aspettare le stelle cadenti, in luogo aperto e acconciamente buio. E. non so voi, non so Dossena, ma la caccia è stata magra: alcuni desideri, pochi sidera, e molti starnuti. L'arietta notturna era insidiosa, mi sono un po' raffreddato: ma questa, mi rendo conto, è tutta un'altra storia. Scrivete a Tuttolibri, redazione Giochi, via Marenco 32,10126 Torino. Stefano Bartezzaghi e

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