«Abbiamo inquinato, paghiamo»
«Abbiamo inquinato, paghiamo» «Abbiamo inquinato, paghiamo» Sono d'accordo con Unitolo le aziende che hanno prodotto i rifiuti tornati in Italia - Primi risarcimenti per le «navi dei veleni» ROMA — I produttori dei rifiuti industriali che tornano in Italia a bordo delle «navi dei veleni' hanno dato la loro -adesione di principio- al risarcimento delle spese sostenute dallo Stato per il rientro delle scorie e il loro smaltimento. Lo ha dichiarato il ministro Ruffolo dopo la prima riunione tra i dirigenti dell'Ambiente e i legali delle 36 ditte convocate. -Sono abbastanza soddisfatto-, ha detto, sottolineando che il principio «chi inquina paga» comincia ad essere applicato. -Già il fatto che si siano presentati quasi tutti alla riunione è positivo-. Un secondo incontro è stato fissato per il 18 gennaio. -Speriamo che in quella data sia possibile concordare le procedure per il risarcimento-. La preoccupazione maggiore manifestata dalle industrie è che l'iniziativa di Ruffolo comprometta la loro immagine presso l'opinione pubblica. -Ma noi non abbiamo nessuna intenzione di colpevolizzarli-, ha assicurato il ministro. -Vogliamo semplicemente che venga osservata la legge. E la 905 dice die le imprese devono farsi carico dello smaltimento dei loro rifiuti. Questo vale anche per i rifiuti che sono stati regolarmente esportali, ma che so¬ no tornati in Italia senza essere smaltili, come in questo caso-. Altra preoccupazione delle imprese: che nella confusione venga loro affibbiato il costo dello smaltimento di rifiuti che non sono loro. •Questo problema — ha ribattuto Ruffolo — sarà superato. Dopo lo scarico dei contenitori identificheremo i fusti uno ad uno per determinare da dove provengono. E qualora non fosse possibile conoscere l'impresa, chiederemo il risarcimento alle agenzie di intermediazione che hanno esportato le scorie per conto delle ditte-. Per il momento, solo due delle cinque navi coinvolte nel rientro dei rifiuti hanno attraccato in Italia: la Zanoobia a Genova e la Karin B. a Livorno. In entrambi 1 casi sono iniziate le operazioni di scarico e catalogazione. La terza nave, la Deepsea Carrier, rappresenta il problema più spinoso: è ancorata nella rada di Augusta in attesa di attraccare a Taranto, ma il governo non è riuscito a convincere le autorit à pugliesi a dare il via libera all'operazione. Tutto pronto, invece, per la Imco 104. che approderà a La Spezia entro metà gennaio con i rifiuti raccolti in Libano. La quinta nave, che ancora non è stata individuata, andrà invece a Ravenna con il terriccio della discarica di Port Koko, dov'erano state gettate le scorie. n ritardo di quest'ultima operazione è dovuto in parte al fatto che fino a pochi giorni fa non si sapeva quanto terriccio sarebbe dovuto tornare in Italia. I rappresentanti dell'Eni avevano inizialmente proposto di raschiare i primi dieci centimetri dell'intera superfìcie. Ma le autorità nigeriane hanno chiesto che si scavasse fino a un metro, ri compromesso è stato raggiunto a 60 centimetri. Questo significa che il carico ammonterà a 6 mila tonnellate circa e richiederà una nave più grande del previsto. n governo ha finora stanziato 20 miliardi per coprire i costi dell'emergenza-navi, in attesa di essere risarcito dalle ditte. Ma è probabile che quel tetto venga sfondato. Le operazioni di scarico della Karin B. sono già costate, da sole, 10 miliardi. E i costi aumentano più il tempo passa: il ministero degli Esteri, per esempio, paga 11 milioni al giorno per l'affitto della Deepsea Carrier, che è arrivata in Italia quasi 4 mesi fa. Andrea di Robiiant
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