Shamir-Mubarak: è già no

Shamir-Mubarak: è già no Shamir-Mubarak: è già no Sembra sfumare una visita del premier egiziano a Tel Aviv Il Cairo chiedeva l'avvio del dialogo con l'Olp - Israele: è il benvenuto ma nessuna pregiudiziale -1 contatti continuano - Nuove offerte a Hussein: siamo disposti a correggere la formula di Camp David detto ieri Shamir—sarà .reso noto fra breve a coloro i quali coopereranno con noi nella ricerca della pace'. Nel frattempo sia Shamir che il suo ministro degli Esteri Moshe Arens hanno affidato al senatore americano Jay Rockefeller due messaggi, di identico contenuto, per re Hussein. In essi confermano che Israele considera la Giordania un partner importante per la pace. Indicano così implicitamente di non giudicare definitiva la separazione giuridica ed amministrativa fra Giordania e Cisgiordania annunciata nel luglio scorso dal monarca ascemita. A Hussein (che ieri ha ricevuto due componenti del Comitato esecutivo dell'Olp) Israele ripropone una formula basata sugli accordi di Camp David del 1978. "Siamo disposti — ha precisato ieri Shamir — ad effettuare degli aggiustamenti che si rendono necessari per il tempo trascorso'. Egli ha ribadito tuttavia di essere contrario all'ipotesi che il regime di autonomia nei territori occupati previsto in quegli accordi possa costituire il nucleo di uno Stato palestinese indipendente. Dall'Olp è già arrivata una risposta negativa: il comitato esecutivo ha respinto la proposta di Shamir di una limitata autonomia definendola 'una manovra tesa a distogliere l'attenzione della opinione pubblica mondiale dall'iniziativa di pace palestinese». f.a. NOSTRO SERVIZIO TEL AVIV — Israele non accetta le precondizioni politiche egiziane che renderebbero possibile la visita del presidente Hosni Mubarak in Israele. Lo ha ribadito ancora ieri il premier Shamir affermando che 'Mubarak è il benvenuto; ma questo tipo di visite va preparato con meticolosità, lontano dalla luce dei riflettori e senza precondizioni». Ieri al Cairo il viceministro degli Esteri Ghali aveva avvertito infatti che il presidente egiziano prenderebbe in considerazione una visita in Israele solo se il governo di questo Paese acconsentisse ad avviare un dialogo con l'Olp; questa ipotesi è sempre stata scartata in passato da tutti i leader israeliani. Una fonte dell'ufficio di Shamir ha confermato comunque che nonostante le dichiarazioni di Ghali i contatti fra i due Paesi continuano intensi. Nei giorni scorsi gli israeliani hanno proposto attraverso i canali diplomatici una nuova formula politica che a loro avviso potrebbe servire a far avanzare il processo di pace, assegnando alla Giordania un ruolo importante. Israele chiede al presidente egiziano di abbandonare i piani per una conferenza intemazionale di pace a cui partecipi l'Olp, e di appoggiare piuttosto un negoziato diretto fra Israele e una delegazione giordano-palestinese sotto gli auspici di Usa e Urss. -Il contenuto dettaglialo delle nostre proposte — ha «Olp, l'indispensabile nemico» NOSTRO SERVIZIO TEL AVIV — L'opposizione dell'estaoHshment israeliano, laborista e conservatore, alla creazione di uno Stato palestinese indipendente in Cisgiordania e a Gaza deriva non solo da considerazioni immediate, ma anche da un senso di responsabilità storica verso il destino del popolo ebraico e potrebbe essere collegata anche a contraddizioni di fondo nella classe politica del Paese. Sono queste le prime conclusioni di un dibattito avviato nei mass-media israeliani in seguito alla svolta moderata di Arafat. Uno Stato palestinese in Cisgiordania e a Gaza, sostengono alcuni analisti, non potrebbe sopravvivere e costituirebbe per Israele un'eterna mina vagante alla porta di casa. Si tratta infatti di due piccoli lembi di terra, con una superficie complessiva di 5000 chilometri quadrati, densamente abitati e privi di risorse. Il ritorno nel nuovo Stato palestinese di centinaia di migliaia (forse anche di milioni) di profughi e l'impossibilità di fornire loro alloggi e mezzi di sostentamento costituiscono, secondo questa analisi, un pericoloso elemento destabilizzante, sia per Israele che per la Giordania. Da sinistra si chiede però come mai Israele veda in un piccolo Stato palestinese smilitarizzato una minaccia maggiore che non il persistere del confronto con tutto il mondo arabo (dotato di formidabili arsenali da guerra) e il crescente isolamento internazionale. La sinistra sospetta dunque che dietro a queste spiegazioni si celino altre motivazioni. Il politologo Uzy Benziman ha collezionato citazioni su questo tema dei leader israeliani degli ultimi vent'anni. -Nel 1973 — ricorda — Golda Meir affermò che fra il Mediterraneo e il deserto orientale c'è spazio per due soli Stati, Israele e Giordania. L'attuale premier Yitzhak Shamir ha usato pressoché le stesse parole quando ha presentato la settimana scorsa il nuovo governo-. Secondo Benziman tutti i leader israeliani, passati e presenti. hanno sempre creduto che la creazione di uno Stato palestinese nei territori occupati sia l'inizio della liquidazione di Israele, in quanto la sua sicurezza dipenderebbe da garanzie internazionali. 'Essi pensano sinceramente di sostenere sulle loro spalle il destino del popolo ebraico- spiega Benziman. Per lo scrittore Amos Oz le radici della «paura magica», che coglie l'israeliano medio di fronte al progetto di uno Stato palestinese nei territori occupati, affondano in un complesso di colpa: se Israele riconosce l'immoralità dell'occupazione della Cisgiordania, ammette automaticamente che è Immorale occupare anche il resto della Palestina. 'Se è cosi — ha scritto di recente sul quotidiano laborista Davar —, dobbiamo rinsavire al più presto. Senza Haifa e Jaffa cesseremmo di esistere, ma sema le città cisgiordane di Nablus e Ramallah potremmo stare molto bene». Un altro politologo. Doron Rosenblum, ha notato invece che gli israeliani sono soliti definire se stessi in funzione delle cose a cui si oppongono. 'Sappiamo bene — ha scritto — contro cosa siamo pronti a combattere all'infinito, ma non sappiamo mai quale obiettivo positivo vogliamo raggiungere». Secondo Rosenblum, i leader israeliani non sono interessati a prendere atto di una evoluzione moderata nell'Olp: -L'opposizione totale a questa organizzazione è sempre stato un elemento portante nella definizione del nostro essere. Immaginatevi quali ripercussioni caotiche si abbatterebbero sulla nostra identità se perdessimo all'improvviso il nemico per eccellenza. Sarebbe un terremoto'. Privati del -nemico», i politici israeliani si troverebbero, secondo Rosenblum, senza quel -consenso negativo» che oggi consente loro, per la seconda volta consecutiva, di dar vita a un governo di unità nazionale e non riuscirebbero a sostituirlo con una «visione positiva» delle mete che lo Stato d'Israele aspirerebbe a raggiungere. f.a.