Figlio in bilico tra un giudice e l'altro
Figlio in bilico tra un giudice e l'altro Rinviato dalla Suprema Corte un caso di affidamento di minore Figlio in bilico tra un giudice e l'altro Accolto a Roma il ricorso della madre «possessiva» che rivuole il suo ragazzo (ora ha quasi 15 anni) - La donna: «I giudici devono chiedere a lui se vuole tornare da me. A casa, io e sua sorella lo aspettiamo» Da tre anni Santa Maria Intrieri non vede il figlio Gino, che una sentenza della corte d'appello dei minori di Torino ha affidato ad una famiglia, giudicando la donna troppo possessiva nei confronti del ragazzo. Doveva essere un triste Natale per lei, sola in casa con l'altra figlia Eleonora, 19 anni, che inspiegabilmente i giudici le hanno lasciato, quando inaspettata è arrivata la telefonata del suo legale, avvocato Viterbo: •La Corte di Cassazione ha accolto il nostro ricorso, la sentenza di Torino è stata annullata, si rifarà il processo ma questa volta davanti ad una sezione diversa della corte d'appello dei minori-. Santa Maria Intridi è scoppiata in lacrime: -Da troppo tempo sto lottando per riavere mio figlio e ormai avevo perso ogni speranza. Ora non voglio illudermi ma neanche arrendermi-. La vicenda di Maria Intrieri è una delle tante storie di affidamento. A renderla emblematica è l'età del figlio conteso, Gino, che nel marzo prossimo compirà 15 anni e che è stato tolto alla madre quando ne aveva già undici compiuti. La donna, immigrata a Torino dalla Calabria, rimasta vedova, aveva sistemato i due bambini nell'istituto «Pro infantia derelieta». Aveva trovato lavoro in una mensa industriale e faceva orari diversi a settimane alterne: Gino aveva allora poco più di un anno, impossibile affrontare il costo di una baby sitter. Nell'80 la Intrieri riporta a casa Eleonora, ormai più grandicella, ma lascia in un altro istituto, il «Santo Natale», il maschietto. Riferiscono gli assistenti sociali che un primo esperimento di affidamento del piccolo ad una famiglia fallisce per «te continue interferenze della madre con la famiglia affidatario». Nell'83 anche Gino torna a vivere con la mamma ma Eleonora, anziché aiutarla nell'assistenza del bambino, le crea a sua volta dei problemi e non si cura abbastanza del fratellino. L'anno successivo si decide di inserire il bambino in una comunità e le cose sembrano finalmente andare per il verso giusto, quando improvvisamente, nel settembre dell'85, educatori ed assistenti sociali della Comunità chiedono al tribunale dei minorenni di limitare gli incentri del bambino con la madre, -perché costei non permette a Gino di instaurare rapporti validi e costruttivi con altre persone». Nell'aprile dell'86 Maria Intrieri viene messa in cassa integrazione; ha più tempo da dedicare ai figli. Ma gli assistenti sociali hanno deciso un diverso destino per Omo e nel rapporto al tribunale dei minori esprimono il parere che -è necessario ridurre gli incontri madre-minore, perché gli atteggiamenti della donna sono soltanto fonte di sofferenza per il bambino, che sogna di essere affidato ad una coppia conosciuta a Natale». Il tribunale dichiara lo stato di adottabilità di Gino e per la vedova comincia una lunga e tormentata battaglia legale. La sentenza del settembre '87 conferma il decreto del tribunale dei minori. Il giudizio d'appello non è stato tenero nei confronti della vedova: -Gino ha quasi 14 anni ed è stato scaricato dalla madre quando aveva un anno di vita. La Intrieri non ha mai cercato un'altra occupazione che le consentisse di fare anche la madre-. Quanto all'istanza dell'avvocato Viterbo perché siano sentiti il ragazzo e la sorella Eleonora, la corte respinge e motiva: -Le loro audizioni sembrano del tutto inopportune perché fonti di ansia e forti conflitti: Una decisione che i giudici della Corte di Cassazione hanno ribaltato: Gino, la sorella Eleonora, la madre e i testimoni, saranno sentiti in aula. Cosi, dopo tre anni, la donna rivedrà suo figlio e per lei questa è forse la vittoria più importante: -Ho chiesto infinite volte che almeno mi consentissero di sapere dov'era. Che i giudici lo chiedano a lui. se vuole tornare da me: a casa io e Eleonora lo aspettiamo». Claudio Ccrasuolo
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