Quei fusti di veleni erano un business

Quei fusti di veleni erano un business Anche l'ex assessore regionale all'Ecologia, Calsolaro (psi), è sotto inchiesta Quei fusti di veleni erano un business C'era da bonificare un deposito a Carema e sarebbe stata varata una delibera compiacente per favorire la «Servizi Industriali» - Secondo il perito non c'erano né urgenza né pericolo - Cominciati gli interrogatori dei dieci imputati Anche l'emergenza ecologica può diventare un affare. Almeno, questo è il sospetto della magistratura su una delibera regionale che il 26 luglio '84 autorizzò una società, specializzata in smaltimento di liquidi reflui tossici, a svuotare i serbatoi della Fidon, ditta fallita di Carema. La delibera, che impegnava la Regione a una spesa di 436 milioni, sarebbe stata il frutto di una manovra concordata tra i funzionari pubblici e gli amministratori privati: stando a quanto avrebbe accertato il perito d'ufficio, non c'era nessuna urgenza di svuotare i serbatoi e nessun perìcolo. n sostituto procuratore Stella Caminiti ha spiccato una decina di ordini di comparizione per falso, peculato e interesse privato e ieri ha cominciato gli interrogatori degli imputati: l'ex assessore regionale all'ecologia, Corrado Calsolaro (psi); il funzionario della Regione Alberto Buracco; il sindaco di Carema Ferruccio Parisio; il diret- tore di ripartizione Franco Lachello e il capo ufficio Massimo Ricca, dell'assessorato all'Ecologia della Provincia; il coaudiutore del fallimento Fidon, Costanzia; il presidente della Servizi Industriali, Giovanni Gremmo, l'amministratore delegato Vincenzo Rocca, Alessandro Ghisotti, succeduto al Rocca nella carica; l'amministratore della Cibe, Elia Mattone. La faccenda risale all'estate '83, quando Carlo Costanzia segnala al curatore del fallimento Fidon che i serbatoi del deposito sono corrosi dagli acidi. Tre mesi dopo, sollecitato dal sindaco di Carema, rilancia l'allarme e il 27 ottobre arrivano i funzionari della Provincia. I verbali redatti dopo il sopralluogo al deposito descrivono la situazione a tinte fosche: i serbatoi hanno delle perdite e rischiano di inquinare le acque del torrente Dora. Nel luglio '84, alla gara a trattativa privata indetta dalla Regione, vengono invitate quattro società: la Servizi Industriali spa di Gremmo e Rocca, la Cibe di Mattone, l'Ecolinea e la Ecosystem. Ma la Servizi Industriali. tramite Gremmo, possiede il 50 per cento delle quote azionarie della Cibe e VEcolinea è stata ceduta poco tempo prima dallo stesso gruppo. L'Ecosystem. che sembra l'unica concorrente seria, viene messa in condizioni di non partecipare alla gara: non formula l'offerta perché non può prelevare i campioni in quar.to i serbatoi sono sta¬ ti sigillati. L'appalto viene vinto dalla Servizi Industriali. L'ex assessore Calsolaro, difeso dall'aw. Segre, ha negato di aver mai appoggiato la pratica e altrettanto hanno fatto il funzionario regionale Buracco e quelli provinciali. Ricca e Lachello (aw. Zancaii e Volante). Il coadiutore del fallimento Fidon, Carle Constanzia (aw. Antonio Forchino), afferma di aver semplicemente segnalato una situazione di fatto. I responsabili della Servizi Industriali, Gremmo, Rocca. Ghisotti e Mattone (difesi dagli avvocati Lageard, Zaccone. Forchino e Rossomando). dicono che l'operazione è stata del tutto regolare, il rischio di inquinamento era stato più volte segnalato dal sindaco di Carema. Per il perito le cose stanno diversamente: furono svuotati tutti i serbatoi, non soltanto quelli lesionati, secondo i compiacenti verbali, ad un prezzo maggiorato rispetto a quello di mercato. L'ex assessore regionale Corrado Calsolaro sotto accusa

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