I non-figli di Adamo
I non-figli di Adamo I non-figli di Adamo SERGIO QUINZIO Se per «universo» si intende, come dicono i dizionari, la «totalità delle cose e degli esseri», non si capisce bene in che senso il gesuita George Coyne, ex direttore dell'Osservatorio astronomico pontificio, abbia parlato ai microfoni della Radio Vaticana di «molti universi» creati dall'unico Dio. Quella dell'esistenza di una molteplicità di universi, alla quale padre Coyne oggi aderisce, è una tesi cosmologica, e si sa che gli stessi fisici, posti di fronte a un problema di cui non si riesce a intravedere la soluzione, scherzano volentieri proponendo di affidarlo all'immaginazione dei cosmologi. Esisterebbero molti universi nel senso che, a partire dal puntiforme big-bang iniziale, si sarebbero espansi in diverse direzioni dei coni completamente incomunicanti fra loro, i quali costituirebbero, perciò, altrettanti «universi». Secondo padre Coyne, dunque, probabilmente la teologia non dirà più che «Dio è il creatore dell'universo», ma che è il creatore di molti universi. Un elegante problema teologico viene fuori dall'eventuale esistenza di una pluralità di mondi. Secondo la Humani Generis, l'enciclica promulgata da Pio XII nel 1950, il peccato originale «proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente», e si è «trasmesso a tutti per generazione». Se si è trasmesso per generazione, allora le creature «razionali» di altri mondi, non discendendo da Adamo, non hanno bisogno di redenzione, potrebbero non aver mai commesso peccato, non essere mai stati assoggettati alla prova falli¬ ta dai nostri progenitori. Per loro, insomma, la croce di Cristo sarebbe inutile. Proprio per questa ragione Pio XII, nella stessa Humani Generis (nella quale si afferma fra l'altro che le encicliche, in cerna di fede e di costumi, enunciano sentenze definitive e inappellabili che non ammettono più discussioni), condannava il «poligenismo», la tesi cioè secondo la quale l'umanità che si è sviluppata sulla terra non deriverebbe tutta da Adamo, ma sarebbero esistiti ed esisterebbero «qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini». Se non si può ammettere, teologicamente, che i terrestri abbiano avuto origine anche da altri progenitori diversi da Adamo, ma si ritiene necessario affermare per loro un rigoroso «monogenismo», a più forte ragione si dovrebbe negare, per ammettere il valore universale della redenzione, l'esistenza di creature «razionali» appartenenti a universi privi di comunicazione con il nostro nel quale Gesù Cristo è nato, morto e risorto. Ma anche la teologia, malgrado la tradizionale, rigida assolutezza dei suoi asserti, è elastica più o meno come tutto il resto. Se proprio la scienza dovesse dar ragione all'opinione cosmologica condivisa da padre Coyne, e se dovessimo prendere tale opinione come certamente vera e irreformabile (come una specie di dogma scientifico, ma la scienza contemporanea non sembra andare in questa direzione), allora assisteremmo ancora una volta, come già a proposito del «caso Galileo», a opportuni «distinguo» ecclesiastici per conciliare in qualche modo la fede con la scienza.
Persone citate: Coyne, George Coyne, Gesù, Pio Xii
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