Strage nella casa del boss

Strage nella casa del boss Guerra di mafia a Gela: killer uccide capoclan, moglie e due figli Strage nella casa del boss L'irruzione a mezzogiorno in cucina, mentre la famiglia di Salvatore Polara cominciava il pranzo - L'assassino ha sparato con due pistole, poi è fuggito aiutato da tre complici GELA — Un killer che impugnava due pistole ha ucciso il boss Salvatore Polara e decimato la sua famiglia. Sono stati uccisi il capofamiglia, 42 anni, la moglie Giuseppina Maganuco, 41 anni e i figli Marcello e Giuseppe, 17 e 16. n più piccolo, Pietro, 14 anni, è in fin di vita: un proiettile gli ha trapassato il torace. Le due figlie invece sono scampate alla strage: una era a scuola, l'altra ospite di un'amica. E' un nuovo episodio della faida mafiosa di Gela. Dal 23 dicembre ad oggi nella città (75 mila abitanti) sono state uccise 30 persone e 40 sono rimaste ferite o coinvolte comunque in attentati. Non si contano più le intimidazioni: uno degli ultimi attentati, contro la sede della pretura in un'ala del municipio, è stato sventato da tre guardie di finanza. Se la bomba fosse esplosa, l'edificio sarebbe saltato in aria. Appalti e subappalti di opere pubbliche, racket delle estorsioni, interessi che maturano nel mercato ortofrutticolo scatenano l'inarrestabile ondata di violenza. La strage è avvenuta all'ora di pranzo in via Ducezio, in una delle 16 mila costruzioni abusive della città, una capitale dell'edilizia selvaggia che alimenta il filone più red¬ ditizio dell'economia locale: la speculazione fondiaria. I Polara stavano cominciando il pranzo, la minestra era già nei piatti. La famiglia era riunita nel seminterrato buio e umido della casa, costruita a spezzoni e composta da altri due stretti piani con in tutto cinque vani, n killer, che sembra avesse una parrucca femminile in testa, ha bussato alla porta e ha subito fatto fuoco contro Marcello, che gli ha aperto. Il ragazzo è morto all'istante. Poco dopo nel piccolo locale il massacro: prima Salvatore Polara e subito dopo la moglie, quindi Giuseppe, l'altro figlio, sono stati raggiunti dai colpi sparati a bruciapelo dall'assassino, che alla fine ha scaricato una delle due armi contro Pietro, poco più che un bambino, crivellato mentre tentava di raggiungere l'uscita. Dopo l'inferno l'omicida è uscito in fretta, precedendo i vicini, e si è allontanato con una moto. La fuga sarebbe stata «coperta» da tre complici a bordo di un'auto di grossa cilindrata. Piccolo imprenditore edile specializzato nelle estorsioni e nelle imposizioni dei subappalti, Salvatore Polara era agli arresti domiciliari. Si portava addosso l'etichetta di mafioso sin da quando, con il boss vincente dei clan mafiosi gelesi, l'imprendibile latitante Giuseppe Madonìa, aveva costituito la società «Po.Ma.» per opere di movimentazione terra. Ma gli inquirenti sospetta- rono presto che i due autocarri e le due pale meccaniche della «Po.Ma.» altro non erano che un paravento per coprire la vera attività dei boss: le estorsioni. Chi si rifiuta di pagare la «protezione» va Incontro a guai seri, fino a rischiare la vita. Nel 1981 Salvatore Polara fu protagonista di un duello in piazza a colpi di pistola con un altro mafioso, Giuseppe Di Caro. Due anni dopo il boss si ripetè e, spalleggiato dal fratello Rocco, ferito all'addome, si scambiò numerose pistolettate con Luigi Coccomini, che ebbe spappolato un braccio. Poco dopo il conflitto a fuoco davanti al Motèl Agip, il giudice istruttore Falcone incluse Polara in un elenco di boss accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso, imputazione dalla quale però egli fu prosciolto per mancanza di indizi. La faida fra i clan Nicastro e Lauretta cominciò l'antivigilia dell'87 con l'eliminazione di Orazio Coccomini, e Salvatore Lauretta, contro il volere dei quali al mercato ortofrutticolo non si muoveva foglia. Polara in febbraio era stato ammanettato per complicità in quel duplice omicidio, ottenendo poi gli arresti domiciliari. Antonio Ruvida

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