Cacciatore di libri

Cacciatore di libri LE AVVENTURE DI PINO ORIOLI Cacciatore di libri Nell'odierna fortuna delle autobiografie di editori-gentleman, dagli ottimi natali e dalla educazione impeccabile, bene ha fatto Alberto Vigevani a ri|->escare, per le edizioni II Polifilo, le introvabili memorie di colui che per primo diede alle stampe L'amante di Lady Chatterlcy e La vergine e lo zingaro di D. H. Lawrence. Veramente Giuseppe Orioli (1884-1942), per gli amici Pino, fu di professione abituale, più modestamente, un libraio, e Avventure di un Mirato si intitola il volume in cui egli raccontò capricciosamente la sua vita: «Uno dei pochi libri "italiani" di memorie del nostro tempo-, dice ancora, giustissimamente, Vigevani, «da mettere accanto, pur se in tono minore e nella sua diversità, a quelli di Lussu, Comisso, Amendola-. Orioli lu un libraio antiquario, attivo a Firenze, dove ebbe in via dei Vecchietti una bottega in società con l'allora giovane e futuro grande libraio antiquario J. Irving Davies, fra il 1910, e il 1913, quindi un'altra da stilo, al Lungarno delle Grazie, là dov'era lo scomparso albergo Berchielli, a partire dal 1920. Che cosa egli valesse nel suo ramo oggi non sapremmo dire, certo possedette, come altri autodidatti che riuscirono a larvisi largo, quell'indefinibile e rarissimo fiuto da cane da tartufi, quel fluido da rabdomante, che nei bei tempi andati consentiva al cercatore di libri antichi di dirigersi senza esitazioni sul pezzo pregiato sepolto Ira migliaia di tomi polverosi nei depositi di collegin meno sensitivi, o sugli stallali di borghesi indifferenti o ignari. I; Orioli non annoia certo quando comunica al lettore il suo entusiasmo di collezionista e di cacciatore fiero delle sue prede. Dove però non ha rivali è nel racconto, spigliatissimo, delle improbabili premesse da cui arrivò a quel mestiere. # A Nato a Alfonsine, presso Ravenna, settimo figlio di una donna che, comòTaiitóre non si stanca di ripetere, era da poco stata dimessa dal manicomio, e di un simpatico personaggio di bottegaio e salumiere, Orioli ci narra un'infanzia pronta per essere filmata dal regista di Amarcord. Ci sono le marachelle scolastiche, ci sono le veglie in cucina a sentire il cantastorie che racconta le imprese del Passarore, ci sono i ritrattini dei compagni e dei tipi ameni del paesino, dall'ex piccolo possidente rovinato che apre un caffè dove data l'indigenza del proprietario non si è mai in grado di servir nulla, al nano Mingulé rapito dagli zingari, costretto a esibirsi in mezza Europa e finalmente ritrovato grazie a un suo disperato Sos, fino al poverissimo contadino Pasquali), che un giorno si autodecapita con un falcetto. A quattordici anni Orioli dovette lasciare questo bucoli¬ co Eden. Suo padre avendo subito disavventure economiche, il ragazzo fu mandato a bottega da un barbiere a Firenze, dove mentre imparava a tagliare i capelli e ad esprimersi in lingua toscana lo concupì la padrona del suo datore di lavoro, una megera che, frustrata nei suoi approcci, gli fece perfino somministrare da un guaritore disgustose pozioni contro l'impotenza. A ventanni cominciarono i tre del previsto servizio militare, trascorso in gran parte come infermiere in caserma. Poi, nel 1907 — era tornato borghese ed era disoccupato, ma aveva da parte qualche soldo — Orioli pensò, chissà perché, di recarsi in Inghilterra a imparare quella lingua. Fu la decisione che avrebbe cambiato la sua esistenza. Sbarcato da un vagone di terza classe, dopo un breve e infruttuoso soggiorno a Parigi, il giovane italiano cominciò a guardarsi intorno, e la sua descrizione della Londra della Belle Epoque quale apparve ai suoi occhi spregiudicati è fra le più vive che si conoscano. «Piccadilly mi si rivelò come una specie di antro squallido" (era sceso dall'omnibus alla Burlington Arcade) «— più tardi venne abbellita a trasformata — odorante di profumo e di ruìkin de Bruges, dove sembrava che non si vendessero altro che cravatte, guanti, bretelle e vesti da camera... C'era anche una lunga fila di prostitute dalle facce dure e troppo truccate e dagli occhi scintillanti; mi domandai come potevano sperare di trovare clienti à quell'ora cosi mattutina-. Deciso ad affermarsi in qualche modo in questo mondo cosi diverso da quello da cui proviene, il giovane immigrante studia caparbiamente la lingua, e per mantenersi si ingegna come gli capita: la il claqueur e in almeno una occasione la comparsa all'Alhambra, canta '0 sole min per strada e raccoglie le monetine che gli lanciano dalle finestre; insegna privatamente "là' propria lingua, della guale è peraltro ben' poco padrone, e così entra in contatto con zitelle sospirose per il bel Paese, e con timidi omosessuali. Questo dell'omosessualità è un tema sotterraneo del libro, dove come si usava una volta di eros personale si parla molto poco: di sé il narratore dice soltanto che amava frequentare le mercenarie. Fatto sta che non si sposò mai, e che quasi tutti i suoi amici inglesi appartennero a una confraternita che allora era costretta a dissimulare, almeno in patria, le proprie inclinazioni. Brevi ritrattini sono dedicati a Lytton Strachey, da Orioli incontrato quando comincia a frequentare Cambridge e certi giovani brillanti, uno dei quali, figlio di un dentista ebreo, diventerà il suo primo socio in affari; allo scrittore e dandy Ronald Firbank, che ai balletti russi lascia ripetutamente cadere la propria canna da pas seggio per attaccare discorso con lui; a Oscar Browning, professore e Jean di Cambridge, che piomba a Firenze con un «segretario» diciottenne cockney, un ragazzo prelevato alla Ymca; a Christopher Millard, alias Stuart Mason, solitario officiante del culto postumo di Oscar Wilde; a Harold Mellor, ricco avaro, che aveva ospitato Wilde durante l'esilio e che si uccise perché il franco era calato di un paio di punti. Alla cerchia di Wilde appartenne, naturalmente, anche Reggie Turner, piacevole miniera di reminiscenze della Londra estetica trapiantato nella città del Fiore. E' quindi con un malcelato tono di competenza che Orioli ci dà la sua diagnosi su D. H. Lawrence, che frequentò e che pubblicò, ma per il quale, querulo e sospettoso come il romanziere inglese fu nei suoi confronti-fio dimostrano molte lettere sopravvissute), non provò mai una vera simpatia: «Lawrence era un omosessuale fuorviato, represso nell'infanzia da un ambiente puritano. Questa è la chiave della sua vita e dei suoi scritti-. . * * A Orioli bruciava un poco anche la fama di essersi arricchito con L'amante di Lady Chatttrley, che aveva stampato insieme con altri libri di illustri inglesi all'estero (Harold Acton, Norman Douglas) nella sua «Lungarno Series»: e tiene a specificare come al 10 luglio 1929 i proventi dell'autore per quel libro scandaloso fossero di 1615 sterline, 18 scellini e 3 pence, -mentre i miei, come editore, ammontavano al dieci per cento di quella cifra. Generalmente è l'autore che riceve il dieci per cento, mentre l'editore... si prende il resto. In questo caso la situazione fu capovolta». Molto più idilliaci furono i rapporti con Norman Douglas, il simpatico, disinibito e oggi ingiustamente sottovalutato autore, fra molte alta: tose, di Old Qildbria. Con lui Orioli compì viaggerei in sé poco interessanti, ma che gli diedero occasione di esercitare l'occhio ancora molto attento, lasciandoci coloriti schizzi, per esempio, di Ischia, o di certe zone dell'Austria. Fu sempre Douglas, si sospetta, a stimolare e a rivedere le Avventure di un libraio, scritte in origine in inglese e pubblicate, sempre nella gloriosa Lungarno Series, nel 1937, prima di essere ristampate a Londra e a New York. L'edizione italiana, in una versione anonima, presumibilmente dello stesso Oi ioli, uscì nel '41, ed ebbe pota risonanza. L'autore nel trattempo era morto in miseria nel Portogallo neutrale, dove si era rifugiato col fedele Carletto; mesta fine per un'esistenza che egli stesso aveva fino a poco prima definito felice, dichiarandosi dispostissimo, potendo, a rivi- ver a' Masolìno d'Amico