La sfida che illuminò Udine

La sfida che illuminò Udine 100 ANNI FA, TRA LE PRIME CITTA' D'EUROPA CON LUCE ELETTRICA La sfida che illuminò Udine Due storici sostengono che il capoluogo friulano fu secondo soltanto a Londra e a Parigi - A imporre l'illuminazione con lampade a incandescenza, alla fine del 1888, fu Arturo Malignani, uno scienziato-pioniere che allora aveva 23 anni - Ecco le battaglie e le intuizioni geniali di uno dei padri della lampadina d'oggi UDINE — Nel 1792, l'inventore William Murdock ebbe l'idea di illuminare le strade di Londra con lampioni alimentati da condutture a gas. Espose la sua idea in Parlamento: «Giovanotto, intervenne un deputato di sua maestà britannica, sta cercando di dirci che è possibile far luce senza uno stoppino?». «Precisamente», rispose Murdock. E il deputato: «Eh, amico mio, lei sta cercando di dimostrare troppo». Qualcosa di simile accadde circa un secolo dopo ad Arturo Malignani quando propose al Comune di Udine di illuminare la città elettricamente, usando lampade a incandescenza. «Come, lei vuol fare a meno del gas?», gli obiettarono. «Certo, rispose. L'energia di domani si chiama elettricità». Aveva 23 anni, «il coraggio (e l'incoscienza) della giovinezza», ricorda oggi il nipote, Paolo Malignani. L'amministrazione municipale raccolse la sfida con il futuro e, cent'anni fa, nell'autunno del 188S, Udine fu una delle prime città d'Europa a vantare l'illuminazione elettrica. Seconda, pare, solo a Parigi e Londra. Lo sostengono lo storico Francesco Savorgnan di Brazzà e Arturo Ferrucci, compagno di scuola del Malignani, che, nel 1940, per l'Accademia di Udine, prepararono un'ampia documentazione, ora conservata nella Biblioteca civica del capoluogo friulano. Ma il nipote, pur orgoglioso di cotanto nonno, è scettico: «Allora le comunicazioni erano frammentarie, le informazioni viaggiavano a passo d'uomo, non c'erano frequenti scambi di esperienze fra ricercatori, ognuno operava in proprio, ignorando i progressi o i ritardi degli altri». Insomma, non si può escludere, a suo avviso, che altre città, in Europa e in Italia, fossero illuminale elettricamente prima di Udine. Ricorda un curioso episodio che mette in dubbio anche i primati di Parigi e di Londra: durante un viaggio in Spagna, attraversando l'Alta Catalogna, incontrò un cartello che annunciava: «Qui, per la prima volta, sono state utilizzate lampadine elettriche...». Udine esibisce sema enfasi il suo primato e non lo celebra ufficialmente. Nelle scuole, gli insegnanti, parlando di scienze e dei vertiginosi prò cessi di trasformazione tecnologica dell'ultimo secolo, ricordano agli allievi il contributo di studi e ricerche di Arturo Malignani. Di recente, sono stati festeggiali i cinquantanni della scuola per periti tecnici, industriali e aeronautici cìie Udine gli ha dedicato. Un complesso moderno, tecnologicamente avanzato. Da quelle aule, soprattutto negli Anni 50 e 69, sono usciti i protagonisti della nascente industria friulana, oggi fiorente e fonte di reddito per una regione che è riuscita a fermare l'emorragia dell'emigrazione. Durante le manifestazioni per celebrare il mezzo secolo di vita dell'istituto e dei suoi traguardi, qualcuno si è ricordato anche dello scienziato Malignani e del suo contributo alla scoperta che, genericamente, viene attribuita a Edison. E cosi si sono tornati a sfogliare libri della memoria e della scienza. La lampadina di oggi, si è appreso, oltre che di Edison e di numerosi altri ricercatori, troppo frettolosamente dimenticati dalla storia e dalle enciclopedie, è anche un po'figlia proprio di Arturo Malignani. Il quale dovette far presto i conti con la realtà. L'entusiasmo giovanile e una certezza granitica sul futuro dell'energia elettrica gli avevano fatto accettare anche alcune clausole maligne del contratto d'appalto con il Comune di Udine: in sostanza, oltre che ad ampliare la rete elettrica e ad alimentarla, doveva provvedere alla sostituzione delie lampadine. Non avevano la durata di oggi. Le prime si bruciavano nello spazio di poche ore. Da qui la necessità di intervenire in qualche modo per non lavorare in perdita. Si sa che la fame aguzza l'ingegno, «dote che in Malignani non faceva certo difetto», ricordano i contemporanei. E cosi Malignani, nell'orlo contiguo alla casetta che abitava sulla pendice a ponente del Castello di Udine — racconta Giuseppe Marchetti in Friuli, uomini e tempi — impiantò una macchina a va¬ pore e una dinamo di 1S0 volt per fabbricare lampadine elettriche. Ne sfornava una quarantina al giorno. Nel frattempo, pero, cresceva la richiesta ll'energia elettrica cominciava a entrare anche nelle case private;, da qui la necessità di aumentare la produzione e di allungare la vita delle lampadine. Malignani impianto una serie di turbine, sfruttando i canali artificiali che ancora oggi (quasi tutti coperti) attraversano Udine per portare acqua dalla zona pedemontana alla campagna. Si trovò di fronte a una serie di inconvenienti oltre a quello relativo alla breve durata delle lampadine: l'ancora limitata intensità della luce, la lunghezza delle operazioni per ottenere meccanicamente il vuoto pneumatico /usava pompe a mercurio tipo Sprengel). il danno che i vapori di mercurio, sprigionandosi dalle pompe, recavano alla salute degli operai. Ostinato, Malignani riuscì a eliminare questi difetti. L'idea di sfruttare per l'illu¬ minazione l'incandescenza dei filamenti metallici investiti dalla corrente elettrica era sorta già da mezzo secolo. L'inglese Maleyns, nel 1841, aveva fatto i primi tentativi usando sottili spirali di platino sottratto all'ossigeno atmosferico. Ma il platino, una volta portato alla temperatura necessaria per ottenere l'incandescenza, si fondeva rapidamente. Nel 1845, un inventore tedesco provò a introdurre in un'ampolla vuotata dell'aria un filamento di carbone, ma senza grande successo. Nel 1873 l'esperimento fu ripreso con maggiore fortuna dal Lodygin, a cui si attribuisce l'invenzione della lampada a filamenti di carbone. Con lo stesso sistema, nel 1878. cominciò i suoi esperimenti Tommaso Edison, tipico self mode man (un po'proprio come il Malignani, che era figlio d'un fotografo di Cividale). Edison provo a ricavare il carbone incombustibile da filo di cotone e da strisciatine di bambù, adottò di volta in volta filamenti di rutenio, cromo e iridio. Ma ogni tentativo dava scarsi risultati, soprattutto perché, con i mezzi allora noti, «la vuotatura delle ampolle riusciva lunga, costosissima e mai perfetta», ricorda ancora Marchetti ile prime lampade di Edison restavano accese da 10 a 15 minuti e costavano un dollaro e 25 cenisi. D'altra parte, una vuotatura perfetta avreobe accelerato la sublimazione dei filamenti metallici. L'uso della pompa Sprengel a mercurio abbreviava ì tempi di svuotatura, ma non eliminava del tutto i vapori che. all'accensione. producevano intorno al filamento un'aureola azzurrognola nota come gas blu. Malignani sperimentò a lungo e alla fine — e qui sta la sua vittoria — riuscì a eliminare il mercurio (insufficiente allo scopo e dannoso per la salute), adottando una pompa a stantuffi in serie, immersa nell'olio, molto più rapida e innocua degli strumenti allora in uso nelle fabbriche di lampadine. Poi. convi'itosi dell'impossibilita di ottenere con mezzi fisici l'esatto grado di vuoto delle ampolle, ebbe l'idea di immettervi prima un gas inerte, che risolvesse in un precipitato i residui dell'ossigeno. Provo all'inizio con l'azoto appena generato e ottenne sensibili migliora¬ menti. Poi, sperimentando pazientemente diverse dosature anche d'altri gas, notò che la presenza di vapori di fosforo e d'arsenico chiusi nell'ampolla produceva rapidamente un precipitato solido (una leggera polvere gialla), eliminando così il -gas blu- e creando chimicamente quel vuoto che le pompe non riuscivano a fare. Il problema che sembrava insolubile era così superato. Ulteriori esperimenti permisero all'inventore friulano di eliminare anche la polvere del precipitato e di ridurre a un solo minuto la durata del procedimento di xmotatura. Le nuove lampade duravano 800 ore, un record. Ma il Malignani, immerso interamente nei suoi esperimenti, non s'era tenuto aggiornato su quanto «si tentava e si otteneva altrove nella medesima direzione». Credeva che negli Stati Uniti e in Germania si fosse giunti a risultali pari ai suoi, se non addirittura superiori, ma voleva lavorare indipendentemente dai progetti stranieri. Nel 1895, un tecnico tedesco giunse per caso a Udine. E fu per lui una doppia scoperta: la citta gli parve meglio illuminata delle altre che aveva visitato, la fabbrica del Malignani aveva eliminato gli inconvenienti che turbavano gli specialisti di tutto il mondo. Era la •rivoluzione-. Lo fece notare al Malignani che, alla fine, ne segui ì consigli e mise al sicuro le sue scoperte, ottenendo i relativi brevetti. Interesso ai suoi esperimenti la Società Edison di Milano, che acquisto immediatamente i diritti di applicazione per l'Italia, ma non mostrò molta fretta di avvalersene. Anche Tommaso Edison, si racconta, rimase incredulo di fronte alle prime segnalazioni sui risultati ottenuti dal Malignani. Tuttavia, invio i suoi tecnici a Udine con alcune casse di lampadine di sua fabbricazione perché sperimentassero il procedimento di vuotatura del ricercatore friulano. Di fronte ai risultati si affretto a j chiamare il Malignani in I America, facendogli ripetere l'esperimento in sua presenza. E poi decise, senza indugi, acquistando i brevetti de! Malignani. Il contratto pose l'inventore friulano fuori d'ogni preoccupazione di carattere economico. Renato Romanelli Udine. Luci di Natale sulla Loggia del Lionello, in piazza della Libertà (Foto Uliano Lucas)