Argentina, si sono arresi

Argentina, si sono arresi Ha avuto successo l'ultimatum del presidente Alfonsin agli insorti Argentina, si sono arresi II Paese col fiato sospeso fino all'ultimo - Notizie contrastanti parlavano di rivolte in altre caserme - Seineldin, leader dei ribelli, è agli arresti - Smentite le voci di un patteggiamento BUENOS AIRES — I rivoltosi si sono arresi, l'Argentina tira un sospiro di sollievo: si avvia a conclusione — senza il temuto bagno di sangue — il tentativo di golpe del colonnello Mohamed Ali Seineldin, «il turco». Inutili gli ultimi sussulti insurrezionali, come la sollevazione di alcuni ufficiali nel Nord del Paese mentre già si stava stringendo la morsa intorno a Seineldin. Anche il nucleo principale di rivoltosi, asserragliati presso l'arsenale di Villa Martelli ieri sera alle 22 ha consegnato armi ed esplosivi. Il generale Isidoro Caceres ha revocato lo stato di emergenza. Ha quindi avuto successo la fermezza del presidente Alfonsin, la sua fiducia nella compattezza del Paese in difesa della democrazia e nella fedeltà di gran parte delle forze armate. Contrariamente alle voci secondo cui l'epilogo della crisi era frutto di un accordo che prevedeva le dimissioni del capo di Stato Maggiore generale Jose Dante Caridi, il presidente Alfonsin stanotte lo ha confermato nell'incarico smentendo la notizia su «patteggiamenti» per la resa ed ha aggiunto che il colonnello ribelle Seineldin è agli arresti presso la sede dello Stato Maggiore. Ieri la prima piazzaforte ad arrendersi è stata la scuola di fanteria di Campo de Mayo (a 35 chilometri da Buenos Aires), dove venerdì Seineldin aveva dato il via alla rivolta con 400 militari: il capo dei ribelli sabato era poi passato a Villa Martelli, la casermabunker intorno alla quale ieri pomeriggio si era schierato un imponente «cordone» di forze regolari. Qui, in serata, i governativi hanno occupato senza colpo ferire la sede del «battaglione 601», apparentemente abbandonata dai rivoltosi. Ma più tardi, verso le 20 (ora italiana), hanno modificato le proprie posizioni, arretrando di qualche centinaio di metri. Era il segno che gli ammutinati avevano ce'duto e stavano per riconoscere la propria sconfitta. Fino a quel momento era prevalsa la «linea dura». Fra migliaia di persone che applaudivano e inneggiavano alle forze fedeli ad Alfonsin. il capo di Stato Maggiore dell' Esercito, generale Dante Caridi, aveva escluso di voler «patteggiare» una tregua con il capo dei ribelli, affermando che l'ordine era quello di «avanzare» per soffocare la rivolta. Intanto il presidente disponeva la mobilitazione di tutte le forze della Marina e dell'Aeronautica, in appoggio all'azione dell'Esercito. Due elementi avevano indotto il governo ad accelerare la repressione. Da un lato i ribelli ribadivano che non si sarebbero mai arresi, dall'altro si stava allargando il fronte dei militari favorevoli a Seineldin. Un battaglione di fanteria blindata e un'altra unità di combattimento si erano già schierati con il colonnello ribelle. E il comandante della quarta brigata di fanteria aerotrasportata, generale Adolfo Patricio Etcheun, aveva dichiarato r. es. (Continua a pagina 2 in settima colonna) Buenos Aires. I civili sono scesi in piazza a dimostrare contro la caserma degli insorti

Luoghi citati: Argentina, Buenos Aires