La palla all'America di Aldo Rizzo

La palla all'America La palla all'America La questione più intricata c pericolosa del nostro tempo, come Yasser Arafat ha definito, non senza fondamento, la disputa arabo-israeliana, ha fatto qualche concreto passo avanti, dopo il discorso del leader palestinese alle Nazioni Unite? La risposta è difficile. Sono state confermate molte e importanti novità, ma è mancata quella più attesa e più ardua: il riconoscimento formale, esplicito, dello Stato d'Israele. Un tale riconoscimento, secondi) Arafat, potrà venire solo nel quadro di una conferenza internazionale, come risultato di un accordo tra le parti. Bisogna chiedersi, a questo punto, se abbia ancora senso, politicamente, insistere per ottenerlo, se sia possibile attendersi dal capodell'Olp un atteggiamento diverso. Il riconoscimento implicito, con tutto ciò che esso significa, era stato già dato ad Algeri, un mese fa. dal Consiglio nazionale palestinese, ed è stato ribadito con forza e più volte dalla tribuna dell'Orni. Anzitutto attraverso i richiami, questi formali ed espliciti, alla Risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza, che decreta, col ritiro israeliano dai territori occupati nella guerra del 1%7. il diritto di -Inni gli Siali della regione' a vivere in pace entro confini sicuri e riconosciuti, Arafat ha sottolineato ripetutamente, anche col tono della voce, l'esigenza della «sicurezza» per «tutti». Voi il riconoscimento implicito è stato confermato attraverso la storia di un'altra risoluzione, e del relativo atteggiamento, nel corso degli anni, dei palestinesi arabi. La risoluzione di cui si parla eia 181,che nel 1<)47 sancì la divisione della Palestina in due Slati uno ebraico e uno arabo. Com'è noto, la parte araba non vi ottemperò, illudendosi di poter cancellare lo Stato d'Israele. E fu l'inizio di una serie di guerre. Arafat ha difeso quell'illusione tragica, definendola «ii/i sogno», il sogno di una Palestina democratica e unita, nella quale avrebbero pollilo convi• vere in pace arabi, ebrei e cristiani; ma ha ammesso che poi si aprì «un abisso tra il sogno e la realtà». Ora. con quarantanni di ritardo. l'Olp accetta la Risoluzione 181 come base della «legalità intemazionale" in Palestina. Un'altra novità confermata e ribadita con forza è la condanna del terrorismo «in tutte le sue forme-. Diciamo meglio, il proposito di rinunciare al terrorismo, perché Arafat non ha mancato di ricordare che molti leader dei Paesi rappresentati all'Onu (evidentemente i Paesi del Terzo Mondo di recente indipendenza) furono, in una certa fase della lotta nazionale, accusati di terrorismo. E non è mancato neppure un riferimento polemico al «terrorismo di Stato», come in genere i palestinesi definiscono il controtcrrorismo e la repressione israeliani. Tutto ciò può bastare a rendere credibile il caloroso appcl 10 ai governanti d'Israele, per una «pace dei coraggiosi», col quale il leader dcll'Olp ha con eluso il suo discorso? Questo e il problema. Stando alle immediate reazioni israeliane, la risposta è largamente negativa. Certo, essa era scontata, dopo che il primo ministro Shamir aveva detto, prima ancora del discorso, che non avrebbe mai presta to fede alle parole di Arafat. E tuttavia colpisce una chiusura così totale, che rifiuta di vedere qualsiasi novità nell'atteggiamento dcll'Olp e nega anche 11 più piccolo spiraglio alla prospettiva negoziale. Questo, quando la rivolta nei territori occupati è entrata nel secondo anno e rischia, o promette, di diventare cronica. Fino a che punto i laboristi possono accct tare il vicolo cieco della destra, ora che si preannuncia un nuovo governo di coalizione? Più sfumata è la risposta americana. Gli Stati Uniti, mas¬ simo alleato d'Israele e tuttavia potenza mediatrice tra arabi e israeliani, hanno commesso il grave errore di negare il visto ad Arafat per New York e forse hanno inteso ripararvi con i contatti indiretti con l'Olp. dei quali si è avuta notizia. La loro valutazione del discorso ginevrino è critica, ma dà alto di sviluppi «interessanti» e «positivi-, frammisti alle residue «ambiguità». Ciò che più conta, essi cercheranno di «incoraggiare» le novità positive. In che modo, tuttavia, non si sa. Evidentemente, il problema ricade sulla nuova Amministrazione, e non è un problema da poco. Perché sarà tutt'altro che facile ottenere nuove "Concessioni» da Arafat, così come convincere Israele ad abbandonare la sua intransigenza. Ma Bush dovrà provarci, e dovrà farlo, a questo punto, soprattutto con Israele. Se la superpotenza arriverà a elaborare, finalmente, una politica chiara e determinata, per l'apertura di un dialogo ili pace, i governanti di Gerusalemme non potranno non tenerne conto, e anche la «buòna volontà» di Arafat sarà sottoposta alla prova decisiva. Aldo Rizzo