Una resa con troppi misteri

Una resa con troppi misteri Una resa con troppi misteri BUENOS AIRES — Dopo una giornata convulsa in cui si sono moltiplicate notizie contrastanti, la rivolta militare sembra definitivamente finita: lo Stato maggiore dell' esercito ha confermato che il colonnello Seineldin, capo dei ribell', è da ieri agli arresti nella caserma Patricios di Buenos Aires -a disposizione del giudice istruttore militare'. L'annuncio ha posto fine così alle speculazioni secondo cui Seineldin sarebbe stato trasferito in una guarnigione di provincia. Il comunicato emesso dai vertici militari indica, anche, che -tutto il personale militare coinvolto nei fatti di Villa Martelli si trova nelle rispettive sedi, secondo quanto previsto dall'esercito'. Il maggiore Horacio Abete che nel corso dei disordini ha assunto il comando del sesto reggimento di fanteria meccanizzata per appoggiare Seineldin è in attesa della rimozione. Nessun accenno, però, nella nota all'accordo che ha reso possibile 1' arresto di Seineldin, mentre aumentano le voci secondo cui si sarebbe trattato di una resa patteggiata fra gli insorti e le forze lealiste, anche se il presidente Alfonsin continua a smentire in termini categorici. La scorsa notte il presidente si è incontrato ancora una volta con il ministro dell'Interno, Nosiglia, con quello della Difesa, Jaunarena, con il presidente della Camera dei deputati, Pugliese e con altri collaboratori per discutere la situazione. n giudice federale Alberto Piotti, incaricato dell'inchiesta sugli ancora confusi incidenti di domenica scorsa, culminati con la morte di tre persone, due civili e un poliziotto, si è rivolto al ministro della Difesa per sapere se qualche giudice militare sia già intervenuto nel caso, ed ha confermato che 63 ufficiali e sottufficiali della guardia costiera il cui ammutinamento, giovedì della scorsa settimana, costituì la scintilla della successiva ribellione, sono agli arresti nella guarnigione di Campo di Maggio. L'argomento di fondo che preoc¬ cupa le forze politiche e il governo riguarda le richieste dell'esercito, espresse chiaramente dai ribelli, richieste che se non risolte in qualche modo, rischiano di trasformare l'attuale resa in una tregua precaria. Lo stesso Alfonsin ha detto che un'amnistia per i militari è qualcosa che "nel futuro dovrà decidere la società nel suo complesso e, nell'immediato, la giustizia', lasciando chiaramente intendere che non esclude la possibilità d'i ricorrere a un referendum per dirimere la spinosa questione. Il presidente ha poi ribadito, a scanso di malintesi e capziose interpretazioni, che la soluzione dell' ultima crisi militare è stata raggiunta -al di fuori d'ogni compromesso e senza concessioni'. Parlando in una riunione della confederazione delle cooperative agricole, Alfonsin si è riferito ripetutamente alla questione militare, assicurando che «non c'e impunitàper i soldati che si sono macchiati di reati durante la repressione e che i processi per la violazione dei diritti umani sono affidati alla giustizia per cui la società non può diffidare. Poi, in riferimento alla posizione delle forze armate che rivendicano riconoscimenti per la loro lotta contro la guerriglia, ha insistito che -per ora la parola spetta ai giudici, più avanti sarà la società a decidere'. E' chiaro che Alfonsin si sta renden¬ do conto della necessità di uscire dal silenzio e dall'immobilismo sul controverso tema dell'amnistia, sul quale insistono tutte le forze armate. I peronisti sono già pronti a dare battaglia nel corso del dibattito parlamentare: il responsabile per i problemi militari Patino Mayer ha affermato che «non esistono più militari lealisti e ribelli perché le due forze sono unite sotto le slesse rivendicazioni' e ha accusato Alfonsin di essre responsabile di quanto è accaduto perché "tratta le forze armate come se fossero una corporazione e non come una istituzione che deve rispondere al potere civile". L'opposizione panamense ha intanto accusato apertamente il generale Noriega — l'uomo forte del Paese — di aver fiancheggiato la ribellione militare di Seineldin. In un comunicato, la democrazia cristiana ha affermato che -i fatti dimostrano il coinvolgimento del generale Noriega nel tentativo di colpo di Stato in Argentina" e che — nonostante l'impegno del ministro degli Esteri panamense per occultare i fatti — -é evidente la forma irresponsabile e avventuristica con cui Noriega interferisce negli affari interni argentini". Il colonnello Seineldin e stato addetto militare a Panama ed e amico dell'uomo forte panamense. (Ansa-Agi-Api

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