Il «Giornale dell'arte» va in America di Ernesto Gagliano

Il «Giornale dell'arte» va in America IN INGLESE, CONTRO «GLI ARTISTI INVENTATI DALLA PUBBLICITÀ'» Il «Giornale dell'arte» va in America TORINO — E' la prima volta che un prodotto giornalistico «made in Italy» viene esportato negli Stati Uniti. Era accaduto per i vestiti, i vini, le auto, ma per un giornale mai. Questa fortuna è toccata a un mensile, formato tabloid, bianco e nero, impaginazione nervosa Atta di notizie, l'aria del quotidiano un po' sofisticato, tutto dedicato all'arte: Il Giornale dell'Arte. Era una formula ardita, nata sei anni fa, che sfidava le luccicanti riviste di carta patinata, le verniciate che si trovano nei salotti del dentista, le tirate altisonanti di critici che parlano a se stessi. Voleva essere un periodico di informazione, sul tipo del quotidiano, con linguaggio chiaro, sempre legato all'attualità, con analisi di esperti, indagini economiche. Dedicato agli specialisti, ha trovato un pubblico di appassionati. Dice Umberto Allemandi, editore-direttore nel suo piccolo ufficio dietro la Gran Madre: -Abbiamo abbonati in tutto il mondo, pubblicità crescente. L'ultimo numero aveva 160 pa¬ gine, contro la media iniziale di 48-. Sembra più sorpreso che trionfante. La tiratura non è vertiginosa, si aggira sulle 20 mila copie, ma la diffusione vasta: Parigi. Londra, Los Angeles. E per di più. come dicono gli analisti di mercato, raggiunge la audience giusta. Ma com'è nata l'impresa internazionale? Pare che nella casa editrice torinese l'idea germogliasse da tempo: tradurre la formula in lingua inglese, varare un'edizione che abbracci i continenti, degna di un'epoca che inalbera il vessillo della comunicazione globale. Ma ci sono esitazioni, non se ne fa nulla. Qualcuno sospira: 'Restiamo in casa nostra, può essere un'avventura troppo grande-. Finché alla fine dell'estate arriva al telefono una voce dall'accento americano. E' Barbara Rose, nota storica e critica d'arte, docente alla Yale University, ex curatrice del Museum of Fine Arts di Houston, autrice di saggi come American Art since 1900. Lei ha una casa vicino a Todi, viene spesso In Italia, è un'assidua lettrice del Giornale dell'Arte. Dice: -Vorrei fare un giornale simile in America, mi piace questo modo di informare, diverso dalle solile riviste di lusso, sono stanca dello pseudo-intellettualismo da accademia e dei toni da agenzia pubblicitaria». L'idea prende forma. Nasce a New York una società con metà capitale italiano e metà americano, la Umberto Allemandi & C. International Corp. che pubblicherà il mensile The Journal of Art: il primo numero è pronto, esce nei prossimi giorni. Come sarà? Ce lo descrive Barbara Rose, battagliera direttrice. 50 anni, occhi chiari e capelli dai riflessi di rame: -Una rivista che si occupa d'arie deve riferire fatti e tendenze, fare un servizio pubblico. Ci sono troppi falsi eventi in giro, fenomeni gonfiati dalle public relations, artisti inventati dalla pubblicità-. Il periodico si rivolge a un pubblico internazionale con una visione di tutti gli avvenimenti artistici importanti, grazie alla rete dei corrispondenti. La redazione americana e quella italiana si scambieranno ser¬ vizi. Il primo numero? -Abbiamo una lettera aperta a Bush con un invito a occuparsi di più della cultura perché il prestigio americano si sta offuscando. Anche l'arte è un aspetto della strategia globale-. Barbara Rose ha un guizzo polemico: -Qual è l'immagine degli Stati Uniti oggi? Non di cultura, ma di potere e commercio-. Ci saranno anche inchieste sui -prezzi incredibili-, su un mercato che ha impennate vertiginose. In cinque giorni alle aste di New York sono state vendute opere d'arte per 600 miliardi di lire. Un quadro di Jasper Johns. artista che oggi ha 58 anni, ha raggiunto la cifra di 24 miliardi di lire. E chi compra? Musei e gallerie sono tagliati fuori per scarsità di fondi, si affacciano sul mercato colossi finanziari. -Il fenomeno è spiegato in un'intervista a due protagonisti, i presidenti di Sotheby's e di Christie's». Barbara Rose non vuol dir tutto, nasconde qualche carta. Nell'articolo di fondo disegna uno scenario di crisi e confusione dove l'arte | spesso ••ilo;; è più il patri monto collettivo della creatività lituana, ma prodotto internazionale di scambi economici, divertimento alla moda e status symbol». E come farsi largo in questa foresta, cercando la verità dei maestri antichi e di quelli moderni? Una strada, secondo lei, c'e: l'informazione critica. Allemandi ha in .serbo altre sorprese, ha conquistato l'opera scientifica, contesissima, di Federico Zeri. Entro l'anno esce Giorno per giorno nella pittura, il primo di tre volumi che raccolgono gli scritti del grande studioso apparsi nelle pubblicazioni di tutto il mondo. E' una stimma. la testimonianza di quarant'anni di ricerche, il pilastro su cui si fonda una reputazione. E c'è anche un gioco, nel panorama dell'editore, si chiama The Art Game. l'hanno inventato gli specialisti. Simula tutte le situazioni del mercato e del collezionismo. Come Monopoli, insomma, ma l'avventura si svolge tra un Van Gogh e un Picasso. Ernesto Gagliano